Il 31 è il World No Tobacco Day. Ecco gli studi che documentano gli effetti nocivi della nicotina che permane su mobili, tende e indumenti
Nella comunità scientifica lo chiamano fumo di terza mano. Ma in questo caso l’usato è tutt’altro che sicuro. Le sostanze prodotte con la combustione e immesse nell’aria di uno spazio chiuso rientrerebbero nella categoria del fumo passivo: dotate di un effetto cancerogeno legato alla capacità di queste molecole di alterare il Dna. Chi fuma in casa espone i familiari al fumo di terza mano, in grado di depositarsi su tende, tappeti, mobili, suppellettili e indumenti.
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NO AL FUMO INDOOR
Nei luoghi pubblici non si fuma da più di dieci anni. Nei cortili delle scuole da quasi un anno: e i primi risultati sono confortanti. Così i fumatori, per non estraniarsi o fumare da soli per strada, finiscono per fumare spesso tra le mura domestiche. E anche se lo fanno quando sono da soli, espongono comunque a un alto rischio i conviventi. Gli effetti del fumo “di terza mano”, infatti, sono ormai documentati. L’ultimo riscontro risale a qualche mese fa, quando uno studio pubblicato su Mutagenesis ha dimostrato, attraverso due saggi in vitro, come la nicotina sprigionata riesca, interagendo con l’ossido nitroso, a sintetizzare le nitrosamine, riconosciuti come cancerogeni indiretti dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) e in grado di provocare alterazioni nel Dna cellulare. «Il fumo di terza mano è più concentrato e rimane sulle superfici per almeno 4-6 ore - commenta Roberto Boffi, pneumologo responsabile del Centro antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano -. Il consiglio è di aprire le finestre e, quando si fuma sul balcone, aspettare qualche minuto prima di rientrare in casa».
RISCHIO EMULAZIONE
A essere più esposti al fumo di terza mano sono soprattutto i bambini che, sedendosi a terra, gattonando, toccando gli oggetti e poi mettendo le mani in bocca, rischiano di arrivare più spesso a contatto con i residui delle sigarette. Ricerche eseguite in Italia hanno dimostrato che il 52% dei bambini nel secondo anno di vita è abitualmente esposto al fumo passivo. Riguardo l'esposizione al fumo nelle famiglie italiane, invece, gli ultimi dati Istat disponibili riportano che il 49% dei neonati e dei bambini fino a 5 anni è figlio di almeno un genitore fumatore e il 12% ha entrambi i genitori fumatori. Circa un neonato su 5 ha una madre fumatrice.
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FIGLI DEI FUMATORI A RISCHIO DIPENDENZA
Ma c’è anche un altro rischio legato al fumo nell’ambiente domestico, oggi considerato un fattore in grado di condizionare le scelte dei figli. È stato uno studio appena pubblicato su Pediatrics a evidenziare come i figli di forti fumatori abbiano un rischio più alto di sviluppare la dipendenza in età adulta. Così, se fino a questo momento si era quasi certi che gli adolescenti prendessero confidenza con le sigarette per adeguarsi a uno status sociale, «oggi sappiamo che non sempre i figli si allontanano dai comportamenti di un genitore: questo studio dimostra l’esatto contrario, anche se non è ancora chiaro se esista un meccanismo epigenetico a regolare il fenomeno di emulazione», afferma Alessandro Oliva, responsabile del centro per il trattamento del tabagismo dell’ospedale Mauriziano di Torino.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).