Svelata per la prima volta la prevalenza di varianti dei geni BRCA (alla base dei tumori al seno e all'ovaio) nei pazienti con tumore del pancreas
Note per aumentare il rischio di sviluppare il tumore al seno e all’ovaio, le varianti patogeniche dei geni BRCA 1 e BRCA 2 possono in realtà accrescere le probabilità di ammalarsi anche di altre forme di cancro. Tra questi, quelli del colon, della prostata e del pancreas. L'ultimo, in particolare, è in aumento nella popolazione e soprattutto ancora oggi privo di soluzioni terapeutiche efficaci: fatto salvo l’intervento chirurgico, a patto di una diagnosi molto precoce. Un aspetto finora noto quasi esclusivamente all’interno della comunità scientifica, ma che in realtà sembra avere ricadute piuttosto ampie.
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Secondo uno studio italiano pubblicato sulla rivista scientifica ESMO Open, infatti, quasi 1 paziente su 10 scopre (dopo la diagnosi) di essere portatore di una variante genica in grado di renderlo più suscettibile alla malattia. BRCA1 e BRCA2 sono due geni ad azione oncosoppressiva presenti in ogni essere umano. Il loro compito è correggere i danni al Dna che si producono naturalmente o per effetto dell’esposizione a cancerogeni all’interno delle cellule e impedire così che il loro accumulo porti alla formazione di cellule tumorali. Alcune persone posseggono però una versione mutata di BRCA1 o 2 che rende inefficace questo sistema di protezione contro i tumori. Ecco perché, nei portatori di queste varianti, la probabilità di insorgenza di un tumore è maggiore che nel resto della popolazione. «Sebbene la funzione dei geni BRCA sia stata scoperta in relazione al tumore al seno e alle ovaie, oggi sappiamo che questi geni, quando mutati, possono favorire l’insorgenza di altre neoplasie», spiega Stefano Cascinu, primario dell’unità di oncologia medica dell’Ospedale San Raffaele, tra gli autori dello studio.
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MUTAZIONE BRCA (QUASI) IN 1 PAZIENTE SU 10
Fino a oggi, c’erano pochi dati sulla prevalenza delle mutazioni BRCA nei pazienti con tumore del pancreas. Soprattutto nella popolazione Italiana. Da qui il peso dello studio, che ha visto coinvolti 939 pazienti affetti da adenocarcinoma del pancreas (le forme più aggressive di cancro che possono colpire questa ghiandola) e in cura negli ultimi cinque anni nei principali centri oncologici italiani. Di questi, poco più di 1 su 2 (52 per cento) era uomo. Età media: 62 anni. In oltre 6 casi su 10 la malattia era stata scoperta in fase già metastatica. Mentre in quasi 3 casi su 10 (29 per cento) è stata registrata una storia con diverse malattie oncologiche potenzialmente legate alla presenza di una mutazione dei geni BRCA (non sempre verificata) all'interno del nucleo famigliare. Ogni paziente è stato testato per verificarne o meno l'esistenza. In totale, è risultato positivo il 9 per cento dei pazienti con meno di 74 anni.
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CON LA MUTAZIONE BRCA SI ABBASSA L'ETÀ MEDIA DELLE DIAGNOSI
Un aspetto di non poco conto, che potrebbe nel tempo portare a uno screening più ampio che offra la possibilità di controllare con tempi cadenzati lo stato di salute di queste persone e dei loro famigliari. «Si tratta di un valore molto più alto di quello atteso, al netto della variabilità che si riscontra nelle diverse fasce d’età - afferma Michele Reni, responsabile del coordinamento clinico del Pancreas Center dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e coordinatore dello studio -. Le mutazioni BRCA predispongono allo sviluppo dei tumori in età più giovanile, mentre l'adenocarcinoma del pancreas insorge con maggior frequenza in età più avanzata. Ecco perché le mutazioni sono presenti nel 17 per cento dei pazienti con meno di 40 anni, ma appena nel 6.2 per cento dei pazienti ultrasettantenni».
BRCA 1 E 2: VERSO UNO SCREENING ALLARGATO
Come interpretare questo dato, più alto rispetto a quello rilevato in altri studi? In quei casi, spiegano i ricercatori, «probabilmente era stata fatta una selezione dei pazienti da sottoporre al test genetico, che aveva finito per escludere una parte importante dei portatori». Adesso si è di fronte a un quadro molto più realistico. «Una prevalenza del nove per cento significa che l’Italia è un Paese ad alta incidenza per le mutazioni ai geni BRCA, alla stregua di alcune aree degli Stati Uniti - prosegue Reni -. Questo impone dei cambiamenti nelle linee guida dei test genetici. Non possiamo più limitarci ad eseguire il test nel caso di tumori metastatici, ma farlo sempre se si è di fronte a un paziente con meno di 74 anni. Solo così potremo identificare tutti i portatori, garantire loro le migliori chance di trattamento e fare prevenzione nei famigliari a rischio». Come Inserendoli all’interno di programmi di prevenzione specifici per il tumore al seno, all’ovaio, al pancreas o alla prostata.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).