In futuro la composizione della flora microbica potrebbe permettere di classificare una neoplasia. Così cambierebbero la diagnosi (senza biopsia) e le terapie
È un ecosistema la cui composizione è complessa soltanto da immaginare: mille le specie presenti, quasi ventimila i ceppi geneticamente identici, un ammasso di batteri e virus per un peso complessivo che sfiora un chilogrammo. Il microbioma intestinale - l’insieme di microrganismi che popola la seconda parte del tratto digerente - è sempre più studiato, nel tentativo di trovare una risposta ai meccanismi di insorgenza della malattie infiammatorie croniche dell’intestino: morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa. Prospettive interessanti riguardano anche il ruolo che la microflora intestinale potrebbe avere nei meccanismi di insorgenza e progressione del tumore del colon-retto, il più diagnosticato in Italia nel 2015 (52mila nuovi casi) e il secondo più letale, dopo quello al polmone.
I BATTERI COINVOLTI NELL’ORIGINE DEL TUMORE?
Negli ultimi anni si sta cominciando a capire la complessità delle relazioni nell’ecosistema intestinale, variabile in base all’età di un individuo, alla sua dieta, al luogo di provenienza. Modulare la presenza delle popolazioni microbiche potrebbe avere un ruolo sui meccanismi di insorgenza e decorso del tumore del colon. La conferma giunge da uno studio presentato durante l’ultimo congresso della Società Americana di Genetica, svoltosi a Baltimora. A condurlo quattro ricercatori dell’Istituto di genetica, biologia cellulare e dello sviluppo dell’Università del Minnesota, che dopo aver confrontato la flora microbica di 44 adulti affetti da un tumore del colon-retto con quella di altrettanti soggetti sani, hanno ricercato una stretta correlazione tra le alterazioni della flora e le mutazioni responsabili della neoplasia. Risultato? Più alterazioni del codice genetico venivano riscontrate nelle persone ammalate, maggiore era l’eterogeneità del microbioma.
VERSO LO SVILUPPO DI NUOVE TERAPIE
Ciò potrebbe voler dire che specifici batteri sono associati a specifiche variazioni del Dna, responsabili del processo neoplastico. Un’evidenza che non basta a riconoscere le alterazioni della flora intestinale come causa del cancro, ma che in un prossimo futuro potrebbe concedere una duplice opportunità: classificare un tumore senza ricorrere alla biopsia (ma eventualmente attraverso un esame delle feci) e di combattere la malattia con nuovi farmaci in grado di modulare la composizione della flora batterica.
«L’obiettivo è arrivare ad associare con certezza un tumore all’eccesso o al deficit di una determinata specie batteria - dichiara Fabiana Saccheri -. Fermo restando che il cancro rimane una malattia multifattoriale, in questo modo si potrà intervenire somministrando la specie batterica mancante e correggendo le abitudini dietetiche». A ciò occorre aggiungere che diversi studi, l’ultimo dei quali pubblicato su Science pochi giorni fa, hanno evidenziato una risposta differente alla chemioterapia e all’immunoterapia, in base alla composizione della flora intestinale.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).