Grazie alla ricerca si sono ampliati i trattamenti disponibili. Rimane fondamentale la diagnosi precoce

Poco meno dell'1% della popolazione mondiale soffre di schizofrenia, un disturbo psichiatrico complesso che influisce profondamente sulla percezione della realtà, sul pensiero e sulle emozioni. Nonostante la disponibilità di trattamenti efficaci, la gestione della malattia rimane una sfida a causa della variabilità della risposta ai farmaci e delle difficoltà legate all'aderenza terapeutica. Negli ultimi anni, tuttavia, la ricerca ha portato a nuove strategie di trattamento che vanno oltre i classici antipsicotici, migliorando il profilo di efficacia e riducendo gli effetti collaterali. Il professor Andrea Fagiolini, psichiatra del Dipartimento di Medicina molecolare e dello sviluppo all'Università degli Studi di Siena, ci illustra le principali novità.
CHE COS'È LA SCHIZOFRENIA?
La schizofrenia è una patologia psichiatrica dalla lenta evoluzione. I sintomi si dividono in positivi –come deliri, allucinazioni e pensieri disordinati- e negativi –come i deficit delle normali risposte emotive o di altri processi di pensiero. Le prime avvisaglie -meno conclamate come la tendenza all'isolamento e al controllo- possono però iniziare intorno a 10-15 anni. Pur essendo una malattia molto complessa, gran parte delle cause sembrerebbero essere legate ad uno squilibrio nella regolazione della dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale a livello cerebrale.
COME SI CURA?
«Il trattamento della schizofrenia -spiega Fagiolini- si basa principalmente sull’uso di farmaci antipsicotici, che agiscono modulando i neurotrasmettitori, in particolare la dopamina e la serotonina. Tra i più utilizzati vi sono gli antipsicotici atipici, come risperidone, olanzapina, aripiprazolo e quetiapina, che offrono un buon compromesso tra efficacia e tollerabilità. Tuttavia, un numero significativo di pazienti non risponde adeguatamente alle terapie convenzionali, richiedendo nuove opzioni terapeutiche».
L'IMPORTANZA DELL'ADERENZA ALLA TERAPIA
Non solo, uno dei problemi principali del trattamento della schizofrenia è la scarsa aderenza terapeutica. «Molti pazienti -sottolinea l'esperto- sospendono i farmaci non appena si sentono meglio, ignorando che il miglioramento è dovuto proprio alla terapia. Questo aumenta il rischio di ricadute e cronicizzazione della malattia, rendendo più difficile il trattamento successivo». Ed è per questa ragione che negli ultimi anni sono state sviluppate nuove formulazioni a lunga durata d'azione dei farmaci già in commercio. «Le formulazioni iniettabili a lunga durata d’azione rappresentano una risorsa fondamentale per garantire la continuità delle cure» aggiunge Fagiolini.
QUALI SONO LE NUOVE TERAPIE?
Sul fronte dei nuovi farmaci le novità non mancano. Recentemente sono state introdotte nuove molecole che rappresentano un’evoluzione rispetto agli antipsicotici tradizionali. «Un esempio interessante -spiega Fagiolini- è Cobenfy (xanomelina-trospium), approvato negli Stati Uniti ma non ancora in Italia. Questo farmaco agisce sui recettori muscarinici M1 e M4, coinvolti nei processi cognitivi e nel controllo dei sintomi psicotici, offrendo un’azione innovativa rispetto ai farmaci dopaminergici tradizionali. Il trattamento ha mostrato benefici soprattutto nei sintomi negativi, come apatia e isolamento sociale, e un profilo di effetti collaterali più favorevole».
Tra le altre innovazioni (non ancora approvate in Italia) troviamo lumateperone (Calypta), che combina un’azione sui recettori dopaminergici e serotonergici con un impatto minimo sul metabolismo, riducendo il rischio di aumento di peso, e Lybalvi, una combinazione di olanzapina e samidorfan, sviluppata per limitare gli effetti metabolici dell’olanzapina. Anche le formulazioni a lunga durata d’azione (come Perseris, risperidone sottocutaneo mensile) stanno rivoluzionando la gestione della schizofrenia, migliorando l’aderenza terapeutica.
NON ESISTE LA BACCHETTA MAGICA
Attenzione però a pensare che queste innovazioni siano una bacchetta magica. «Cobeny, ad esempio, rappresenta un nuovo approccio terapeutico per la schizofrenia che amplia le opzioni di trattamento disponibili. Siamo però purtroppo ancora molto lontani dall’avere un farmaco che risolverà in modo definitivo il problema della schizofrenia, sopratutto per i pazienti più gravi e resistenti» sottolinea l'esperto. Ad oggi la ricerca sta inoltre puntando su farmaci che agiscano su nuovi bersagli neurotrasmettitoriali, come il sistema glutamatergico, e sull’utilizzo della farmacogenomica per adattare le cure alle caratteristiche genetiche dei singoli pazienti.
INTEGRARE I TRATTAMENTI
Al di là di quale antipsicotico scegliere, la diagnosi precoce rimane il punto fondamentale su cui investire. «La cosa più importante è identificare la malattia nei suoi stadi iniziali e avviare rapidamente un trattamento adeguato. All’inizio della schizofrenia, i pazienti rispondono bene ai farmaci antipsicotici più moderni, che sono generalmente meglio tollerati. Un intervento precoce, con terapie farmacologiche mirate e supporto psicosociale, può migliorare significativamente la prognosi e prevenire la cronicizzazione della malattia. Molti pazienti con schizofrenia se trattati precocemente e con interventi appropriati, possono avere una buona prognosi» conclude Fagiolini.

Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.