Lo stop al fumo aiuta a mantenere la linea: è il risultato di una ricerca italiana che ha valutato gli effetti dello stop al fumo. Tasse più alte sulle sigarette e divieti nei locali migliorano anche i comportamenti alimentari
Lo stop al fumo aiuta a mantenere la linea: è il risultato di una ricerca italiana che ha valutato gli effetti dell'astinenza a lungo termine. Il tabagismo legato spesso a cattiva dieta.
Anche la più antica verità – ha infatti una base scientifica – che vuole ingrassate tutte le persone che abbandonano le sigarette, oggi inizia a perdere consistenza: almeno a lungo termine. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori italiani: divisi tra l’università di Bologna, la Banca d’Italia e l’ateneo scozzese di Saint Andrews. Un’evidenza non trascurabile, all’immediata vigilia della prossima giornata mondiale senza tabacco, in programma venerdì 31 maggio.
LA RICERCA
È una delle più frequenti affermazioni fatte dai fumatori accaniti: smettere di fumare fa bene, però anche ingrassare. Motivo per cui, in nome della forma fisica, spesso si rinuncia a perdere il vizio. Oggi, però, c'è una ricerca in più che spinge a lavorare anche in ambito economico, per ridurre il numero dei fumatori. In un working paper di prossima pubblicazione, infatti, i tre studiosi hanno dimostrato come la riduzione del consumo di tabacco, ottenuta attraverso tasse e divieti antifumo, possa contribuire alla diminuzione dell’obesità. «Facendo riferimento a un periodo rappresentativo della popolazione statunitense nel periodo 1999-2008, abbiamo osservato un generale miglioramento della qualità della dieta e una riduzione del contenuto calorico del cibo consumato, con un calo nell’indice di massa corporea del 2,5% in risposta ad un aumento delle accise sulle sigarette di 10 centesimi di dollaro - spiega Davide Dragone, ricercatore del dipartimento di scienze economiche dell’ateneo bolognese e coautore dello studio assieme a Francesco Manaresi e Luca Savorelli -. Anche i bandi antifumo determinano una modifica nelle abitudini alimentari, con effetti diversi a seconda del luogo di applicazione. Se dopo l’introduzione dei divieti antifumo nei bar si tende a mangiare minori quantità di cibo, ma di peggiore qualità, nei ristoranti si tende a mangiare di più, ma meglio». Lo studio, condotto sui dati rilevati ogni due anni su diecimila individui di età superiore ai 21 anni, ha messo in risalto come, benché nel periodo immediatamente successivo all’introduzione di nuove politiche antifumo sia stata osservata una diminuzione del numero di fumatori e un aumento del peso corporeo medio della popolazione, a distanza di due anni le persone si sono abituate al nuovo stile di vita: fumando meno e diventando più attenti alle abitudini alimentari. Sono stati registrati infatti ridotti consumi di grassi, con valori ematici di colesterolo “cattivo” e trigliceridi più bassi.
FUMO E SOVRAPPESO
La prevenzione e la correzione di comportamenti che portano all’obesità o al consumo di tabacco sono diventate priorità sia dei governi nazionali che dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Solo negli Stati Uniti il sistema sanitario nazionale spende circa 117 miliardi di dollari per la lotta al fumo e 190 miliardi per l’obesità. E dai dati emerge che l’intensa campagna antifumo degli ultimi quarant’anni ha inciso in modo considerevole sul consumo di tabacco: se nel 1965 il 42 per cento degli statunitensi fumava, nel 2007 i fumatori erano calati al 20 per cento della popolazione. «Un aumento delle accise può avere due possibili effetti: si può smettere di fumare o decidere di risparmiare per permettersi le sigarette - commenta Riccardo Polosa, ordinario di medicina interna al policlinico di Catania e responsabile scientifico della Lega italiana antifumo -. Se nel primo caso non c’è nulla dire, il secondo atteggiamento può tradursi in un risparmio della spesa alimentare, a cui segue un peggioramento globale della qualità degli alimenti». Il motivo per cui chi smette di fumare fa rapidamente incontro a un aumento di peso è presto chiaro. «L’accumulo di grasso è dovuto in parte al rallentamento del metabolismo che si verifica quando viene a mancare la nicotina che, come la caffeina, modifica il metabolismo dei grassi e aumenta il consumo di energia - spiega Roberto Boffi, pneumologo responsabile della Fisiopatologia respiratoria e del Centro antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano -. Ma è giusto dire anche che ingrassare non è inevitabile e comunque, se ciò accade, è segno che il corpo si sta riappropriando delle sue funzioni fisiologiche, prima alterate dal tabacco».
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).