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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 19-02-2025

Calo dell'udito: possibile spia del Parkinson?



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Il sospetto che la diminuita capacità di sentire sia un segno premonitore della malattia neurodegenerativa o addirittura una concausa è oggetto di studio da tempo

Calo dell'udito: possibile spia del Parkinson?

La diminuzione dell’udito può essere un primo segnale della malattia di Parkinson o, addirittura, aumentarne il rischio? Non c’è da allarmarsi. La scienza cerca sempre, specie con le malattie dalle limitate possibilità terapeutiche, segni premonitori, dunque indaga molte associazioni. Così è stato in Gran Bretagna con la ricerca su quasi 160mila persone che al momento non soffrivano di Parkinson e che hanno prima fatto un test per misurare quanto riuscivano a capire un discorso in un ambiente rumoroso. I partecipanti alla prova erano stati individuati nella famosa Biobanca inglese che raccoglie i dati di circa mezzo milioni di volontari britannici. Queste persone sono state seguite per oltre 14 anni e alla fine di questo tempo 810 di loro risultavano essersi ammalati della patologia neurodegenerativa oggetto dello studio. Rifatto anche il test uditivo. Risultato: un rischio aumentato di Parkinson del 57 per cento per ogni 10 decibel perduti di udito.

VERO RAPPORTO O PURA ASSOCIAZIONE?

La dottoressa Megan Readman del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Lancaster, che ha guidato la ricerca pubblicata sulla rivista Parkinsonism and Related Disorders, ha osservato: «Questi ritrovati sono molto importanti: intanto perché questo è il primo studio che mette in relazione la capacità ridotta di sentire con l’aumento del Parkinson o per esserne un segnale premonitore». Ma ha anche sottolineato che per ora non si può dire se tra le due condizioni vi sia un nesso causale o una pura e semplice correlazione: «Chi può dire se sottostanti alle due patologie vi siano meccanismi comuni?».

TRA I PRIMI SEGNALI IL DISTURBO DELL’OLFATTO

La dottoressa Anna Zecchinelli, responsabile del Centro per il Parkinson e i parkinsonismi dell’Ospedale Gaetano Pini di Milano, osserva che intensa è la ricerca di marker periferici della seconda malattia neurodegenerativa dopo l’Alzheimer, nel tentativo di diradare la nebbia spessa che avvolge la sua patogenesi. «Di veri segni premonitori si sa soltanto di un certo disturbo del sonno e di un disturbo dell’olfatto – dice, - ci sono tuttavia diverse osservazioni sul nervo periferico e su alcune alterazioni della funzione visiva».

LA PROTEINA ALFA-SINUCLEINA

Per quanto riguarda lo studio inglese, la dottoressa Zecchinelli nota che anche qui, collegato con la perdita dell’udito, si ipotizza un ruolo della alfa-sinucleina, una proteina che progressivamente si accumula nel cervello di chi ha il Parkinson. Il giudizio sulla ricerca è positivo: «E’ stata condotta con la collaborazione tra ospedali, su una popolazione vasta, seguita per 14 anni. Purtroppo, i partecipanti non sono stati visitati da un neurologo, né si poteva farlo, ma è un limite. Tra l’altro la partecipazione a una banca dati è volontaria, così che risultano di più le donne che si prestano più volentieri quando però nel Parkinson, e pure nella perdita dell’udito, sono più gli uomini colpiti».

DAI 60 ANNI IN SU, MA ANCHE SOTTO I 50

Si stima che in Italia siano circa 250 mila le persone che vivono con questa malattia neurologica che è quella in più rapida crescita nel mondo. Colpisce circa l’1 per cento della popolazione con più di 60 anni e raggiunge il 4 per cento tra i soggetti oltre gli 85 anni. Tuttavia, si considera anche che il 10 per cento abbia meno di 50 anni, se non 40. Nei prossimi 15 anni si calcola che le nuove diagnosi saliranno a 6.000 l’anno. Tra i fattori di rischio più frequenti si annoverano l’età avanzata, la familiarità, il sesso maschile, l’etnia (i più colpiti sono i caucasici), diversi fattori ambientali, i traumi cranici e i disturbi dell’umore come la depressione. Mentre tra i fattori protettivi l’attività fisica è il più importante, seguito da un’attività lavorativa.

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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