Se l'immunoterapia nel melanoma non sempre è efficace lo si deve anche a Siah2, una proteina che blocca il sistema immunitario. Eliminandola sarà possibile migliorare l'effetto delle cure
L'immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento del melanoma. Se prima dell'avvento degli immunoterapici la malattia in fase metastatica non lasciava scampo, oggi sono sempre di più le persone vive a 10 anni di distanza dalla diagnosi. Eppure non tutti i malati rispondono all'immunoterapia. E' proprio su di loro che oggi la ricerca si sta concentrando. In uno studio da poco pubblicato sulle pagine di Nature Communications, gli scienziati del Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute (primo autore l'italiana Marzia Scortegagna) hanno scoperto che l'inattivazione della proteina Siah2 è in grado di migliorare la risposta all'immunoterapia, premessa per lo sviluppo di nuove molecole capaci di aumentare l'efficacia ai trattamenti immunoterapici.
QUANDO LA MALATTIA DIVENTA CRONICA
Prima del 2011, anno in cui è stato approvato il primo immunoterapico della storia (ipilimumab), l'aspettativa di vita media per un melanoma metastatico era di soli 9 mesi dalla diagnosi. Oggi lo scenario si è completamente ribaltato e il melanoma può essere trasformato in malattia cronica. I dati ad oggi disponibili a 10 anni di distanza dalla diagnosi ci dicono che è vivo il 20% dei pazienti trattati con ipilimumab. Non solo, allo scorso congresso ESMO (European Society for Medical Oncology) sono stati presentati dati ancora più incoraggianti: con l'ultima combinazione di farmaci sviluppati (ipilimumab più nivolumab) il 52% delle persone è viva a 5 anni dalla diagnosi. Percentuali che dimostrano come il melanoma si stia trasformando in una malattia cronica.
INATTIVARE SIAH2 PER MIGLIORARE L'IMMUNOTERAPIA
Ma se una buona percentuale riesce a trarre beneficio dall'immunoterapia, c'è una quota di malati dove questo approccio non sortisce gli effetti sperati. Negli ultimi anni la ricerca si sta concentrando proprio su di loro. Nello studio da poco pubblicato, realizzato in modello animali, gli scienziati hanno scoperto che nei topi con melanoma "freddo", ovvero incapace di essere attaccato dal sistema immunitario, quando viene disattivato il gene Siah2 -un importante proteina del nostro sistema di difesa- gli immunoterapici agiscono con maggiore efficacia. Un risultato importante poichè l'identificazione di questo meccanismo potrà ora essere sfruttato per creare nuovi farmaci in grado di bloccare l'effetto di Siah2 da somministrare in concomitanza con l'immunoterapia.
SPERIMENTARE NUOVE COMBINAZIONI
Ma la ricerca da poco pubblicata non è la sola nell'ottica di aumentare l'efficacia delle terapie oggi disponibili. Lo scorso giugno, al congresso ASCO (American Society of Clinical Oncology) i ricercatori italiani del Centro di immuno-oncologia (Cio) del policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena hanno sperimentato una strategia di cura che prevede, prima della somministrazione dell'immunoterapia, l'utilizzo di un farmaco epigenetico (guadecitabina) capace di determinare modificazioni nel Dna delle cellule tumorali per poterne modulare l’espressione genica. In questo modo sono riusciti a rendere il tumore maggiormente visibile al sistema immunitario e ad aumentare dunque l'efficacia delle terapie. Il futuro dell'immunoterapia passa proprio da qui: sperimentare nuove sequenze e nuove combinazioni di farmaci.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.