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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 05-03-2018

Un polipo intestinale su quattro sfugge alla colonscopia



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L'allarme dei gastroenterologi: 9 polipi intestinali su 10 evolvono in tumore del colon-retto. L'operatore nel corso della colonscopia fa la differenza

Un polipo intestinale su quattro sfugge alla colonscopia

A vederli, tramite colonscopia, sono come dei cuscinetti che si formano a partire dal rivestimento interno dell'intestino: indolori (spesso) e di natura benigna (sempre). Ma non per questo i polipi intestinali possono essere trascurati. Se non rimossi, la quasi totalità nel tempo evolve infatti un tumore del colon-retto: in nove casi su dieci. Da qui l'importanza di identificarli nel corso di un esame endoscopico condotto come screening o su indicazione del proprio medico di base. È l'accuratezza con cui viene effettuata la colonscopia a fare la differenza: nella diagnosi (e rimozione) precoce dei polipi e di conseguenza nell'incremento dei tassi di sopravvivenza della malattia oncologica. 

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 OCCORRE MIGLIORARE LA DIAGNOSI

Nonostante il potenziale oncogeno dei polipi, uno di essi su quattro sfugge alla diagnosi nel corso della colonscopia. Il dato è stato diffuso dall'Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri (Aigo), che per ridurlo progressivamente ha deciso di far partire uno studio per valutare la variazione di capacità di individuare polipi e adenomi, prima e dopo un periodo di training condotto dagli specialisti più esperti. Ogni referente dei centri che parteciperanno al lavoro dovrà raccogliere gli esiti di duecento colonscopie (prima fase), dopo le quali gli specialisti seguiranno una fase di training a distanza condotta da altri colleghi (seconda fase). A seguire (terza fase) ci si confronterà sui risultati degli esami eseguiti, al fine di valutare l'appropriatezza delle diagnosi effettuate. «La colonscopia è un esame molto importante, ma altrettanto complesso - afferma Gioacchino Leandro, direttore dell'unità di operativa complessa di gastroenterologia dell'Irccs De Bellis di Castellana Grotte e presidente dell'Aigo -. Per ottenere risultati ottimali, è necessaria una sufficiente esperienza e un consistente training. Bisogna affrontare competenze manuali, tecnologiche e strumentali, oltre ad aspetti più strettamente teorici».

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Il tumore del colon-retto si sviluppa in diversi anni e consiste nella trasformazione di lesioni precancerose come adenomi o polipi. Il quaranta per cento delle persone con oltre sessant'anni convive con lesioni precancerose: da qui l'indicazione a sottoporsi a una colonscopia a partire dai cinquant'anni di età, sopratutto in caso di familiarità per la poliposi se non già per il tumore del colon. Lo spunto, in questi casi, deve giungere da sé o dal proprio medico di base. Lo screening per il tumore del colon-retto prevede infatti la ricerca del sangue occulto nelle feci e, soltanto in caso di positività, l'esecuzione della colonscopia. Ma i tassi di adesione non sono ancora ottimali. Se al Nord nel 2016 all’invito hanno risposto oltre 9 adulti su 10, la quota è risultata dimezzata (4,3 su 10) nelle regioni meridionali: maglia nera alla Calabria, seguita dalla Puglia, dalla Campania e dalla Sicilia.

 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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