Tutti i farmaci immunoterapici sfruttano l'intuizione dei due Nobel. A loro il merito di aver scoperto il meccanismo con cui il tumore spegne la risposta immunitaria
Se oggi l'immunoterapia contro il cancro è entrata di diritto tra le strategie principali per la cura dei tumori lo si deve essenzialmente a quanto scoperto da James P. Allison e Tasuku Honjo, i Nobel per la Medicina di quest'anno. A loro il merito di aver decifrato i meccanismi molecolari che il tumore mette in atto per spegnere la risposta immunitaria, premessa per lo sviluppo di tutti i farmaci immunoterapici oggi in commercio.
"CURARE" IL SISTEMA IMMUNITARIO PER COMBATTERE IL CANCRO
Sino ad una decina di anni fa il cancro poteva essere affrontato attraverso l'approccio chirurgico, chemioterapico e radioterapico. Tre strategie che integrate tra loro hanno consentito di raggiungere ottimi risultati. La svolta però la si è avuta quando la medicina ha cominciato a guardare la lotta al cancro spostando l'attenzione sul sistema immunitario. L'idea di fondo consiste nello sfruttare le nostre difese con l'obbiettivo di riconoscere ed eliminare le cellule cancerose. Un meccanismo, del tutto fisiologico, che non sempre però funziona poiché i tumori sono in grado di spegnere il nostro sistema immunitario e crescere in maniera indisturbata.
COS'E' E COME FUNZIONA L'IMMUNOTERAPIA?
CTLA-4 E PD-1: I BERSAGLI DELL'IMMUNOTERAPIA
Ed è proprio sui meccanismi che il tumore mette in atto per spegnere la risposta immunitaria che si sono concentrati gli studi dei due Nobel. I due scienziati hanno infatti scoperto che due particolari proteine poste sulla superficie dei linfociti, CTLA-4 (Allison) e PD-1 (Honjo), se attivate opportunamente portano allo "spegnimento" della risposta immunitaria. Ecco perché -ed è questa l'intuizione dei due scienziati- potendone bloccare dall'esterno l'attività è possibile mantenere sempre accesa la risposta evitando così lo "spegnimento" del sistema immunitario. Partendo da questa idea ad inizio degli anni duemila sono entrati in sperimentazione i primi farmaci immunoterapici, veri e propri anticorpi in grado di neutralizzare il freno messo in atto da CTLA-4 e PD-1. Molecole che non esisterebbero senza il contributo dei due Nobel. Oggi sono già moltissimi i farmaci commercializzati che hanno come target queste due proteine. Non è un caso che ai principali congressi dedicati all'oncologia la gran parte dell'attenzione sia rivolta a sperimentazioni che hanno come protagonisti principali farmaci che agiscono su CTLA-4 e PD-1.
I TUMORI COME MALATTIA CRONICA
Il primo ad essere approvato nel 2011 è stato ipilimumab, un anticorpo diretto contro CTLA-4 che ha rivoluzionato il trattamento del melanoma metastatico. A seguire sono stati sviluppati molti altri farmaci aventi come target sia CTLA-4 sia PD-1. Se prima la sopravvivenza media ad una diagnosi di melanoma metastatico al IV stadio era di 6-9 mesi, oggi a 10 anni di distanza dalla diagnosi il 20% dei pazienti che ha utilizzato ipilimumab è ancora vivo. Non solo, i primi dati a 5 anni dalla diagnosi dei pazienti trattati con altre molecole (nivolumab e pembrolizumab) ci dicono che il 41% delle persone è vivo e nell’86% dei casi, dopo la sospensione del trattamento, il sistema immunitario continua a tenere sotto controllo la malattia. Uno scenario che sta rendendo sempre di più il melanoma una malattia cronica. Se eliminare del tutto il tumore non sempre è possibile, con ciò che si ha attualmente a disposizione è possibile in alcuni casi rendere cronica la malattia. Ma il tumore della pelle non è il solo a beneficiare dell'immunoterapia: oggi anche nel tumore del polmone e nel carcinoma renale stiamo assistendo a risultati importanti. Non è un caso che per il carcinoma polmonare l'immunoterapia rappresenta sempre più spesso la prima scelta di trattamento.
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AUMENTARE IL NUMERO DI MALATI CHE RISPONDE ALL'IMMUNOTERAPIA
Ora che le armi a disposizione sono sempre di più il vero obbiettivo degli oncologi è arrivare a sfruttare al massimo le potenzialità del sistema immunitario. Ad oggi infatti non tutti i pazienti riescono a trarre beneficio dall'immunoterapia. E' su quel 50% di persone che non risponde efficacemente a questi farmaci che la ricerca si sta concentrando. Se da un lato una delle possibili strategie è quella di migliorare la sequenza con cui somministrare i diversi immunoterapici, l'altra -già in fase di sperimentazione- prevede la somministrazione dell'immunoterapia abbinata a molecole in grado di modificare l'ambiente in cui il tumore cresce con l'obbiettivo di rendere maggiormente visibile il tumore al sistema immunitario. Sperimentazioni di cui sentiremo parlare nei prossimi anni.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.