Lo screening per i più a rischio costerebbe 3.000 euro per anno di vita salvato. Gli esperti auspicano l'avvio di progetti per la diagnosi dei tumori del polmone
«Riduce la mortalità per cancro del polmone». A quasi due anni dal responso del più ampio e atteso studio europeo, secondo molti esperti per lo screening del tumore al polmone è arrivata l’ora della prova di maturità. In altri termini, è tempo di consolidare la strada verso programmi nazionali di prevenzione, implementare linee guida condivise, sostenere la ricerca per ottenere le risposte che ancora mancano. Intanto, uno studio italiano prova a fare i conti e stimare costi e benefici.
I COSTI
Quanto costerebbe alla collettività implementare un programma di screening su ampia scala per gli uomini e le donne più a rischio? Circa 3.000 euro per ogni anno di vita salvato. Lo ha calcolato un team di medici ed economisti ipotizzando un piano di controlli annuali con TC spirale a basse dosi, per una durata media di cinque anni, offerto ai forti fumatori di età compresa fra i 55 e i 79 anni, vale a dire le persone che più sono esposte al carcinoma polmonare. «Un costo che è di molto inferiore agli standard considerati accettabili in Europa» osserva Giulia Veronesi, prima firma dello studio e direttrice del programma strategico di Chirurgia Robotica Toracica presso l'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. «Inferiore, ad esempio, al costo dello screening mammografico, che è ormai un caposaldo della prevenzione oncologica».
DUE MILIONI DI ITALIANI POTREBBERO BENEFICIARNE
Lo screening per il tumore del polmone non è per tutti. Fondamentale è, per evitare diagnosi e trattamenti inutili, è poter selezionare le persone che più sono a rischio di ammalarsi e poter contare sulla capacità di distinguere al meglio le lesioni pericolose. Due quindi le parole d'ordine: selezione e qualità. Gli autori della sopra citata ricerca (medici ed economisti di Università Vita-Salute e IRCCS San Raffaele, Università e Istituto Clinico Humanitas, e Università Bocconi di Milano) hanno stimato che in Italia ci siano 2.166.000 uomini e donne potenzialmente a rischio per un tumore al polmone. Sottoporli a controlli per 5 anni costerebbe alla sanità pubblica (e ai contribuenti) circa 600 milioni di euro. «Lo screening - concludono - potrebbe essere implementato in Italia, e in altri paesi europei con un sistema sanitario pubblico simile, a costi relativamente contenuti e salvando la vita di molti pazienti».
LO SCREENING: CHE COSA SAPPIAMO
Insieme alle grandi novità in tema di trattamenti (immunoterapia in testa) lo screening rappresenta la speranza di aprire una breccia e dare una svolta (storica) ai numeri di chi sopravvive ad un cancro al polmone. Da un ventennio si conducono sperimentazioni e si raccolgono dati. A livello europeo il principale lavoro randomizzato è stato lo studio Nelson, una ricerca olandese e belga che ha coinvolto ben 14.000 persone, e ha evidenziato una riduzione della mortalità per tumore polmonare nei partecipanti sottoposti a screening, del 26% negli uomini e fino al 61% nelle donne ad alto rischio dopo 10 anni. Le preoccupazioni principali sono quelle di evitare sovradiagnosi (trovare malattie innocue, che si tradurrebbero in esami e trattamenti inutili), di bilanciare i vantaggi con i costi e con i rischi.
L’EUROPA AL LAVORO
Al momento non ci sono programmi di screening per il tumore del polmone organizzati a livello nazionale, ma molti Paesi si stanno attrezzando. Negli USA gli esami con TC spirale vengono coperti dal sistema di rimborsi Medicare, in Cina ci sono sperimentazioni in varie province e diversi studi pilota nazionali sono stati avviati in Canada, Brasile, Australia, Corea, Giappone, oltre che in Polonia e nel Regno Unito. Ecco perché nel mese di febbraio 2020 le due principali società scientifiche di pneumologi e radiologi in Europa (European Respiratory Society e European Society of Radiology) hanno pubblicato un documento in cui riassumono evidenze e raccomandazioni per progettare in modo efficace e efficiente programmi di screening in Europa. Ricordano che quando si manifestano i sintomi del tumore al polmone (link) in nove casi su dieci è tardi e non sono più possibili trattamenti efficaci. Che una TC a basso dosaggio emette il 90% di radiazioni in meno rispetto a una TC del torace standard e ha il quadruplo delle chance di identificare un tumore molto piccolo. Concludono che è il momento di permettere ai cittadini europei di beneficiare di percorsi organizzati per la diagnosi precoce del tumore al polmone.
TC MA NON SOLO
Più di recente, un gruppo di lavoro internazionale ha pubblicato sulla rivista Cancers una serie di raccomandazioni, che includono aspetti chiave, come la necessità di modelli di prevenzione del rischio per selezionare le persone che più beneficeranno dei controlli (anche con la ricerca di marcatori molecolari nel sangue), di una rete di centri di riferimento per il controllo di qualità. Si raccomanda di unire al controllo con la TC anche un programma di sostegno e educazione per incentivare lo stop al fumo e per sostenere chi vuole smettere o ha smesso. E di gestire attentamente le patologie concomitanti che la TC del torace può identificare aldilà del cancro, soprattutto la bronchite cronica ostruttiva (BPCO) e le calcificazioni delle coronarie.
OLTRE 30.000 L’ANNO LE VITTIME IN ITALIA
Giulia Veronesi spiega: «In Europa il tumore del polmone è il terzo per diffusione, ma il primo per numero di vittime. Solo in Italia muoiono ogni anno oltre 30.000 persone. Questi vent’anni di ricerche ci hanno dato l’esperienza necessaria per implementare programmi di screening efficaci e sicuri, a cui i cittadini hanno diritto». In Italia sono attivi vari programmi gratuiti rivolti a persone a rischio, che associano la TC del torace ad altri test, come esami del sangue per valutare la presenza di marcatori molecolari, e interventi di cessazione dal fumo. Oggi anche l’Ospedale San Raffaele apre il reclutamento di fumatori o ex fumatori con età superiore ai 55 anni, per la diagnosi precoce delle patologie cardiopolmonari (si può scrivere a screeningpolmone@hsr.it o compilare il questionario online).
«IL FUMO? NON È UNA COLPA. E LA PREVENZIONE È UN DIRITTO»
«L’auspicio – conclude la professoressa Veronesi - è che presto si arrivi a un programma del sistema sanitario nazionale proprio come avviene per i tumori del seno, del colon-retto, della cervice. Anche i fumatori e gli ex fumatori hanno diritto alla prevenzione nel senso più ampio: essere aiutati a liberarsi dal tabacco e accedere a controlli che – è dimostrato – possono salvare la vita. Il fumo è una dipendenza, non una colpa da espiare».
Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.