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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 04-12-2024

Il dolore è diverso tra uomini e donne



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Emergono differenze fra i sessi nei modi con cui si produce e si estingue la sofferenza. La conoscenza di questi meccanismi può portare a terapie più efficaci

Il dolore è diverso tra uomini e donne

Il dolore nasce e si estingue in maniera diversa nelle donne e negli uomini. Queste sono le conclusioni di due studi innovativi che, ambedue, sanciscono la differenza tra i sessi in questa esperienza. Sulla rivista Brain si esprimono i ricercatori dell’Università dell’Arizona (Usa) che per primi hanno identificato una diversità funzionale maschile e femminile nei nocicettori, i recettori delle cellule nervose specializzate nella sensibilità al dolore. Già da questa premessa si vede che questi scienziati sposano l’approccio della “medicina di precisione” che ha come obiettivo la terapia tagliata su misura sul paziente, dove una delle distinzioni possibili è quella sessuale.

 

I NOCICETTORI "MASCHILI" E "FEMMINILI"

«Questo studio costituisce un bel passo avanti nella nostra comprensione di come nasce il dolore nei maschi e nelle femmine – ha dichiarato Frank Porreca, direttore della ricerca al Center for Pain Addiction all’Università dell’Arizona e professore di Farmacologia al College of Medicine a Tucson. – I risultati dei nostri studi sono molto coerenti e sostengono l’importante conclusione che i nocicettori, gli elementi costitutivi fondamentali del dolore, sono diversi nei due sessi. Questo apre alla possibilità di curare il dolore in modo specifico e potenzialmente migliore negli uomini e nelle donne, cosa che in effetti è un nostro obiettivo».

 

UNO STUDIO SULLA GENESI DELLO STIMOLO DOLOROSO

Il professor Porreca e il suo gruppo hanno centrato il loro studio sull’eccitabilità dei nocicettori collocati vicino al midollo spinale nel ganglio della radice dorsale. I nocicettori, quando attivati da un colpo o una ferita, inviano un segnale attraverso il midollo spinale al cervello dove si verifica la percezione del dolore. Dando seguito a precedenti ricerche sulla relazione tra dolore cronico e sonno, le inattese differenze trovate fra i sessi hanno spinto il professor Porreca a scegliere due sostanze – la prolattina e l’orexina B – in questo studio. La prolattina è l’ormone responsabile per la lattazione e i tessuti del seno; l’orexina è un neurotrasmettitore che aiuta a restare svegli. Tuttavia, l’una e l’altra di queste due sostanze hanno molte altre funzioni che soltanto ora si stanno rivelando.

DAI TOPI ALLE SCIMMIE AGLI UMANI

I ricercatori hanno lavorato su campioni di tessuto prelevato da topi, scimmie e umani per compiere i test sull’effetto della prolattina e dell’orexina B sull’attivazione dei nocicettori a soglie basse di stimoli. «Quello che abbiamo trovato è che nelle femmine e nei maschi – animali o umani – quello che modifica la soglia dei nocicettori può essere completamente diverso – ha commentato Frank Porreca. – Quando abbiamo aggiunto le sostanze sensibilizzanti capaci di abbassare le soglie di attivazione, abbiamo scoperto che la prolattina sensibilizzava soltanto le cellule femminili e non quelle maschili, mentre l’orexina B sensibilizzava le cellule maschili e non quelle femminili. La sorprendente conclusione emersa da questi studi è che ci sono “nocicettori maschili” e “nocicettori femminili”, cosa mai riscontrata prima».

 

IL DOLORE CRONICO SOPRATTUTTO NELLE DONNE

Riprende Porreca: «Finora si supponeva che i meccanismi di base che producono il dolore fossero identici nei due sessi. Quel che abbiamo scoperto è, invece, che i meccanismi di base sottostanti alla percezione del dolore sono diversi nei topi maschi e femmine, nelle scimmie maschi e femmine, negli umani maschi e femmine». Deriva, da questi risultati, l’indicazione di un nuovo modo per affrontare la terapia del dolore che in maggior parte colpisce le donne. L’emicrania e la fibromialgia, per esempio, hanno rispettivamente questa proporzione tra femmina e maschio: 3:1 e 8 o 9:1.

 

PER CURARE IL DOLORE APPROCCI DIVERSI

Allora, prevenire la sensibilizzazione dei nocicettori indotta dalla prolattina potrebbe costituire un approccio valido per trattare i disturbi dolorosi prevalentemente femminili così come puntare allo stesso modo sull’orexina B potrebbe funzionare contro il dolore negli uomini. Gli studiosi di Tucson si sentono incoraggiati dalla recente scoperta di un anticorpo della prolattina, che potrebbe rivelarsi utile nella terapia al femminile, mentre sull’altro fronte sono disponibili antagonisti dell’orexina, che sono già stati approvati dalla Food and Drug Administration per la cura di disturbi del sonno. Siamo alla “medicina di precisione”, conclude Frank Porreca, la quale richiede di tenere in considerazioni le caratteristiche genetiche del paziente nel “disegnare” la terapia a lui più consona. E nella genetica la prima domanda è: maschio o femmina?

