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Alimentazione
Caterina Fazion
pubblicato il 24-02-2025

La semaglutide riduce il consumo di alcol?



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Oltre a diabete e obesità, la semaglutide sembra avere un potenziale ruolo anche nel trattamento del disturbo da uso di alcol, secondo uno studio americano

La semaglutide riduce il consumo di alcol?

La semaglutide, principio attivo farmacologico conosciuto anche con il nome commerciale di Ozempic, negli ultimi anni ha rivoluzionato il trattamento del diabete di tipo 2 e dell’obesità. Ora, un nuovo studio condotto dall’Università della California del Sud (USC) suggerisce che questo farmaco potrebbe aiutare le persone a ridurre il consumo di alcol.

LO STUDIO

Pubblicato su JAMA Psychiatry, lo studio ha analizzato gli effetti della semaglutide in un gruppo di adulti con disturbo da uso di alcol (DUA) che non stavano attivamente cercando un trattamento. I ricercatori hanno suddiviso i 48 partecipanti in due gruppi: uno ha ricevuto iniezioni settimanali di semaglutide a basso dosaggio, mentre l’altro ha ricevuto un placebo. Durante le nove settimane di trattamento, i ricercatori hanno monitorato la frequenza e la quantità del consumo di alcol. I partecipanti che hanno assunto semaglutide hanno riportato una riduzione significativa del desiderio di alcol, del numero medio di drink nei giorni di consumo e della frequenza di episodi di binge drinking. In particolare, quasi il 40% dei soggetti trattati con semaglutide non ha avuto episodi di consumo eccessivo nell’ultimo mese dello studio, contro il 20% del gruppo placebo.

UN’ULTERIORE CONFERMA

Lo studio conferma un fenomeno già osservato da pazienti e medici. Persone che assumevano semaglutide per il diabete o l’obesità hanno riferito di perdere spontaneamente interesse per l’alcol. Sebbene il meccanismo d’azione non sia ancora del tutto chiaro, si ritiene che la semaglutide, un agonista del recettore GLP-1, possa influenzare i circuiti neurali della ricompensa, riducendo la gratificazione derivante dal consumo di alcol.

VERSO UNA NUOVA TERAPIA?

In passato si è ritenuto che il principale metodo di trattamento del disturbo da uso di alcol fosse rappresentato dall’intervento psicosociale, ma oggi la combinazione con la farmacoterapia offre risultati più stabili ed efficaci nel tempo. Ciò fornisce un'indicazione chiara per un intervento integrato, che prevede l’utilizzo di una terapia farmacologica per la prevenzione delle ricadute. Tuttavia, se i trattamenti non farmacologici per la dipendenza da alcol risultano ormai ben strutturati ed in continua evoluzione, dal punto di vista medico le possibilità di intervento sono relativamente ristrette, con poche molecole a disposizione approvate dall’AIFA per il trattamento del disturbo da uso di alcol. Se ulteriori studi confermeranno l’efficacia della semaglutide, si aprirebbe la possibilità di un nuovo trattamento per milioni di persone che affrontano il consumo problematico di alcol.

«La popolarità della semaglutide e di altri agonisti del recettore GLP-1 potrebbe favorire una maggiore adozione di questi trattamenti per il disturbo da uso di alcol, se approvati per questa indicazione», ha dichiarato Christian Hendershot, autore principale dello studio.

LA SITUAZIONE EUROPEA

L’Unione Europea detiene il primato mondiale per consumo di alcol. Esso rappresenta la terza causa di morte prematura, dopo l’ipertensione e il tabacco. Secondo l’OMS, l’uso dannoso di alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute globale e incide negativamente su molti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite da raggiungere entro il 2030. Secondo la Classificazione Internazionale delle Malattie sviluppata dall’OMS, almeno 40 malattie sono interamente causate dall’alcol, mentre altre 200 sono parzialmente correlate al suo consumo. Il 5,1% del carico globale di malattia e lesioni (dati 2016) è attribuibile all’alcol, con una perdita stimata di 132,6 milioni di anni di vita in buona salute (DALY). Oltre alle malattie croniche, l’alcol è anche responsabile di gravi incidenti e atti di violenza. Nel 2022, su 56.284 incidenti con lesioni, l’8,8% è stato causato da conducenti in stato di ebbrezza e il 3% da persone sotto l’effetto di stupefacenti. Il dato più allarmante riguarda i giovani: 1 su 4 tra i 20 e i 24 anni muore a causa dell’alcol.

LA SITUAZIONE ITALIANA

Nel panorama europeo, tra il 2002 e il 2018, l’Italia ha ridotto del 25% il consumo pro-capite di alcol, registrando il miglior risultato in Europa. Questo trend positivo potrebbe essere legato a un cambiamento culturale, con una maggiore consapevolezza degli effetti dannosi dell’alcol rispetto al passato, quando era considerato parte integrante della dieta mediterranea.

Dal 2014, l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro dell’OMS ha affermato che l’unica vera prevenzione dei tumori alcol-correlati è l’astensione dal consumo. Anche il Rapporto ISTISAN ribadisce che l’alcol è una sostanza cancerogena e capace di creare dipendenza. Sebbene alcuni studi riportino possibili effetti protettivi del consumo occasionale di alcol per alcune patologie (come malattie coronariche e ictus ischemico), l’OMS sottolinea che gli effetti negativi sulla salute restano predominanti.

Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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