Finora considerata poco utile, la radioterapia in dosi più elevate potrebbe migliorare la prospettiva di vita nei pazienti operati per un tumore al pancreas
La chirurgia rimane la prima strada da percorrere, nella lotta al tumore del pancreas. Ma gli esperti studiano altre risorse, compresa la radioterapia. Visti i crescenti tassi di diffusione (13.500 le diagnosi effettuate in Italia nel 2016) e l’elevata aggressività (ammonta al 7,2 per cento la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi), oltre a studiare per anticipare la diagnosi, medici e ricercatori sono al lavoro per aumentare l’efficacia terapeutica. Quale vantaggio può derivare dall’aumento del dosaggio della radioterapia?
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RADIOTERAPIA PER IL TUMORE DEL PANCREAS: QUALE PROSPETTIVA?
Volendo trovare risposta a questo quesito, un gruppo di ricercatori italiani guidati da Alessio Giuseppe Morganti, direttore dell’unità operativa di radioterapia al policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, ha voluto valutare la risposta di 514 pazienti con un tumore del pancreas allo stadio iniziale: prima tutti operati e poi trattati con chemio e radioterapia. Gli specialisti hanno considerato la risposta a dosi crescenti di radiazioni, dividendo così i pazienti in quattro gruppi. I risultati, in termini di sopravvivenza, sono stati crescenti. Maggiore era la quota di radiazioni diffuse, più aumentava il periodo di sopravvivenza. La prognosi resta severa e i numeri nel complesso ancora bassi, ma meritano di essere considerati nella valutazione di un paziente colpito da un tumore del pancreas. La radioterapia, finora poco efficace nei confronti di questa neoplasia, potrebbe rappresentare un approccio da mettere in atto dopo la resezione chirurgica del tumore.
LE RAGIONI DEGLI INSUCCESSI
Gli insuccessi collezionati finora dalla radioterapia in questo ambito sono probabilmente «da ricondurre alle dosi insufficienti utilizzate», afferma Francesco Cellini, radioterapista al policlinico Gemelli e autore della ricerca, presentata nel corso dell’ultimo convegno della Società Europea di Radioterapia Oncologica, appena conclusosi a Vienna. «Finora avevamo sempre considerato il tumore del pancreas resistente alle radiazioni, ma evidentemente non è così. L’aumento della prospettiva di vita proporzionale al dosaggio della radioterapia potrebbe non essere casuale. E la maggior accuratezza che ci permette di sottoporre un paziente a dosi più alte andando a colpire soltanto l’organo bersaglio potrebbe renderne interessante l’uso anche nei pazienti con una malattia in fase avanzata». I risultati della ricerca aprono dunque il campo alla possibilità di trattare i pazienti con una neoplasia in fase iniziale prima in sala operatoria e poi con la radioterapia.
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LA MAGGIOR PARTE DEI TUMORI COLPISCONO LA TESTA DELL’ORGANO
Lo stesso gruppo di ricerca - di cui fanno parte altri medici italiani in prima linea nella lotta al tumore del pancreas: come l’oncologo Michele Reni e il chirurgo Massimo Falconi, entrambi al San Raffaele di Milano - sta portando avanti un altro trial clinico, che punta a valutare l’efficacia della combinazione di chemio e radioterapia a cui sottoporre il paziente prima dell’intervento chirurgico. Bersaglio è quasi sempre la testa dell’organo, colpita con maggior frequenza dalla malattia: anche in ragione delle sue dimensioni. Come sintetizza Evaristo Maiello, responsabile della struttura complessa di oncologia medica della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia), «la rimozione del tumore rimane il modo migliore per intervenire su un tumore così aggressivo». Ma i nuovi farmaci e la radioterapia rappresentano un orizzonte da esplorare per dichiarare scacco matto al tumore del pancreas.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).