Aumentare il prezzo delle sigarette, rimborsare le terapie per smettere di fumare e sostenere la ricerca scientifica indipendente. Sono fra le cinque richieste alle istituzioni nel documento presentato in un incontro al Parlamento europeo di Bruxelles
BRUXELLES - Il fumo di tabacco resta la prima causa di morte evitabile in Italia, oltre 70.000 vittime ogni anno, dieci volte tanto in Europa. Non si può più stare con le mani in mano: mancano fondi per la ricerca e per i trattamenti, i fumatori sono lasciati soli, mancano politiche fiscali incisive, mancano politiche di prevenzione consistenti ed efficaci. Questo il messaggio, forte e chiaro, che martedì 4 dicembre i principali esperti di lotta al tabagismo hanno portato dritto al cuore dell’Europa, al Parlamento di Bruxelles, in un incontro organizzato dall’European Network for Smoking and Tobacco Prevention (ENSP). Presenti i rappresentanti di società scientifiche, istituti di ricerca e di cura, associazioni di pazienti, è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione del tabacco in Italia (consumi, ricerca, terapie) e soprattutto per delineare le strategie necessarie e non più procrastinabili.
IL TABAGISMO È UN'EMERGENZA
L’evento è stato ospitato da Nicola Caputo, Parlamentare Europeo, insieme agli esperti di controllo del tabagismo: Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, Silvano Gallus, laboratorio di Epidemiologia degli stili di vita Istituto Mario Negri; Maria Sofia Cattaruzza, Vicepresidente SITAB; Roberto Boffi, direttore Pneumologia e Centro antifumo Istituto Nazionale dei Tumori di Milano; Enzo Zagà, Presidente SITAB; Biagio Tinghino, Past President SITAB; Laura Carrozzi, Università di Pisa; Giuseppe Gorini, ISPRO Firenze; Francisco R. Lozano, Presidente ENSP e Antonella Cardone, ENSP. Presenti anche, oltre a noi di Fondazione Umberto Veronesi, rappresentanti di associazioni di pazienti come Woman Against Cancer in Europe (WALCE) e l'Associazione per la Lotta all'Ictus Cerebrale (ALICe Italia), e l'associazione per la prevenzione e lotta ai tumori Salute Donna.
Silvio Garattini ha così aperto la discussione: «Mi occupo di lotta al tabagismo da più di 60 anni. Se ci guardiamo indietro, è stato un successo, con un calo consistente dei fumatori totali (uomini) dagli anni ’50 ad oggi. Ma a partire dal 2012 c’è stata una ripresa, salgono le percentuali delle donne fumatrici, anche le giovanissime». In questo quadro, c’è qualcosa a cui il professor Garattini non si intende rassegnare: «C’è una vistosa assenza di azione delle istituzioni, mentre si fanno sempre più pesanti le ingerenze dell’industria».
IL DOCUMENTO IN CINQUE PUNTI
Per questo è stato presentato un documento di proposta, stimolo e richiesta per le istituzioni, nazionali ed europee, che sono chiamate a difendere la salute pubblica. Cinque i punti considerati.
PRIMO: AUMENTARE IL PREZZO DELLE SIGARETTE
Aumentare in modo consistente la tassazione sulle sigarette di almeno 1 euro a confezione (pacchetto); adeguare il carico fiscale del tabacco per sigarette rollate a mano, degli altri prodotti del tabacco e dei prodotti del tabacco di nuova generazione (heated tobacco products) a quello delle sigarette convenzionali.
