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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 11-11-2024

Test genomici: un’opportunità poco sfruttata per evitare la chemio



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Solo il 70% delle donne con tumore al seno ha accesso ai test per sapere se evitare la chmioterapia. La situazione però sta migliorando. Nasce il primo Osservatorio Nazionale sui Test Genomici

Test genomici: un’opportunità poco sfruttata per evitare la chemio

In alcuni casi di tumore al seno in fase iniziale, evitare la chemioterapia è possibile. Per saperlo però occorre conoscere la firma molecolare della malattia tramite un apposito test genomico. Ma delle 13 mila donne che ogni anno in Italia avrebbero diritto ad accedere all'esame, solo il 70% riceve la prescrizione. Il restante 30%, non essendo valutata, viene sottoposta a chemioterapia. Trattamento che in alcuni casi potrebbe essere tranquillamente evitato. A scattare la fotografia è l'AIOM, l'Associazione Italiana di Oncologia Medica, in occasione del XXVI Congresso Nazionale.

COME RIDURRE IL RISCHIO DI RECIDIVA?

Una delle strategie più diffuse per ridurre il rischio di sviluppare recidive nel tumore al seno prevede la somministrazione, immediatamente dopo l'intervento, di una terapia adiuvante a base di chemioterapia e terapia ormonale. L'obbiettivo principale è quello di ridurre al minimo la possibilità che la malattia si ripresenti eliminando le potenziali cellule tumorali presenti in circolo. Questo approccio negli anni, come raccontato in questo nostro approfondimento, ha portato ad una netta riduzione nel numero di recidive. Non sempre però la chemioterapia risulta necessaria. «Le recidive nel tumore al seno -spiegano gli oncologi Giuseppe Curigliano e Nicla La Verde- possono verificarsi anche a distanza di 20 anni dalla diagnosi, soprattutto nei tumori ormonosensibili. In alcuni casi, l’aggiunta della chemioterapia alla terapia ormonale è utile, ma nei tumori di tipo luminale (ER+/HER2-) è necessaria un’attenta valutazione tramite i test genomici, poiché non sempre la chemioterapia porta benefici concreti».

COME FUNZIONANO I TEST?

Per capire se effettuare o meno la chemioterapia occorre innazitutto stabilire il grado di aggressività della malattia. Questo oggi può essere fatto analizzando le caratteristiche genetiche del tumore. In particolare, attraverso l’analisi di 21 geni presenti nel tessuto tumorale, il test (quello ad oggi utilizzato è Oncotype Dx) è in grado di fornire una previsione attendibile del rischio di vedere ripresentarsi la malattia nei dieci anni successivi. Se questo è basso, oggi gli oncologi hanno la possibilità di evitare di somministrare la chemioterapia.  «La diminuzione dell’utilizzo improprio della chemioterapia -spiega Saverio Cinieri, presidente di Fondazione AIOM- si traduce in un beneficio clinico per le pazienti, che non vengono più esposte a un eccesso di trattamento e al relativo rischio di tossicità, con un miglioramento della qualità di vita. Non somministrare chemioterapie inutili, oltre a ridurre l’ansia e il carico di sofferenza e disagio per migliaia di donne, determina un impatto favorevole anche sulla spesa sanitaria, che rappresenta un elemento fondamentale, con cui anche i clinici devono confrontarsi. Il costo medio dei cicli di chemioterapia ammonta, infatti, a più di 7.000 euro per ogni paziente. Dall’altro lato, i test genomici possono consentire di individuare le pazienti in cui la chemioterapia è necessaria e in cui non verrebbe eseguita senza queste analisi».

QUANTO SONO DIFFUSI?

Ma nonostante l'indubbio vantaggio, questi test non vengono prescritti ancora a tutte le donne che ne avrebbero bisogno. Secondo le stime di AIOM presentate al congresso, nel 2024 saranno soltanto 9 mila i test eseguiti rispetto ai 13 mila attesi. Una percentuale di poco inferiore al 70%. Volendo però vedere il bicchiere mezzo pieno, la percentuale nel 2022 si attestava al 40%. L’Italia si è adeguata solo nel 2021 all’utilizzo di queste analisi molecolari, consolidate nel resto d’Europa da oltre un decennio, e stiamo ancora scontando un forte ritardo rispetto alle pratiche adottate in altri Paesi. Da più di tre anni questi esami di profilazione genica sono effettivamente disponibili e gratuiti in tutti e 21 i sistemi sanitari regionali italiani, però restano ancora difficoltà nell’accesso in determinate zone della Penisola. Ed è per questa ragione che per sensibilizzare le Istituzioni, i clinici e i pazienti sull’importanza di queste analisi molecolari e sulla necessità di ampliare il numero di donne eleggibili, Fondazione AIOM ha dato vita al primo Osservatorio sui test genomici, un vero e proprio tavolo di lavoro volto a fotografare la situazione regione per regione proponendo soluzioni per migliorare l'accesso ai test» conclude Cinieri.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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