L'intelligenza artificiale generativa in medicina raccontata dall'esperienza di un medico-paziente
In che modo l’intelligenza artificiale applicata ai sistemi di comunicazione assistita, o chatbot, si sta inserendo negli ambulatori medici e negli ospedali? E come può aiutare il dialogo fra medico e malato?
IL BISOGNO DI SAPERE, IL BISOGNO DI COMUNICARE
«Mi piacerebbe comunicare di più con il mio medico. Vorrei comprendere meglio le caratteristiche della mia malattia, la mia prognosi. Mi capita di non avere chiare le modalità di assunzione di un farmaco… Mi sento giù, terribilmente giù e avrei bisogno di un supporto psicologico». Quando si ha a che fare con una malattia, specialmente se cronica e particolarmente impattante sulla propria vita, oppure una malattia rara, si ha la necessità di un dialogo costante e approfondito con chi ci cura. A volte per questioni meramente pratiche, talvolta per avere risposte a domande sostanziali, oppure per il desiderio di avere più informazioni possibili sulla nostra patologia. Ma non sempre, e per varie ragioni, dettate soprattutto dalla mancanza di tempo e da una burocrazia sempre più invadente, ciò accade. Il paziente così si sente solo, insicuro e cerca,… cerca di continuo. A volte lo fa pure a priori, addirittura prima di consultare il medico e ricevere la diagnosi, ossia solo sulla base di sintomi che potrebbero essere qualunque cosa. Secondo un’ampia indagine condotta online su un campione di 46.000 cittadini in 23 Paesi, l’84% degli italiani consulta il “dottor Google”.
CHAT GPT E IL MEDICO
Ma di dottore, ancora più potente, ce n’è un altro che si chiama genericamente AI, intelligenza artificiale. Questo “medico artificiale”, che si sta affermando sempre di più, spesso risponde al nome di Chat GPT, acronimo di “Generative Pretrained Transformer”. Sviluppato dalla società Open AI, è il più noto fra i chatbot con intelligenza artificiale generativa e apprendimento automatico, un tool che grazie ad algoritmi può “imparare” da grandi quantità di dati e può rispondere alle esigenze dell’utente con un dialogo che simula il linguaggio naturale. Chat GPT non ha dunque ovviamente “solo” a che fare con la nostra salute. Come lo definisce Nello Cristianini, professore di Intelligenza Artificiale dell’Università di Bath e uno dei massimi esperti al mondo sull’argomento, «al di là della sua padronanza del linguaggio, può risolvere compiti nuovi e difficili che spaziano dalla matematica alla programmazione, alla visione, alla medicina, al diritto, alla psicologia e altro ancora… in tutte queste attività, le sue prestazioni sono sorprendentemente vicine a quelle di livello umano». E, se non sappiamo ancora quante persone lo utilizzino dal punto di vista medico, un dato è certo: sono in aumento.
UN MEDICO PAZIENTE RACCONTA IL SUO RAPPORTO CON AI
Così, Carlo Alfredo Clerici, psichiatra e psicoterapeuta clinico presso l’Oncologia pediatrica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ha sperimentato e sta sperimentando su se stesso l’utilizzo di Chat GPT nel corso della sua malattia. «Nell’aprile del 2023, proprio mentre si diffondeva la disponibilità di Chat GPT - spiega Clerici - mi sono ammalato di timoma con sindrome di Good, una situazione estremamente rara, con un quadro clinico complesso, che si manifesta in circa trenta casi all’anno in Italia. Il timoma è un tumore che si sviluppa nel timo, una ghiandola situata nel mediastino anteriore. La sindrome di Good è una rara immunodeficienza che porta a una maggiore suscettibilità alle infezioni. Così ho iniziato a porre quesiti all’intelligenza artificiale fin dall’esordio della patologia e lungo il decorso. Si trattava di domande varie che andavano dalle caratteristiche della malattia alla richiesta di indicazioni pratiche post intervento, dalle indicazioni da dare ai familiari al tentativo di creare con Chat GPT un rapporto di tipo emotivo, tentando di fare ironia sulla malattia».
