I vaccini a mRNA non solo evitano l'insorgenza dei sintomi ma bloccano anche l'infezione. Questo significa evitare di contagiare altre persone. I risultati pubblicati dal CDC statunitense e su Nature Medicine
I vaccini a mRNA per Covid-19 sono estremamente efficaci nell'evitare lo sviluppo dei sintomi e bloccano la trasmissione del virus. Sono questi, in estrema sintesi, i messaggi che emergono da due nuovi studi da poco pubblicati. Il primo, ad opera del CDC statunitense, ha dimostrato che non solo i vaccini a mRNA prevengono lo sviluppo dei sintomi ma agiscono anche sul contagio. Il secondo, apparso sulle pagine di Nature Medicine, dimostra che dopo la prima dose -anche in caso di infezione- la carica virale nei vaccinati è estremamente bassa. Un motivo in più per ritenere che queste persone comunque positive al virus non riescano ad infettarne altre.
L'EFFICACIA DEI VACCINI
Che i vaccini a mRNA siano estremamente efficaci nel prevenire lo sviluppo dei sintomi di Covid-19 non è più una novità. Trial clinici che hanno portato all'approvazione dei vaccini e i dati "sul campo" di milioni di somministrazioni ci dicono che questi sono straordinariamente efficaci nell'evitare l'insorgenza dei sintomi tipici della malattia. Un risultato non indifferente che si sta traducendo, nelle nazioni più in là con la campagna vaccinale, in riduzione nel numero di ricoveri e decessi.
BLOCCARE IL CONTAGIO
Ciò che ancora restava da capire era se i vaccini avessero anche capacità di immunità sterilizzante, ovvero la capacità di un vaccino non solo di bloccare il decorso della malattia ma anche di bloccarne la trasmissione virale. In altre parole bloccare la capacità di un individuo positivo ma asintomatico -proprio perché vaccinato- nel diffondere il virus ad altre persone. Dubbio che nel tempo si sta chiarendo sempre di più. Nelle scorse settimane uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha riportato che il vaccino di Pfizer-BioNTech si è dimostrato efficace nell'evitare l'infezione nel 92% dei casi.
Un dato ulteriormente confermato da quanto sta accadendo negli Stati Uniti. Nello studio del CDC circa 4 mila operatori sanitari e lavoratori appartenenti a categorie essenziali sono stati testati settimanalmente per la ricerca del coronavirus. Un modo per verificare se -oltre a non sviluppare sintomi della malattia e quindi valutare l'efficacia del vaccino- il preparato a mRNA fosse in grado di impedire la trasmissione. Dalle analisi è emerso che le persone che avevano completato il ciclo di vaccinazione avevano una probabilità di infettarsi ridotta del 90%. Non solo, a testimonianza dell'utilità del vaccino già dalla prima dose, la percentuale dopo 14 giorni dalla prima iniezione è stata prossima all'80%. Risultati che indicano chiaramente la capacità del vaccino di interrompere la trasmissione virale.
RIDURRE LA CARICA VIRALE
Ma a questo straordinario risultato si aggiunge quello pubblicato in queste ore sulle pagine di Nature Medicine. Nello studio, realizzato in Israele, gli scienziati dell'Israel Institute of Technology di Haifa hanno dimostrato che anche in caso di infezione in un individuo vaccinato, la carica virale rilevata è estremamente bassa. Caratteristica già presente dopo 12 giorni dalla prima iniezione. Una caratteristica che di fatto potrebbe essere associata ad una scarsa capacità, da parte della persona positiva, di infettare altre persone.
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.