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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 25-11-2019

Parkinson: tutte le differenze fra uomini e donne



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Una ricerca italiana: fra donne e uomini cambiano numeri, sintomi e risposte alle cure. Femmine forse protette dagli estrogeni, ma in loro il Parkinson è spesso trascurato

Parkinson: tutte le differenze fra uomini e donne

La parità di genere non esiste neppure dinanzi al Parkinson. Uomini e donne ne soffrono in maniera diversa e secondo diverse percentuali. Così come diversa può essere la risposta alle cure. Questa è la realtà che sta emergendo e che va a rafforzare la teoria della “medicina di genere”, che punta a diagnosi, sperimentazioni per i farmaci, terapie tagliati su misura sui due sessi. Il 30 novembre ricorre la Giornata della malattia di Parkinson.

 

UOMINI PIÙ COLPITI DAL PARKINSON

Sul Journal of Parkinson’s Disease è comparsa una approfondita revisione di lavori precedenti che disegna i tratti fin qui emersi delle differenze tra uomini e donne nel Parkinson,  la seconda più diffusa malattia neurodegenerativa legata all’età, dopo l’Alzheimer. Quella che colpisce il movimento, il controllo dei muscoli, l’equilibrio. E lo fa nel 3 per cento della popolazione dai 65 anni in su e nel 5 per cento di quanti hanno superato gli 85 anni. Esaminando le percentuali, si scopre che gli uomini si ammalano di Parkinson il doppio delle donne, queste ultime però subiscono una più rapida progressione del disturbo e hanno un minore tasso di sopravvivenza. Il dottor Fabio Blandini, direttore scientifico dell’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia e una delle firme della ricerca, sottolinea che gli studi più recenti suggeriscono un’influenza del sesso biologico anche sui fattori di rischio e, probabilmente, sui meccanismi molecolari coinvolti nella patogenesi del Parkinson.

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DIFFERENZE DI GENERE ANCHE NEI SINTOMI MOTORI

Diversi appaiono anche, nel progredire della malattia, i sintomi sia motori sia non motori tra uomini e donne. Per esempio nelle donne i sintomi motori compaiono più tardi: il tremore è uno dei primi a presentarsi insieme con frequenti cadute, maggiore sensibilità al dolore, una più alta tendenza a sviluppare una instabilità posturale. Negli uomini compaiono più seri problemi posturali e un peggioramento generale delle capacità cognitive. Il freezing of gait, quella specie di congelamento del passo che sembra incollare il piede al terreno e che è la complicazione motoria più debilitante del Parkinson, in loro appare più tardi. D’altro lato hanno un più alto rischio di sviluppare la “camptocormia”, che è un’anomala flessione in avanti del busto. Ancora sotto esame per un’attribuzione di specificità a un sesso o all’altro sono la cosiddetta “torre di Pisa” che consiste in un reversibile piegamento laterale del busto, l’”antecollis” che è un’eccessiva flessione in avanti del collo, la “scoliosi” con una curvatura laterale della spina dorsale, e deformità delle mani o delle dita dei piedi.

 

SINTOMI NON MOTORI: DALLA STANCHEZZA AL DECLINO COGNITIVO

Tra gli studi revisionati dall’équipe di Pavia ce n’è uno condotto sui sintomi non motori di 950 malati di Parkinson dal quale è risultato che stanchezza, depressione, sindrome delle gambe senza riposo, stitichezza, dolore, perdita del senso del gusto o dell’olfatto, cambiamento di peso, una sudorazione eccessiva sono più comuni e più gravi nelle donne. Altri studi mostrano che gli uomini sono più facilmente colpiti nelle capacità cognitive. Ma una diagnosi di Parkinson con demenza ha un maggiore impatto sull’aspettativa di vita delle donne rispetto agli uomini. Inoltre le pazienti, oltre a sintomi specifici, mostrano risposte diverse alla terapia con farmaci e alla stimolazione cerebrale profonda, un trattamento chirurgico mirato a ridurre i sintomi motori del Parkinson.

 

UN'IPOTESI: LA DONNE PROTETTE DAGLI ESTROGENI?

Tutte queste differenze tra i due sessi hanno suggerito ai ricercatori l’idea che siano già diverse le “cause” della malattia, cioè i meccanismi patogenetici, e hanno puntato l’attenzione sugli estrogeni, gli ormoni femminili che potrebbero svolgere un’azione protettiva. In effetti, sottolineano, le donne in menopausa, che non beneficiano più degli effetti di questi ormoni, , mostrano la stessa incidenza dei maschi. La dottoressa Silvia Cerri, coordinatrice del Laboratorio di Neurobiologia Cellulare e Molecolare della Fondazione Mondino IRCCS e primo autore della ricerca di Pavia, commenta: «La neuroinfiammazione a carico del sistema nervoso centrale riveste un ruolo importante nella genesi del Parkinson. E poiché gli estrogeni hanno proprietà antinfiammatorie è possibile che possano proteggere ed essere alla base di parte delle differenze tra i sessi nella malattia di Parkinson». «Quello che è molto importante e che già da ora si può affermare è che la terapia va personalizzata. Intanto, a seconda del sesso. Perché il Parkinson nelle donne risulta spesso trascurato, i loro specifici bisogni restano inascoltati. Forse anche perché i primi sintomi possono essere sfumati. O, piuttosto, perché nella cura c’è un riflesso delle divisioni sociali tra maschile e femminile. Questo è un punto davvero cruciale nella lotta al Parkinson».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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