Il trapianto di flora batterica intestinale migliora le funzioni cerebrali in chi è colpito da encefalopatia epatica, una conseguenza comune della cirrosi
Effettuare un trapianto di flora batterica intestinale in chi è colpito da encefalopatia epatica non solo è sicuro ma è il miglior modo per migliorarne le funzioni cognitive. Non solo, attraverso questo approccio è possibile ridurre al minimo la possibilità che la persona venga ricoverata nuovamente in ospedale per problemi legati alla cirrosi epatica. E' questo, in estrema sintesi, il messaggio che emerge da uno studio presentato in questi giorni ad Amsterdam nel corso dell'International Liver Congress, l'annuale appuntamento internazionale dedicato alle malattie del fegato.
CIRROSI E DANNI CEREBRALI VANNO DI PARI PASSO
«L'encefalopatia epatica - spiega il dottor Jasmohan Bajaj della Virginia Commonwealth University (Stati Uniti) - è una delle complicanze più comuni di chi soffre di cirrosi epatica. Ciò accade perchè il fegato, quanto la sua funzione è compromessa dalla malattia, non riesce a rimuovere alcune molecole tossiche -come l'ammoniaca- presenti a livello sanguigno». Tossine che proprio grazie al circolo del sangue arrivano a livello cerebrale dannegiando i neuroni. Non è un caso che i sintomi più comuni di questa "intossicazione" siano confusione mentale, cambio repentino dell'umore, ansia, possibili attacchi epilettici e difficoltà nella parola. Non solo, la conseguenza più grave e molto diffusa è il coma. In questi casi più gravi, dove è necessario il ricovero, il trattamento consiste nella somministrazione di antibiotici (rifaximina e lattulosio) con l'obiettivo di eliminare i principali batteri responsabili della produzioni delle tossine. Ciononostante anche attraverso questo approccio rimangono comunque alti i tassi di riospedalizzazione e i problemi legati alle funzioni cerebrali.IL TRAPIANTO DI FLORA BATTERICA MIGLIORA LE FUNZIONI DEL CERVELLO
Proprio per il legame tra microrganismi, produzione di tossine e encefalopatia una delle possibili soluzioni è la manipolazione della flora batterica. Se da un lato ciò è possibile alterando la composizione attraverso la somministrazione di antibiotici, dall'altro da alcuni anni si stanno sperimentando veri e propri trapianti di flora batterica da donatori in salute.Un approccio che parrebbe essere vincente come dimostrato nella ricerca presentata al congresso. Lo studio ha visto il coinvolgimento di 20 persone affette da continui episodi di encefalopatia epatica in seguito a cirrosi. Dieci individui sono stati trattati solo con antibiotici, gli altri dieci hanno avuto in aggiunta un trapianto di batteri fecali provenienti da un donatore sano. Seguiti per cinque mesi dal trattamento i pazienti sono stati valutati attraverso specifici test congnitivi riguardanti la malattia riconosciuti a livello internazionale.
Dalle analisi è emerso che nel gruppo che aveva subito il trapianto le performance cognitive erano nettamente migliori rispetto al gruppi trattato con il solo antibiotico. Non solo, la componente batterica dell'intestino di queste persone risultava più ricca in bifidobatteri e lattobacilli, microgranismi da sempre considerati buoni.
In aggiunta, altro dato da non trascurare, nei trapiantati le probabilità di tornare di nuovo in ospedale per problemi legati all'encefalopatia si sono ridotte. «Un risultato importante poichè per la prima volta si è riusciti a dimostrare che attraverso la manipolazione della flora è possibile ridurre i danni causati dall'encefalopatia epatica» conclude l'esperto.
INFEZIONI RESISTENTI: IL TRAPIANTO GIA' FUNZIONA
Ma se questo approccio rappresenta una possibile cura dell'encefalopatia ancora da valutare su un più ampio numero di pazienti, "modulare" la flora batterica attraverso il trapianto fecale comincia ad essere utilizzato nel trattamento di alcune infezioni da Clostridium difficile. Un esempio? In uno studio del 2015, targato Policlinico Gemelli di Roma, il professor Antonio Gasbarrini, è riuscito nell’impresa di guarire definitivamente il 90% dei pazienti contro il 26% dei soggetti trattati come d’abitudine con antibiotico.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.