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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 11-07-2019

Interferenti endocrini e tumori: che cosa sappiamo?



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Nelle aree con maggiore presenza di interferenti endocrini, alcuni tumori sono più frequenti. I dati non sono ancora definitivi, ma l'aumento del rischio è quasi certo

Interferenti endocrini e tumori: che cosa sappiamo?

«Negli ultimi cinquant’anni, nei Paesi industrializzati, si è assistito a un incremento delle diagnosi dei tumori maligni al seno, alla prostata, al testicolo, all’ovaio e alla tiroide. Anche se molteplici fattori possono aver contribuito a questa tendenza, la rapidità con cui è avvenuto l'aumento rafforza l’ipotesi che sia determinata dall’esposizione a inquinanti ambientali, alcuni dei quali in grado di interferire con il sistema endocrino». Si apre così, a pagina 176 della quinta edizione dello Studio Sentieri, l’approfondimento dedicato agli interferenti endocrini come possibile fattore di rischio oncologico. Cinque pagine che fotografano l’andamento di quattro diversi tumori (tiroide, mammella, prostata e testicolo) in relazione alla presenza di alcune sostanze che «possono alterare le funzioni delle ghiandole endocrine, causando effetti avversi sulla salute di un organismo integro o della sue progenie», come da definizione resa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E che, pur non giungendo a conclusioni definitive, aprono all’ipotesi di un nesso di causalità non ancora messo nero su bianco.

 

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Gli epidemiologi sono partiti dalla raccolta di due categorie di dati: l’incidenza dei tumori nel periodo compreso tra il 1996 e il 2005 (rilevabile nei siti coperti dai Registri) e la presenza a livello atmosferico e negli alimenti di sostanze con proprietà di interferenza endocrina. Si è così potuti giungere a un’analisi limitata a 14 dei 45 siti di interesse nazionale (Sin) considerati in tutto lo studio, quelli per cui erano disponibili entrambe le informazioni. Ovvero: il basso bacino del fiume Chienti, la città di Brescia, il Comune di Fidenza, il litorale Domizio Flegreo e l’Agro Aversano, la laguna di Marano e Grado, i laghi di Mantova, i Comuni di Milazzo, Porto Torres e Priolo, l’area Sassuolo-Scandiano (comprendente sei Comuni), Taranto, Terni Papigno, Trento Nord e Venezia-Porto Marghera. In 12 di queste aree, si legge nel rapporto, «è stato osservato un incremento di incidenza di uno o più tumori in studio». Le evidenze più significative hanno riguardato il tumore al seno (in 8 siti), alla prostata, alla tiroide (in 4 siti) e al testicolo (2 siti). I siti in cui sono stati osservati il maggior numero di eccessi dei nuovi casi di tumore sono Brescia Caffaro, Porto Torres, Taranto (significativi per tre tumori), Bacino del Chienti e Laghi di Mantova (significativi per due tumori).


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INTERFERENTI ENDOCRINI E CANCRO: CHE COSA SAPPIAMO?

Gli interferenti endocrini costituiscono un gruppo di sostanze eterogeneo. Parliamo principalmente di pesticidi, metalli pesanti, prodotti della combustione, di sintesi industriale o sostanze naturali (fitoestrogeni) che agiscono sostituendosi a un ormone, bloccandone i recettori o alterandone la sintesi e il trasporto. Un loro possibile coinvolgimento nei meccanismi alla base dell’insorgenza del cancro non è irrealistico: anzi. «Oltre un terzo dei tumori al seno e alla prostata sono alimentati da ormoni, gli estrogeni e il testosterone - dichiara Annamaria Colao, responsabile dell’area complessa di endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli -. In più la tiroide e il testicolo, di fatto, sono due ghiandole endocrine. È dunque più che probabile che queste sostanze, comportandosi come gli ormoni, abbiano un ruolo nello sviluppo di alcuni tumori a carico di questi organi». Ma mettere nero su bianco che sia - esclusivamente - una di queste sostanze a determinare l’insorgenza di una malattia oncologica è molto difficile. Per diverse ragioni. I tumori sono malattie complesse, le cui origini di rado possono essere ascritte a un'unica causa. Ci sono infatti almeno altri due possibili fattori «confondenti»: la combinazione di diverse sostanze e l'impatto degli stili di vita. Quanto al primo punto, i risultati di alcuni studi condotti su modello animale portano ad affermare che, «esponendo un organo a una miscela di interferenti endocrini, il rischio di ammalarsi di cancro aumenta». Il secondo, invece, apre un fronte più ampio. «In molte aree considerate nello studio la popolazione vive in condizioni di svantaggio socioeconomico - prosegue l'esperta -. Queste determinano una scarsa conoscenza della prevenzione, l’adozione di stili di vita poco salutari e la scarsa adesione agli screening oncologici. Di fronte a un simile scenario, non è semplice riconoscere il determinante principale del rischio oncologico».

COME RIDURRE L'ESPOSIZIONE
AGLI INTERFERENTI ENDOCRINI? 

RISCHI ANCHE PER LA PROGENIE

Da queste considerazioni emerge la necessità di continuare a fare ricerca per consolidare le evidenze scientifiche. Quelle al momento disponibili non sono sufficienti per affermare che tutte queste sostanze - nella fotogallery sono riportati i consigli del Ministero dell'Ambiente e dell'Istituto Superiore di Sanità per ridurre l'esposizione - aumentino il rischio di ammalarsi di cancro. Secondo Paolo Contiero, responsabile della struttura di epidemiologia ambientale dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, «per alcune di esse però le prove iniziano a essere abbastanza solide». Un esempio efficace è quello che riguarda i Pcb, cancerogeni certi per l'uomo secondo l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc). «I dati provenienti dal sito di Brescia, a rischio per le elevate concentrazioni di queste molecole in atmosfera e negli alimenti, evidenziano la maggiore frequenza di alcuni dei tumori endocrino-correlati. In più, interrompendo il consumo di alimenti contaminati, come da indicazioni della Asl, è diminuita la presenza di Pcb nel sangue dei residenti e si è attenuato il loro profilo di rischio oncologico». Piuttosto solide sono considerate anche le evidenze internazionali che vedono aumentare il rischio oncologico non soltanto negli adulti, ma anche nei loro figli.


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PROSPETTIVE FUTURE

Nelle situazioni a maggior rischio ambientale, secondo gli esperti, «occorrerebbe integrare sempre le valutazioni sul contesto con i dati di biomonitoraggio: ovvero la misurazione degli interferenti endocrini nel sangue, nel siero e nel latte materno». Ulteriori ricerche «dovrebbero prendere in considerazione la peculiarità di ciascuno di questi tumori per affermare che queste sostanze aumentino il rischio oncologico negli esseri umani». Occorre infine «un'osservazione più duratura per quei tumori (testicolo e tiroide, ndr) meno frequenti e per quelli (ovaio e utero, ndr) per cui le prove sono ancora incomplete». 

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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