Metà dei pazienti trattati con la miglior combinazione di farmaci immunoterapici è viva a 10 anni di distanza. Buone notizie anche per i casi resistenti. Le novità presentate ad ESMO
Curare con successo il melanoma metastatico è possibile. Grazie all'immunoterapia e in particolare alla combinazione di ipilimumab e nivolumab la metà dei pazienti è viva a 10 anni di distanza dalla diagnosi. Un risultato straordinario se si considera che prima dell'avvento dell'immunoterapia la sopravvivenza era di pochi mesi. I risultati a lungo termine sono stati presentati a Barcellona al congresso dell'European Society for Clinical Oncology (ESMO). Ma c'è di più: per quella quota di pazienti che non risponde positivamente alle cure sono in corso studi che potrebbero cambiare in meglio la gestione della malattia.
MELANOMA E IMMUNOTERAPIA
Prima del 2011, anno in cui è stato approvato il primo immunoterapico della storia, l'aspettativa di vita media per un melanoma metastatico era di soli 9 mesi dalla diagnosi. A cambiare radicalmente la storia è stata l'immunoterapia, strategia di cura che prevede l'utilizzo di farmaci in grado di "risvegliare" il sistema immunitario affinché riconosca ed elimini le cellule cancerose. Negli anni sono stati sviluppati diversi farmaci in grado di fare ciò. Ad ipilimumab si sono affiancati nivolumab e pembrolizumab. Utilizzati singolarmente e in combinazione, hanno consentito di trattare il melanoma metastatico con sempre maggiore successo.
IL 50% DEI PAZIENTI VIVO A 10 ANNI
Al congresso ESMO sono stati presentati i dati dello studio CheckMate 067 che aveva l'obiettivo di valutare l'efficacia di diversi immunoterapici sul lungo periodo. A dieci anni di distanza dall'inizio del trattamento è in vita il 22% dei pazienti trattati con ipilimumab (il primo farmaco disponibile), il 34% di chi è stato trattato con nivolumab e il 43% di chi ha ricevuto la combinazione. A stupire ulteriormente è però il dato sulla sopravvivenza specifica per melanoma (MSS). A differenza della sopravvivenza globale, che considera tutte le cause di morte, la MSS tiene conto solo delle morti direttamente attribuibili al melanoma. Questo parametro è utilizzato per valutare quanto efficacemente un trattamento possa ridurre il rischio di morte specificamente legato al tumore escludendo altre cause. In questo caso è in vita il 38% dei pazienti trattati con ipilimumab, il 52% con nivolumab e il 50% con la combinazione.
Ma c'è di più: dalle analisi emerge inoltre che nei pazienti che a 3 anni dal trattamento non hanno più segni di malattia attiva la sopravvivenza alla malattia è elevatissima, segno di una cronicizzazione del melanoma. In questi casi è in vita il 96% di chi ha ricevuto la combinazione, il 97% solo nivolumab e l'88% con ipilimumab. Dati straordinari se confrontati con l'assenza di cure efficaci sino al 2010.
OCCUPARSI DEI PAZIENTI CHE NON RISPONDONO
Se una buona metà dei pazienti risponde efficacemente alle cure, esiste l'altra metà che purtroppo non riesce a trarre beneficio dall'immunoterapia. Ed è proprio su questi casi che si concentra la ricerca. Ad esplorare nuovi metodi per trattare chi non risponde c'è il gruppo di ricerca di Michele Maio, ordinario di Oncologia dell’Università di Siena e direttore del Centro di Immuno-Oncologia (CIO) al Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena e presidente di Fondazione NIBIT. Al congresso ESMO sono stati presentati i dati dello studio clinico NIBIT-ML1 di fase I. Dai dati è emerso che l’aggiunta di un farmaco epigenetico (ASTX727) all’immunoterapia sembrerebbe essere la strategia giusta per trattare quei pazienti affetti da melanoma metastatico che non hanno risposto a una precedente immunoterapia standard. Il farmaco in questione infatti, modificando il tumore, rende quest'ultimo maggiormente visibile al sistema immunitario.
Ma oltre allo studio di Maio, all'interno della stessa sessione di lavori, sono stati presentati i dati del gruppo di ricerca di Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli. In questo caso lo studio ha mostrato come la combinazione della molecola WNT974 (farmaco capace di attivare il sistema immunitario) con l'immunoterapia è risultata efficace nel 18% dei pazienti con melanoma che non hanno mai risposto all'immunoterapia. In 2 casi la malattia è addirittura scomparsa. Anche se per tutti e due gli studi serviranno ulteriori analisi e un maggior numero di pazienti, la strategia di combinare più farmaci per modificare il tumore sembra essere una delle vie maestre per poter aumentare la quota di persone curabili con l'immunoterapia.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.