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Neuroscienze
Caterina Fazion
pubblicato il 10-12-2024

IA in medicina: l’applicazione su larga scala è vicina?



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L’intelligenza artificiale sta cambiando diagnosi e trattamenti, ma le sfide da superare per una sua applicazione su larga scala sono ancora molte. Scopriamo opportunità e criticità

IA in medicina: l’applicazione su larga scala è vicina?

L'intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando numerosi settori, e la medicina non fa eccezione. Con l'evoluzione di algoritmi sempre più sofisticati, le applicazioni di IA stanno emergendo come strumenti importanti per supportare i medici nella diagnosi e nei trattamenti. Ma quanto siamo vicini a una reale applicazione su larga scala? Gli studi condotti finora offrono una visione promettente, evidenziando l'efficacia dell'Intelligenza artificiale in vari ambiti come gli screening precoci e la diagnosi di malattie complesse, ma sollevano anche interrogativi critici sull'affidabilità di questi sistemi e sulla loro applicazione pratica in contesti clinici estesi. In questo articolo cerchiamo di capire a che punto siamo e quali passi restano da compiere per trasformare l'IA in una risorsa affidabile e ampiamente adottata nella medicina moderna.

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L'IA PER LE DIAGNOSI RADIOLOGICHE

Uno studio pubblicato su Radiology ha valutato il ruolo dell’intelligenza artificiale nel supporto alla diagnosi radiologica, coinvolgendo 220 medici tra radiologi e clinici di medicina interna in diverse sedi negli Stati Uniti. L’indagine si è concentrata sull’analisi di radiografie toraciche, per le quali un sistema di intelligenza artificiale simulato forniva suggerimenti diagnostici accompagnati da spiegazioni visive: locali (evidenziando direttamente le aree di interesse) o globali (confrontando immagini simili). I risultati hanno mostrato che, quando i consigli erano corretti, le spiegazioni locali aumentavano l'accuratezza diagnostica fino al 92,8% e miglioravano l'efficienza complessiva. Tuttavia, quando i suggerimenti erano errati, l’affidamento eccessivo a tali indicazioni ha portato a una riduzione dell'accuratezza, evidenziando il rischio di un bias di automazione. Lo studio sottolinea quindi il potenziale dell’IA nel migliorare le performance diagnostiche, ma anche la necessità di supervisione clinica per evitarne gli errori.

 

COME PREVEDERE IL DECORSO DELLA BPCO

Un altro studio, pubblicato su ERJ Open Research e condotto nel Regno Unito dall’Università di Leicester, ha dimostrato come l’intelligenza artificiale possa prevedere un peggioramento dei sintomi della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). I pazienti coinvolti hanno utilizzato strisce reattive per analisi giornaliere dell’urina, con i risultati trasmessi tramite smartphone a una rete neurale artificiale. L’IA ha identificato variazioni nei livelli di cinque biomarcatori specifici, prevedendo con affidabilità un peggioramento dei sintomi fino a sette giorni prima del loro manifestarsi. Questo approccio offre opportunità di intervento precoce, come l’adeguamento dei trattamenti o la gestione di fattori scatenanti. Sebbene promettente, il metodo richiede ulteriori validazioni su campioni più ampi per confermarne l’efficacia e l’applicabilità su larga scala.

 

GLI OSTACOLI DA AFFRONTARE

Questi studi dimostrano che l’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo sempre più centrale nello screening e nella diagnosi precoce, spesso con prestazioni paragonabili o superiori a quelle del personale sanitario. Tuttavia, molte di queste evidenze provengono da contesti controllati e popolazioni specifiche, lasciando aperti interrogativi sulla reale applicabilità su larga scala, come negli screening di popolazione. Per colmare il divario tra risultati sperimentali e applicazioni pratiche, è essenziale continuare a investire in ricerca e sperimentazioni sul campo.

«Due ordini di problemi emergono quando si considera l'applicabilità su larga scala dell'intelligenza artificiale nel campo delle diagnosi e degli screening», spiega il professor Eugenio Santoro, Responsabile dell'Unità di Ricerca in sanità digitale e terapie digitali dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche dell'IRCCS Mario Negri. «Da un lato, la necessità di contestualizzare le evidenze scientifiche al panorama locale, e dall'altro, l'esigenza di evolvere i metodi di ricerca clinica per garantire risposte più certe e rappresentative».

Analizziamo questi aspetti nel dettaglio, esplorando anche i benefici, le sfide e le prospettive future legate all'integrazione dell'Intelligenza artificiale in medicina e formazione.

