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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 04-10-2023

Modificare il tumore per migliorare l'immunoterapia



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Per migliorare la risposta all'immunoterapia occorre modificare le caratteristiche del tumore. Le prime evidenze nel melanoma metastatico. L'inizio di una nuova era?

Modificare il tumore per migliorare l'immunoterapia

Affinché l'immunoterapia funzioni a dovere occorre che il sistema immunitario riesca a riconoscere le cellule cancerose. Questo però non sempre avviene con efficienza per la capacità del tumore di "nascondersi". Per superare questo ostacolo una strategia utile potrebbe essere quella di modificare le cellule tumorali attraverso l'utilizzo dei farmaci epigenetici. Nello studio NIBIT-M4 da poco pubblicato su Nature Communications, realizzato dai ricercatori di Fondazione NIBIT di Siena, è stato dimostrato che la somministrazione successiva di guadecitabina e ipilimumab – il primo un agente ipometilante, il secondo un immunoterapico – è in grado di migliorare la risposta del sistema immunitario in pazienti con melanoma metastatico.

QUANDO IL TUMORE SI NASCONDE

«Il melanoma metastatico –spiega il professor Michele Maio, ordinario di Oncologia dell’Università di Siena, direttore del Centro di Immuno-Oncologia presso l’ospedale Santa Maria alle Scotte e presidente di Fondazione NIBIT – è uno di quei tumori che più ha beneficiato dell’avvento dell’immunoterapia. Purtroppo, però solo circa il 50% dei pazienti trae vantaggio da questo tipo di trattamento. Una delle possibili strade da percorrere per cercare di aumentare questa percentuale prevede la somministrazione dell’immunoterapia, abbinata a farmaci epigenetici che modificano le caratteristiche immuno-biologiche delle cellule tumorali, rendendole maggiormente “visibili” al sistema immunitario dei pazienti. L’idea è nata grazie ai nostri pionieristici studi iniziati oltre vent’anni fa, proprio sulle molecole in grado di modificare l’epigenoma del tumore».

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MODIFICARE L'EPIGENOMA

La strategia utilizzata ha previsto la somministrazione di guadecitabina, un farmaco epigenetico capace di determinare modificazioni nelle proteine che sono avvolte attorno al DNA non solo delle cellule tumorali, regolando l’espressione genica di tali cellule. Le modifiche generate da questa molecola portano nelle cellule tumorali alla produzione di proteine di superficie che hanno un ruolo fondamentale nell’interazione tra tumore e sistema immunitario. Così facendo il tumore risulta maggiormente riconoscibile da parte delle cellule di difesa immunitaria dei pazienti. In questo modo la guadecitabina crea le condizioni ottimali affinché gli immunoterapici somministrati successivamente possano avere maggiore efficacia.

L'IMMUNOTERAPIA FUNZIONA MEGLIO

Lo studio NIBIT-M4 di fase Ib ha coinvolto 19 pazienti con melanoma metastatico sottoposti alla somministrazione sequenziale dei due farmaci. Precedenti risultati erano stati presentati durante l’edizione del 2019 del congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e pubblicati sulla rivista Clinical Cancer Research. Tali dati, oltre a dimostrare la sicurezza e la tollerabilità della somministrazione in sequenza, avevano evidenziato un aumento del tasso di risposta alla malattia e una maggiore espressione di quei geni implicati nel riconoscimento tra tumore e sistema immunitario, chiara prova della bontà del metodo utilizzato. «I risultati pubblicati su Nature Communications aggiungono un ulteriore tassello alle nostre conoscenze sull’efficacia e sul meccanismo d’azione dei farmaci epigenetici: dall’analisi a cinque anni dall'inizio dei trattamenti è infatti emersa una sopravvivenza globale del 29% circa» spiega Anna Maria di Giacomo, professore associato di Oncologia Medica presso l’Università di Siena, responsabile del programma di sperimentazioni cliniche di Fase I/II e coordinatrice dello studio. Ma c'è di più. Grazie ad un'analisi multi-omica integrata, è stato anche possibile suddividere i pazienti in quattro differenti categorie, consentendo di prevedere meglio la risposta clinica e la sopravvivenza a cinque anni dal trattamento.

COMBINARE PER MIGLIORARE L'EFFICACIA

«Quanto ottenuto dimostra in maniera inequivocabile la possibilità di ottenere un beneficio clinico a lungo termine mediante l’immunomodulazione epigenetica nei pazienti con melanoma in stadio avanzato. Un risultato che conferma la nostra iniziale intuizione sulla necessità di creare le condizioni ideali affinché gli immunoterapici possano agire al meglio delle loro potenzialità» conclude Maio.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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