UN CAMPANELLO D’ALLARME AIUTA LA SPECIE

Il professor Fabio Intelligente, referente del Cronic Pain Service all’Humanitas Research Hospital di Rozzano (Milano), interviene sull’argomento riconoscendo, intanto, che in effetti i risultati delle ricerche sul dolore erano falsati in quanto non si differenziava secondo i sessi. «Il dolore è un campanello d’allarme – premette - ci insegna a fuggire da un pericolo, dunque è importante per la sopravvivenza della specie. È una sensibilizzazione come il caldo o il freddo, ha risvolti cognitivi, emotivi, di apprendimento, ha legami col sonno». La partenza viene dai nocicettori di un nervo periferico che con una lunga catena attraverso il midollo spinale arriva ai neuroni cerebrali e ad altri sistemi, attivando la modulazione del segnale del dolore. «Nel dolore cronico c’è un’alterazione di queste vie – dice il professor Intelligente – e il dolore cronico è più diffuso nelle donne. Il fatto è che la prolattina conferisce una maggiore sensibilità, per cui le donne in genere hanno una soglia del dolore più bassa, dunque lo patiscono di più. C’è una ipersensibilità del nocicettore che le rende maggiormente toccate dalla sofferenza. La molecola dell’orexina svolge la stessa attività sui nocicettori maschili».

 

OPPIACEI, ANTIEPILETTICI, ANTIDEPRESSIVI

Quali saranno i rimedi futuri più efficaci? «Vedremo, fra oppiacei, antiepilettici, antidepressivi», conclude Intelligente. E apriamo il capitolo di un altro studio, sempre statunitense, dell’Università di California a San Diego, sempre legato al dolore: per quali vie ci se ne libera. Anche qui si sostiene che sono diversi i modi per sollevarsi dal dolore tra maschi e femmine. Mezzi biologici differenti. Gli uomini, come antidolorifici, si appoggiano agli oppioidi endogeni mentre le donne scelgono vie diverse. Le sostanze più potenti per combattere il dolore sono oppioidi sintetici, la morfina e il fentanyl, ed è noto che le donne rispondono poco a queste terapie. È forse per questo – si dice nello studio – che più facilmente diventano dipendenti dagli oppioidi: con la loro scarsa risposta biologica, sono indotte ad alzare le dosi per avere sollievo dal dolore.

 

SI PROVA A MISURARE L'EFFETTO ANCHE DELLA MEDITAZIONE

L’esperimento condotto a San Diego ha coinvolto due tipi di volontari, in totale 98, individui sani e individui con dolore lombare cronico. I partecipanti hanno seguito un corso di meditazione poi, mentre praticavano, hanno ricevuto o un placebo o un’alta dose di naloxone, una sostanza che blocca l’azione degli oppioidi sia endogeni sia sintetici. Nello stesso tempo hanno subito uno stimolo di calore molto doloroso ma innocuo sul retro di una gamba. I ricercatori hanno misurato e comparato quanto sollievo dal dolore era stato procurato dalla meditazione mentre il sistema degli oppioidi era bloccato oppure no. Ed ecco che cosa hanno scoperto:

  • bloccare il sistema degli oppioidi col naloxone impediva il sollievo dal dolore con la meditazione negli uomini, suggerendo che questo sesso poggia sugli oppioidi endogeni come antidolorifici
  • il naloxone ha aumentato il sollievo dal dolore per la meditazione nelle donne, suggerendo che esse poggiano su meccanismi non oppioidi per ridurre il dolore
  • nei partecipanti dei due sessi, quanti soffrivano di dolore cronico avevano beneficiato del sollievo dovuto alla meditazione più dei volontari sani.
 

TUTTO CONFLUISCE NELLA “MEDICINA DI PRECISIONE”

Il professor Fabio Intelligente mostra qualche perplessità sul valore della “misura” del sollievo portato dalla meditazione. «Forse l’Intelligenza artificiale saprà fare questo calcolo cogliendo tutte le possibili sfumature – concede. – Comunque, le vie di inibizione del dolore, l’analgesia, di cui disponiamo sono a base di oppioidi, di endo-cannabinoidi e di noradrenalina. La capacità della meditazione di modulare il dolore usa probabilmente vie diverse. Volendo riassumere il senso dei due studi, si può dire che ci aprono orizzonti su come la medicina di precisione, andando alla base del dolore acuto o cronico, può essere sempre più specifica nelle gestioni, al plurale. Agendo infatti per target. Migliorando la conoscenza dei potenziali gruppi, a partire dalla distinzione basilare tra uomini e donne. Così da costruire terapie sempre più precise rispetto alle caratteristiche personali del paziente».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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