Lo afferma anche l’Organizzazione mondiale della Sanità: se si vuole ridurre la domanda di tabacco, «l’opzione più potente ed efficace rispetto ai costi, per qualunque governo al mondo, è il semplice aumento dei prezzi del tabacco tramite le accise». Si stima che ad ogni 10 per cento di aumento ci sia una riduzione di 4 punti percentuali dei consumi. Fra i più giovani soprattutto. Silvano Gallus tratteggia uno scenario: «Se in Italia si aumentasse il prezzo di 1 euro, si arriverebbe in media a 6,39 a pacchetto; considerando poco meno di 2.900 miliardi di pacchetti venduti in un anno, le entrate fiscali ammonterebbero a 14,7 miliardi». Una bella cifra, da allocare, ad esempio, in prevenzione per ridurre il numero dei futuri clienti delle multinazionali del tabacco. O ancora per aiutare a smettere chi non ci riesce e per curare chi di fumo si ammala. Per ora è, appunto, solo uno scenario ipotetico. Difficile da capire, soprattutto se si pensa alle decine di migliaia di persone che si ammalano e muoiono prima del tempo a causa del fumo, che convivono con condizioni di disabilità e sofferenza. I prezzi sarebbero troppo alti, si dice. «Ma anche solo considerando l’Europa – replica Gallus – Romania e Turchia hanno prezzi più alti (5,70 euro a pacchetto), in Francia un pacchetto si paga 6,30 euro e in Gran Bretagna 8,70». Si favorirebbe il contrabbando, si dice. «È una forte preoccupazione per l’industria del tabacco, in effetti; ma gli studi condotti finora non provano una relazione diretta con l’aumento dei prezzi». A questo proposito, Silvio Garattini ha commentato le nuove disposizioni del recente Decreto fiscale che, dopo vari tira e molla, riduce l’imposta di consumo sui liquidi di ricarica delle sigarette elettroniche (da circa 40 centesimi per millilitro a 4 e 8 centesimi, rispettivamente per liquidi senza e con nicotina): «Lo vediamo con disappunto: va contro l’interesse dei consumatori».
SECONDO E TERZO: AUMENTARE GLI SPAZI LIBERI DAL FUMO
Implementare l’attuale legge sui divieti di fumo, estendendola agli spazi aperti ad alta affluenza di pubblico, come pertinenze dei luoghi di cura, università, spiagge, stadi, concerti, stazioni, fermate dei mezzi pubblici, indipendentemente dalla presenza di bambini e donne in gravidanza.
Estendere l’attuale divieto di fumo nei luoghi chiusi pubblici e nei luoghi di lavoro pubblici e privati e i divieti sulle pubblicità alle sigarette elettroniche e agli heated tobacco products.
L’estensione delle aree smoke-free risponde almeno a tre obiettivi: aumentare le tutele per la salute dei non fumatori, ridurre i consumi per la salute dei fumatori, aiutare a rendere meno normale, ovvio e diffuso l’uso di sigarette e simili, spacciato per un piacere liberamente scelto ma nella gran parte dei casi poco più dell'obbediente esecuzione di una schiavitù.
QUARTO: MEDICI, CENTRI ANTIFUMO E TERAPIE
Fornire Linee Guida a livello nazionale per l’accreditamento dei Centri per il trattamento del tabagismo individuando risorse specifiche a sostegno di tale servizio, facilitando l’accesso dei fumatori e supportando allo stesso tempo i percorsi di formazione continua dei care givers; implementare e rendere stabili percorsi didattici sulla prevenzione e sul trattamento del tabagismo nelle università per i corsi di laurea di tutte le figure sanitarie; rendere rimborsabili i farmaci di provata efficacia per il trattamento del tabagismo, secondo criteri di appropriatezza, a partire dai pazienti già affetti da patologie croniche fumo-correlate.