L’intelligenza artificiale in medicina: tra presente e futuro

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OCCORRE ADATTARSI AL CONTESTO

«Gran parte delle evidenze attualmente disponibili proviene da studi condotti in contesti anglosassoni, come Stati Uniti e Regno Unito», prosegue Eugenio Santoro. «Questi studi spesso riflettono caratteristiche di popolazioni, sistemi sanitari e linee guida che possono differire significativamente dalla realtà italiana. Per esempio, una tecnologia di screening validata in un ospedale americano potrebbe non essere altrettanto efficace in un ospedale italiano, dove i pazienti potrebbero presentare differenze demografiche, epidemiologiche o di accesso alle cure. Questa discrepanza rappresenta una barriera significativa per l’adozione dell’IA su larga scala in Italia. La soluzione risiede nella promozione di studi locali che analizzino l'efficacia degli strumenti di IA nella nostra realtà sanitaria. Questo approccio consentirebbe di ottenere dati più rappresentativi e di validare l’uso di tali strumenti in un contesto che rispecchi meglio le esigenze dei pazienti italiani. Tale investimento richiede non solo risorse economiche, ma anche un maggiore coordinamento tra istituzioni sanitarie, accademiche e politiche».

 

SERVONO DATI REAL-WORLD

Un’altra limitazione significativa riguarda la natura di molti studi sull’intelligenza artificiale in medicina, che sono spesso retrospettivi. Questi studi, pur offrendo spunti importanti, si basano su dati raccolti in contesti controllati, che non sempre rappresentano la complessità del mondo reale.

«Per ottenere risposte più affidabili e generalizzabili – spiega il professor Santoro –, sarebbe necessario un maggiore impiego di studi prospettici, in particolare randomized clinical trials (RCT). Gli RCT, se condotti in contesti realistici e rappresentativi, offrono dati più robusti e utili per valutare l'efficacia delle applicazioni di IA. Ad esempio, potrebbero essere progettati studi che simulino le condizioni operative quotidiane di un reparto ospedaliero, valutando come l’IA interagisce con il personale sanitario e con pazienti con esigenze diverse. La combinazione tra studi RCT e real-world evidence, ovvero dati raccolti direttamente dal mondo reale, da ambienti clinici quotidiani, piuttosto che da contesti controllati o sperimentali, rappresenta il passo successivo per garantire l'affidabilità delle tecnologie di IA e promuoverne un’adozione responsabile su larga scala».

 

PROSPETTIVE FUTURE

Nonostante le criticità, l’intelligenza artificiale in medicina ha già dimostrato la capacità di migliorare l'efficienza diagnostica e ottimizzare l’uso delle risorse.

«Potrebbe ad esempio essere utilizzata per identificare pazienti a rischio che necessitano di cure più specifiche – illustra Santoro – e filtrare i pazienti prioritari da curare, basandosi su solide evidenze scientifiche. In questo modo verrebbero migliorati gli esiti clinici, riducendo i costi complessivi. Se le soluzioni di IA riuscissero a dimostrare una maggiore efficacia rispetto ai metodi tradizionali, o anche solo un’efficacia equivalente con un minore dispendio di risorse, l’integrazione in medicina generale potrebbe diventare realtà».

 

L’IA NELLA FORMAZIONE MEDICA

Un aspetto fondamentale da considerare è il ruolo dell’IA nella formazione dei futuri medici. Spesso si teme che un utilizzo eccessivo dell'Intelligenza artificiale possa portare a medici meno preparati. Ma è davvero così?

«Strumenti basati sull’IA offrono un supporto significativo agli studenti di medicina, facilitando l’accesso a materiali aggiornati e migliorando la comprensione di concetti complessi», riflette il professor Santoro. «Se integrata correttamente, l’IA può diventare un alleato prezioso nella preparazione degli studenti, potenziando la loro capacità di analisi e di presa di decisioni. Pensiamo ad esempio a ChatGPT: non solo fornisce risposte, ma spiega anche i metodi, come un insegnante di sostegno sempre disponibile. Se questi strumenti sono utilizzati per affiancare l'apprendimento tradizionale, e non per sostituirlo, sono da considerarsi preziosi».

 

IL FUTURO DELLA RICERCA

Negli ultimi anni, c'è stato un crescente interesse verso i progetti di ricerca sull'intelligenza artificiale, sostenuto in parte dall’aumento dei fondi a livello europeo e italiano.

«Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha giocato un ruolo cruciale nel finanziare iniziative in questo settore – conclude il professor Eugenio Santoro –, stimolando la fiducia e incentivando investimenti. Allo stesso tempo, l’utilizzo pratico dell’IA nella vita quotidiana è diventato sempre più evidente, mostrando benefici concreti per la comunità. Questo ha rafforzato la consapevolezza dell'importanza della ricerca e della validazione scientifica per garantire risultati affidabili e duraturi, accelerando il processo di integrazione dell'IA in vari ambiti, tra cui la medicina».

Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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