Un unico farmaco mirato può trattare sia il colangiocarcinoma sia la leucemia mieloide acuta nei pazienti con mutazione IDH1, migliorando sopravvivenza e qualità di vita

Colangiocarcinoma e leucemia mieloide acuta (LMA), due tumori apparentemente molto differenti fra loro, possono essere affrontati con lo stesso farmaco a bersaglio molecolare. Fortunatamente anche in Italia da qualche mese è disponibile ivosidenib, una molecola capace di "colpire" selettivamente tutti quei tumori che presentano una mutazione nel gene IDH1. Ma se per il colangiocarcinoma questo farmaco permette di controllare più a lungo la malattia, nella LMA ivosidenib può portare addirittura alla remissione completa della malattia in più della metà dei casi.
COSA SONO LE TERAPIE A TARGET MOLECOLARE?
Negli ultimi anni, complice lo sviluppo di tecniche di analisi del Dna tumorale sempre più dettagliate, sono state sviluppate terapie in grado di colpire selettivamente quei difetti genetici alla base dello sviluppo di molte neoplasie. E' questo il caso delle terapie a bersaglio molecolare, cure che hanno rivoluzionato il trattamento di alcuni tumori come quello del polmone ma non solo. Con il passare del tempo, alle più note mutazioni utilizzate come bersaglio (ALK, EGFR, BRAF E ROS1), se ne sono aggiunte di altre su cui sono stati sviluppati farmaci specifici. Ed è questo il caso di ivosidenib, farmaco capace di colpire le forme mutate di IDH1, un enzima che la cellula tumorale sfrutta per crescere.
IL RUOLO DELLA MUTAZIONE IDH1
Colangiocarcinoma e LMA, in alcuni casi, condividono la stessa mutazione. Per quanto riguarda questo particolare tumore del fegato, la mutazione IDH1 è riscontrata nel 15% dei pazienti. Non solo, la sua presenza nella malattia metastatica correlato a una maggiore aggressività e resistenza alle terapie convenzionali: la sopravvivenza a 5 anni è infatti molto bassa, pari al 17% negli uomini e al 15% nelle donne. Nella LMA invece le mutazioni del gene IDH1 si riscontrano nel 6-10% dei casi. Ed è partendo da questi casi che negli anni scorsi sono stati sviluppati i primi studi per valutare l'efficacia del farmaco in quei pazienti che condividono la mutazione.
CONTROLLARE IL COLANGIOCARCINOMA
«Nei casi di colangiocarcinoma -spiega Lorenza Rimassa, professore Associato di Oncologia Medica presso Humanitas University e IRCCS Humanitas Research Hospital- a seguito della diagnosi e della stadiazione, il trattamento di prima linea della patologia in fase avanzata viene definito da un team multidisciplinare esperto. Si tratta di una terapia standard, che indipendentemente dalle alterazioni molecolari, consiste in chemioterapia associata a immunoterapia. Nei casi in cui è presente la mutazione, quando il paziente deve interrompere la terapia di prima linea -a causa di tossicità o, più frequentemente, per progressione della malattia- è possibile avviare un trattamento mirato con ivosidenib». Dalle analisi che hanno portato all'approvazione del farmaco da parte di AIFA è emerso che il trattamento è stato in grado di controllare la crescita tumorale rallentando significativamente la progressione della malattia e stabilizzandola. «Questo -aggiunge l'esperta- si è tradotto in un prolungamento della sopravvivenza e, soprattutto, nel mantenimento di una buona qualità di vita, grazie all'elevata tollerabilità del farmaco».
MIGLIORARE LA VITA DEI PAZIENTI CON LMA
Per quanto riguarda la LMA invece le terapie disponibili sono diverse ma, vista l'insorgenza in tarda età del tumore, la chemioterapia di induzione standard prevista non sempre può essere applicata. «La non eleggibilità alla chemioterapia intensiva -spiega Adriano Venditti, direttore dell’Ematologia della Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma- è determinata da due parametri fondamentali: l’età del paziente, poiché oltre i 75 anni si adotta un approccio più prudente nell’erogare trattamenti chemioterapici standard, e la presenza di comorbidità, come patologie respiratorie, cardiovascolari o altre condizioni che, indipendentemente dall’età, controindicano la chemioterapia intensiva». Ora, in quei pazienti che presentano la mutazione, il farmaco rappresenta un’importante innovazione terapeutica. Dalle analisi che hanno portato all'approvazione è emerso che il 54% dei pazienti trattati con la combinazione di ivosidenib e azacitidina ha ottenuto una remissione completa, un risultato superiore rispetto al gruppo di controllo. «Prima dell’introduzione di questa nuova opzione -sottolinea l'esperto- tali pazienti venivano trattati esclusivamente con azacitidina, un farmaco che offre tassi di risposta significativamente inferiori. Ora lo scenario è cambiato radicalmente in meglio».
L'IMPORTANZA DEI TEST MOLECOLARI
Conoscere la presenza della mutazione IDH1 nelle cellule tumorali è dunque di fondamentale importanza per la somministrazione di questa nuova cura. Ma data l’elevata variabilità genetica osservata in queste due neoplasie, l’impiego di test di profilazione molecolare come il Next Generation Sequencing (NGS) diventa cruciale. Questa tecnologia consente, infatti, un'analisi dettagliata e simultanea di numerosi geni, fornendo importanti informazioni per la prognosi e la terapia dei pazienti, consentendo una più adeguata programmazione della strategia terapeutica. I test NGS permettono di ridurre le tempistiche di analisi e la quantità di tessuto tumorale necessaria per la caratterizzazione molecolare e allo stesso tempo di identificare in modo tempestivo e accurato le mutazioni actionable, come quelle del gene IDH1. «L’utilizzo delle tecniche di NGS è fortemente raccomandato in tutti i casi in cui si debbano determinare diverse alterazioni genomiche, ad esempio, la presenza della mutazione IDH1 è associata ad una prognosi ancor più sfavorevole» spiega Nicola Normanno, Direttore Scientifico dell'Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori IRST "Dino Amadori" IRCCS. Che aggiunge: «È importante sottolineare che la prognosi dei pazienti con mutazioni di IDH1 può essere profondamente modificata dalla disponibilità di inibitori specifici. Grazie a ivosidenib, infatti, possiamo offrire ai pazienti una terapia target che agisce su un meccanismo molecolare comune a due patologie molto diverse tra loro, ampliando significativamente l'orizzonte delle possibilità terapeutiche».

Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.