I centri antifumo sono spesso luoghi in cui si spendono competenze di altissimo livello. Con una grande consapevolezza di quanto sia importante il lavoro che si sta facendo. A volte, con abnegazione. Ma le risorse sono scarse, scarsissime. E le terapie per uscire dalla dipendenza dal fumo, quando vengono prescritte, sono tutte a carico del paziente. «Manca un impegno pubblico», ha osservato Garattini: «A partire dal rimborso dei farmaci della cui utilità esiste una chiara evidenza scientifica. Una piccola cifra messa a disposizione per questi rimborsi avrà un guadagno enorme, dato l’impatto del fumo su malattie diffuse e costose da curare». Biagio Tinghino è stato presidente della società italiana di Tabaccologia (SITAB) ed è responsabile dell’Unità di Alcologia e nuove dipendenze e del centro antifumo dell’Azienda socio-sanitaria di Vimercate. Ha provato a tirare le somme: «Siamo davanti a una dipendenza, una malattia che va trattata». La gran parte dei fumatori che vuole smettere non riesce solo con la buona volontà. »Abbiamo a disposizione interventi con rapporto costo-efficacia straordinario: si stima che un semplice colloquio col medico di fiducia possa fare smettere definitivamente un fumatore su 80. Se si aggiungono una terapia farmacologica e/o un accompagnamento di tipo psicologico, questa quota raddoppia». Quanto costa far smettere di fumare? «Circa 498 euro per un trattamento (visita, monitoraggio telefonico, misurazione monossido di carbonio), se consideriamo che uno su tre ha successo, il costo per una persona che smette sale a poco più di 1.600 euro. Fra accise e tasse versate da comprando un pacchetto al giorno per 30 anni, un fumatore ha pagato 32.280 euro. Ha il diritto di essere curato, sì o no?». In sintesi, conclude Tinghino: «In Italia ci sono dodici 12 milioni di fumatori, i tre quarti vorrebbero smettere o ci hanno pensato. Garantire cure gratuite sarebbe un cambiamento vero in direzione della promozione della salute; una battaglia che avrebbe il sostegno della scienza; un piccolo impegno che produrrebbe una svolta epocale».
QUINTO: AUMENTARE LE RISORSE, ANCHE PER UNA RICERCA INDIPENDENTE
Utilizzando le maggiori entrate derivanti dall’aumento della tassazione (circa 2 miliardi per ogni euro di aumento a pacchetto), incrementare le risorse, nel Piano Nazionale della Prevenzione, per le attività strutturali e continuative di prevenzione del tabagismo, in particolare tra i giovani e le donne. Sostenere, inoltre, i servizi per il trattamento del tabagismo, le Quit Line e campagne di informazione e sensibilizzazione. Infine, allocare parte delle entrate per la conduzione di ricerca sul controllo del tabagismo, che sia indipendente dall’industria del tabacco e della sigaretta elettronica.
Il richiamo alla necessità di una ricerca indipendente è un punto cruciale. «L’accademia non deve accettare soldi dall’industria del tabacco, lo stesso le società scientifiche che si occupano di salute pubblica» ha spiegato con estrema chiarezza Silvio Garattini. «La loro presenza rischia di accreditarli come sostenitori della ricerca, mentre fanno i loro interessi». Il riferimento del farmacologo è ad esempio all’iniziativa SmokeFreeWorld, un mondo libero dal tabacco, portata avanti dalla Philip Morris. Più o meno mentre la stessa multinazionale organizzava strategie per sovvertire le politiche antifumo dell’Organizzazione mondiale della sanità (l’agenzia Reuters ha raccolto in un database e reso pubblici documenti interni all’azienda assai espliciti). Oppure mentre investiva decine di milioni di dollari per una battaglia legale contro l'Uruguay, reo di voler inserire immagini dissuasive sui pacchetti delle sigarette. Il succo è che la ricerca sulla dipendenza dal tabacco, nelle sue vecchie e nuove forme, resta un presidio fondamentale per aiutare chi sta pagando un prezzo troppo alto. Abbiamo bisogno di conoscenze scientifiche consistenti e non di informazioni promozionali. Per questo anche la Fondazione Umberto Veronesi ha sottoscritto un documento proposto da un vasto gruppo di esperti del controllo del tabagismo, per sottolineare l'importanza dell'indipendenza dall'industria del tabacco delle società scientifiche e altre istituzioni italiane e difendere la libertà del dibattito scientifico.
Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.