Che cosa ne è emerso? Gli esiti sono stati descritti in una pubblicazione intitolata Ammalarsi di una patologia rara in tempi di intelligenza artificiale, apparsa sulla rivista "Recenti progressi in Medicina" nel febbraio 2024. «La qualità delle riposte - scrive Clerici - è stata valutata da un panel di cinque esperti in base a diversi parametri: criteri di accuratezza delle informazioni, pertinenza, coerenza, chiarezza e comprensibilità, utilità pratica, etica e rispetto della privacy, empatia e tono, risposta alle domande e alle preoccupazioni dell’utente. Ciò che è emerso è che Chat GPT (e altre chatbot, perché ne esistono diverse) costituisce uno strumento molto utile perché ha raggiunto range elevati in relazione ai differenti parametri. Ciò non significa che l’AI possa sostituire il rapporto con il medico, ma sicuramente può e potrà risultare sempre più utile a professionisti e pazienti».
UN AIUTO CONCRETO PER IL PAZIENTE E IL MEDICO
In quali situazioni dunque può concretamente essere d’aiuto Chat GPT? «Dal punto di vista del paziente, può rendere semplice e comprensibile una spiegazione medica complessa - afferma Carlo Alfredo Clerici - come ad esempio nel caso della somministrazione un po’ complicata di un farmaco. Ciò può essere molto utile in generale e soprattutto per una persona che magari non ha una comprensione precisa della lingua (pensiamo al caso di una badante straniera). Può costituire, infatti in questo caso, una vera e propria funzione di “tutoraggio”». Ma non basta, prosegue Clerici: «Può essere però anche un modo per integrare una relazione, soprattutto per le persone sole perché disponibile 24 ore al giorno e sette giorni su sette». Può costituire, inoltre, un valido aiuto anche per il medico: «Così come io stesso sto testando, perché le informazioni dell’AI si basano su una mole impressionante di dati di testo, tra cui oltre 500 GB di dati tratti da libri, articoli, contenuti Web, conversazioni umane, ecc. Ciò permette il confronto con un ideale collega entusiasta, aggiornato e collaborativo al fine di una valutazione ancora più attenta della diagnosi e delle cure».
MENO BUROCRAZIA, PIÙ TEMPO PER I PAZIENTI
Non ultimo, conclude il medico «AI dovrebbe avere anche l’importante funzione di permettere al medico di sgravarsi da impegni burocratici che tolgono tempo, in primis, alla relazione con il paziente, come testimoniato anche da un recente articolo pubblicato sul British Medical Journal». L’articolo in questione si intitola Forget about replacing doctors with AI-just get our computers to work, ovvero "Dimenticatevi di rimpiazzare i medici con AI, fate solo funzionare i nostri computer". «Lo studio - spiega Clerici - sottolinea infatti quanto il sistema informatico attuale sia un miscuglio di digitale e analogico e faccia perdere un sacco di tempo ai medici che non hanno a disposizione la sintesi delle cartelle cliniche dei singoli pazienti. Così, per trovare un’informazione specifica, si è costretti a fare i conti con una mole infinita di documenti. Inoltre le macchine hanno la grande potenzialità di esprimere giudizi clinici sofisticati, come diagnosticare malattie e prendere decisioni terapeutiche. Nell’ultimo anno il governo del Regno Unito ha investito nell’intelligenza artificiale nella speranza che possa accelerare la diagnosi e ridurre i tempi di attesa del servizio sanitario nazionale». E anche questa è una tematica molto importante che costituisce una delle innumerevoli sfide di AI in ambito medico. «Anche perché l’intelligenza artificiale è qui per restare e sta a noi, medici e pazienti, imparare a sfruttarne le potenzialità, in modo etico e responsabile, senza perdere di vista l’umanità del nostro rapporto».
Fonti
Paola Scaccabarozzi
Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.