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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 24-07-2024

Immunoterapia più efficace con gli inibitori di JAK?



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La combinazione si è dimostrata utile nel migliorare la risposta alle terapie nei casi di tumore del polmone e linfoma di Hodgkin. I risultati pubblicati su Science

Immunoterapia più efficace con gli inibitori di JAK?

Per migliorare l'effetto dell'immunoterapia potrebbe essere utile l'aggiunta di farmaci appartenenti alla categoria dei JAK inibitori. Due studi pubblicati recentemente su Science hanno dimostrato che nel linfoma di Hodgkin e nel tumore del polmone la combinazione con l'immunoterapia aumenta il numero di persone che rispondono positivamente alle cure. Un risultato inaspettato e controintuitivo dal momento che i JAK inibitori -utilizzati in diverse malattie autoimmuni- hanno generalmente la caratteristica di spegnere l'infiammazione.

MIGLIORARE L'IMMUNOTERAPIA

L'immunoterapia, ovvero quella strategia di cura che mira a potenziare l'effetto del sistema immunitario affinché riconosca ed elimini le cellule cancerose, ha rivoluzionato le terapie anticancro dell'ultimo decennio. Grazie agli immunoterapici diverse neoplasie come melanoma, tumore del polmone, tumore del rene, tumore della vescica e molti altri possono essere controllati con successo. Purtroppo però non tutti i pazienti riescono a trarre beneficio dall'immunoterapia. Ed è proprio su queste persone che non rispondono efficacemente a questi farmaci che la ricerca si sta concentrando. Se da un lato una delle possibili strategie è quella di migliorare la sequenza con cui somministrare i diversi immunoterapici, l'altra -già in fase di sperimentazione- prevede la somministrazione dell'immunoterapia abbinata a molecole in grado di cambiare l'ambiente in cui il tumore cresce e influenzare i diversi attori in gioco.

L'UTILIZZO DEI JAK INIBITORI

Una delle strategie che oggi si stanno percorrendo prevede l'utilizzo dei JAK inibitori, utilizzati nel trattamento di varie malattie infiammatorie e autoimmuni, come l'artrite reumatoide, la colite ulcerosa, la malattia di Crohn e la dermatite atopica. L'idea di utilizzarli può sembrare controintuitiva, dal momento che l'obiettivo primario è tenere sempre accesa la risposta immunitaria. Gli inibitori di JAK invece spengono la risposta. C'è un però: le cellule T, fondamentali per la risposta immunitaria contro il cancro, possono andare incontro ad una perdita di funzione a causa di una stimolazione cronica. Questo "esaurimento" è ciò che limita l'efficacia degli immunoterapici. I JAK inibitori, modulando le vie di segnalazione che contribuiscono all'esaurimento delle cellule T, potrebbero dunque essere utili nel mantenere una funzionalità più efficace e duratura nel tempo delle cellule T evitando il loro totale spegnimento.

GLI STUDI

Ed è partendo da questo presupposto che sono stati "disegnati" gli studi da poco pubblicati su Science. Il primo ha riguardato dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule. Nel trial clinico, un gruppo di malati ha ricevuto la terapia standard con l'immunoterapico pembrolizumab, l'altro pembrolizumab seguito da un inibitorie di JAK (itacitinib). Dalle analisi è emerso che il 67% dei pazienti ha risposto alla combinazione, rispetto al 45% solo con l'immunoterapico. Il secondo ha riguardato pazienti con linfoma di Hodgkin. Lo schema è stato lo stesso dello studio precedente: ad un gruppo è stato somministrato l'immunoterapico nivolumab, all'altro la combinazione di nivolumab e ruxolitinib. Dalle analisi è emerso che 10 pazienti su 19 hanno risposto alla combinazione di farmaci, con 6 che hanno ottenuto una risposta completa. Risultati, seppur ottenuti su un numero ristretto di pazienti, che dimostrano la bontà di questa strategia e che daranno ora il via a nuove sperimentazioni per meglio comprendere gli effetti dell'associazione dell'immunoterapia con i JAK inibitori.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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