Lo screening endoscopico per i tumori del colon-retto eseguito anche una volta sola previene il 20 per cento dei casi e dei decessi. Ma troppi 50enni lo ignorano
Un esame endoscopico eseguito anche una volta sola fra i 55 e i 64 anni è un modo sicuro ed efficace per ridurre il rischio di ammalarsi e di morire per un tumore del colon-retto, anche per 15-20 anni.
La conferma arriva da uno studio italiano che ha coinvolto oltre 34.000 persone e sottolinea, ancora una volta, l’importanza dello screening colorettale, una delle misure di prevenzione secondaria più costo-efficace, ma ancora sottovalutata da troppi cinquantenni nel nostro paese.
LO STUDIO RANDOMIZZATO
I ricercatori dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino hanno studiato l’impatto della sigmoidoscopia (un esame endoscopico della parte inferiore dell’intestino) sull’incidenza e sulla mortalità per tumore colorettale. Hanno assegnato in modo randomizzato 34.272 persone fra i 55 e i 64 anni a due programmi: uno che prevedeva l’esecuzione di una sigmoidoscopia di screening, l’altro al gruppo di controllo. I partecipanti sono stati reclutati fra il 1995 e il 1999 e poi seguiti fino al 2012 per verificare i nuovi casi di tumore colorettale (incidenza) e fino al 2016 per verificare i casi di decessi dovuti a tumori del colon-retto (mortalità).
I RISULTATI
Si è visto che a distanza di 15 anni il numero di nuove diagnosi di tumori del colon-retto era del 19 per cento più basso nel gruppo sottoposto a sigmoidoscopia, e la mortalità per questa malattia, a 19 anni, era inferiore del 22 per cento. Si stima che la gran parte delle morti evitate (l’80 per cento) dipenda dalla rimozione di adenomi pericolosi dall’intestino tramite la sigmoidoscopia. Il vantaggio dello screening endoscopico rispetto a quello con la ricerca del sangue occulto, infatti, è che l’esame permette non solo di identificare eventuali lesioni pretumorali o tumorali, ma di rimuovere direttamente gli adenomi prima che possano diventare pericolosi.
LO SCREENING IN ITALIA
Ma cosa prevede lo screening per i tumori colorettali in Italia? E soprattutto quanto viene seguito? La raccomandazione è di eseguire, fra i 50 e i 69 anni, un test per la ricerca del sangue occulto fecale (SOF) ogni due anni oppure una colonscopia o rettosigmoidoscopia. I programmi di screening organizzato offrono in genere il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci, ad eccezione della Regione Piemonte che propone una rettosigmoidoscopia a 58 anni o in alternativa ricerca del sangue occulto ogni due anni nella fascia 59-69 anni. Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Screening, nel 2019 il 75% della popolazione italiana in età target per lo screening colorettale è stata regolarmente invitata. Ha aderito all’invito meno della metà delle persone anche al Nord, dove il dato è stato migliore, appena uno su quattro al Sud.
L’EFFETTO COVID
Cosa è successo con l’emergenza sanitaria pandemica? Nel 2020 sono stati mandati 2 milioni di inviti in meno rispetto all’anno precedente. È andata meglio in Abruzzo, Bolzano, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Piemonte, Trentino, Toscana, Umbria, Veneto, dove la perdita è stata contenuta entro il 20 per cento. Ma si è ridotta anche la propensione delle persone invitate ad accettare i controlli. Fra inviti mancati e inviti cestinati o ignorati, quindi, nel 2020 si sono sottoposte a screening 1 milione e centomila persone in meno rispetto al 2019. Ma quanti casi di tumore ci siamo persi per strada? La stima è di 1.299 carcinomi e di 7.474 adenomi avanzati non diagnosticati. Il timore è che queste diagnosi precoci perse si traducano in malattie più difficili da curare. Una conferma parziale è arrivata dai dati della Società italiana di anatomia patologica (SIAPEC) secondo cui nel 2020 si sono operati meno casi di tumore colorettale e soprattutto meno casi di tumore “in situ” (più circoscritti, in fase precoce e con più probabilità di guarigione) rispetto a quelli estesi.
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Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.