Confermata l'efficacia dell'attività fisica «controllata» nelle donne con un tumore al seno: attenua la stanchezza e i sintomi e migliora l'aderenza alle cure
Serve prima, per mantenersi in forma ed evitare di imbattersi in quelle condizioni (sovrappeso, diabete) che possono aumentare il rischio di ammalarsi. Ma fare sport è utile anche se ci si è ammalati di cancro, durante e dopo le terapie (se le condizioni fisiche lo permettono). Anzi. La giusta dose di fitness «può migliorare in maniera significativa i sintomi e la qualità della vita dei pazienti oncologici», per dirla con le parole dei due gruppi di ricercatori francesi che, nel corso dell'ultimo congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo), hanno presentato i dati più recenti a sostegno dei benefici dello sport nelle donne colpite da un tumore al seno (anche coloro che sono a maggior rischio).
I benefici dell'attività fisica sul tumore durante (e dopo) la chemioterapia
UN'ORA, DUE O TRE VOLTE A SETTIMANA
Non è la prima volta che si parla dei benefici dell'attività fisica nei pazienti oncologici. «L'attività fisica praticata a partire dalla fase in cui ci si sottopone alla chemioterapia riduce il rischio di recidiva e di mortalità, con un'efficacia paragonabile a quella legata all'azione dei farmaci», afferma Michelino De Laurentiis, direttore della divisione di oncologia medica senologica dell'Istituto Nazionale dei Tumori Fondazione Pascale di Napoli. Il movimento, nel caso di un paziente oncologico, deve seguire un percorso tarato sulle proprie capacità. Questo è quanto hanno fatto i ricercatori d'Oltrealpe, coinvolgendo in uno studio 114 pazienti (donne con tumore al seno, in un caso la malattia era già metastatica) messe al lavoro con dei personal trainer con una conoscenza specifica delle malattie oncologiche. «Abbiamo notato che i pazienti traggono i maggiori benefici se si allenano due o tre volte a settimana per almeno un'ora: sia durante il periodo delle terapie sia nei successivi sei mesi», afferma Thierry Bouillet, oncologo all'American Hospital di Parigi e coordinatore della ricerca. In queste condizioni «protette», con allenamenti incentrati su una serie di esercizi aerobici e sul potenziamento della forza muscolare, le pazienti hanno tollerato meglio i sintomi della malattia, la fatica generata dalle cure oncologiche e visto ridursi la perdita di massa muscolare (riducendo la massa grassa).
CANCRO E PSICHE: DOMANDE E RISPOSTE
BENEFICI ANCHE PER CHI HA MENO POSSIBILITA'
Nella stessa direzione vanno le conclusioni del secondo lavoro, che ha visto coinvolte oltre 2.500 donne affette da un tumore al seno di vario grado (dal primo al terzo). In questo caso i ricercatori, coordinati dall'italiano Antonio Di Meglio, oncologo all'Istituto Gustave Roussy di Villejuif, hanno avuto la conferma che ai pazienti oncologici andrebbero fornite le stesse raccomandazioni rivolte alla popolazione generale: ovvero 150' di attività moderata o 75' intensa a settimana. I benefici rilevati a sei e a dodici mesi dall'inizio della «terapia» sportiva - meno dolori e affaticamento, ridotta sensazione di affaticamento nel respirare - sono stati raggiunti sottoponendo le donne ad attività (intense) quali la danza, il giardinaggio, il nuoto e ad altre (moderate) quali la camminata veloce, l'acqua-gym e la pallavolo. E hanno riguardato anche quelle pazienti che, non avendo troppe possibilità, rischiavano di vedere la propria qualità di vita maggiormente intaccata dalla malattia. Anzi, secondo Di Meglio «è proprio su di loro, che spesso risultavano inattive prima della malattia, che bisognerebbe concentrarsi per stimolare l'adozione di uno stile di vita sano».
Lo sport stimola il sistema immunitario contro il tumore
TRASFERIRE I RISULTATI IN CORSIA
I due studi, non ancora pubblicati su riviste scientifiche, hanno consolidato le evidenze preliminari a sostegno del ruolo dell'attività fisica nella pratica clinica. Gli oncologi europei, d'altra parte, già da diversi anni raccomandano (se le condizioni dei pazienti lo permettono) la pratica sportiva durante e dopo la malattia, facendo poggiare il consiglio sulle basi degli studi osservazionali che hanno evidenziato un minor tasso di recidiva nei pazienti colpiti da tumori al seno, al colon-retto e alla prostata. Secondo Gabe Sonke, oncologo all'Istituto olandese il cancro di Amsterdam, «questi risultati dovrebbero spingere le compagnie assicurative a coprire i piani di attività fisica nei malati oncologici, perché iniziamo a dimostrare che favorisce una maggiore adesione alle terapie e, di conseguenza, una migliore risposta che determina un aumento dei tassi di sopravvivenza». Al momento i programmi sono condotti in maniera autonoma. In Francia ci sono oltre 3.500 pazienti che seguono dei piani personalizzati di attività fisica, al costo di 400 euro all'anno. Dati ufficiali relativi all'Italia non ce ne sono, ma sondando il terreno ci si rende conto che gli istituti di cura non offrono alcun percorso ad hoc per i pazienti e sono ancora pochi gli oncologi che battono su questo tasto. «L'evidenza scientifica ci sta facendo capire che siamo prossimi a un cambio di approccio, rispetto alla raccomandazione di riposare durante le cure rivolta alle pazienti - chiosa De Laurentiis -. Ma serve un grande sforzo sul piano delle motivazioni. In una società in cui gli adulti sono spesso sedentari, è più difficile far capire a una donna che s'ammala quanto sia importante svolgere attività fisica».
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).