Melanoma, tumori testa-collo e tumore del pancreas. I vaccini a mRNA, usati in modalità adiuvante, possono prevenire le recidive. I risultati presentati al congresso dell'AACR
L'idea di utilizzare i vaccini a mRNA per combattere il cancro non è affatto nuova. Dopo anni di sostanziali fallimenti siamo ad un punto di svolta. Complice il miglioramento della tecnologia in questione, l'utilizzo di questo approccio sta cominciando a dare risultati concreti. Ultimi in ordine di tempo sono gli studi presentati al recente congresso dell'American Association for Cancer Research (AACR) svoltosi a San Diego. I vaccini a mRNA si sono rivelati utili nel trattamento dei tumori testa collo e nel tumore del pancreas, specialmente nell'evitare le recidive post-operatorie.
LA TECNOLOGIA
I vaccini a mRNA hanno rivoluzionato la storia della pandemia. Un evento quasi "fortuito" perché nella realtà dei fatti sono stati inizialmente studiati, a partire dallo scorso decennio, come arma terapeutica contro il cancro. Ora, complice il loro utilizzo per Covid-19, si è rinnovato l'interesse dei vaccini a mRNA contro il cancro. Se per Covid-19 si è trattato di vaccini preventivi, in questo caso -è bene chiarirlo- si parla di vaccini terapeutici. Questi, stimolando il sistema immunitario, vengono utilizzati per innescare una risposta immunitaria diretta contro le cellule tumorali. Se per Covid-19 veniva iniettato l'mRNA utile a far produrre la proteina spike e generare così anticorpi contro di essa, i vaccini terapeutici per il cancro innescano una risposta contro una proteina specifica (antigene tumorale) della cellula cancerosa assente invece nelle cellule sane. In questo modo il sistema immunitario combatte il tumore risparmiando tutto il resto.
I FALLIMENTI
L'idea di base è dunque semplice. Perché allora non si è mai riusciti a metterla in pratica sino ad oggi? A spiegarlo -come raccontato in un nostro precedente articolo- è Michele Maio, ordinario di Oncologia dell’Università di Siena, direttore del Centro di Immuno-Oncologia presso l’ospedale Policlinico Le Scotte di Siena e presidente di Fondazione NIBIT: «Nel passato le sperimentazioni cliniche con vaccini terapeutici, utilizzati da soli, hanno purtroppo avuto alterna fortuna sia per le più limitate conoscenze tecnologiche ed immunologiche, che a causa di un errore metodologico di approccio. Infatti, negli scorsi anni l’efficacia di questi strumenti terapeutici in grado di agire sul sistema immunitario veniva valutata secondo i criteri tipici della classica chemioterapia, come ad esempio la capacità di ridurre la massa tumorale entro una certa finestra temporale. Con gli anni abbiamo capito che i farmaci immunoterapici, ed ancor più i vaccini terapeutici che richiedono più tempo per agire, occorreva cambiare il metodo con cui valutarne l’efficacia clinica. Ora, complice la pandemia che è stata controllata anche grazie ai vaccini ad mRNA, si è rinnovato l’interesse di questi agenti terapeutici contro il cancro».
I RISULTATI NEL MELANOMA
I primi promettenti risultati presentati lo scorso anno riguardano il melanoma. Moderna e MSD hanno presentato i risultati di uno degli studi più avanzati, KEYNOTE-942, riguardante il melanoma in fase III/IV ad alto rischio di recivida. Nel trial gli scienziati hanno comparato l'utilizzo del solo pembrolizumab -un immunoterapico già in uso per molti tumori- con la combinazione di pembrolizumab e mRNA-4157/V940, il vaccino creato per stimolare la risposta contro alcune proteine tipiche del melanoma. I pazienti coinvolti erano persone con melanoma in fase III/IV che avevano subito l'asportazione totale del tumore. Dalle analisi dello studio di fase IIb -dunque non ancora esaustivo- è emerso che la combinazione delle due strategie in modalità adiuvante (ovvero per evitare che la malattia si ripresenti, strategia già utilizzata con successo nel melanoma) ha portato ad una riduzione del rischio di recidiva e di morte del 44% rispetto al solo pembrolizumab.
LO STUDIO NEI TUMORI TESTA COLLO
Un altro vaccino in sperimentazione è quello sviluppato dall'azienda biotech francese Transgene per i tumori testa-collo. I promettenti risultati sono stati annunciati al congresso dell'AACR. Lo studio ha riguardato 33 pazienti con questo genere di neoplasia ed aveva l'obiettivo di valutare la capacità del vaccino a mRNA TG4050 di prevenire lo sviluppo di recidive immediatamente dopo la chirurgia, ovvero nella modalità adiuvante. A metà pazienti è stato somministrato il vaccino dopo la chirurgia, gli altri lo hanno ricevuto solo in caso di effettiva recidiva. Dalle analisi è emerso che a 16 mesi dall'operazione nessuna persona che ha ricevuto il vaccino ha sviluppato una recidiva contro i tre casi di tumore nel gruppo dei non vaccinati. Quanto ottenuto, per l'esiguità dei numeri, non dimostra ancora l'efficacia del vaccino nel prevenire le recidive ma i segnali ci sono tutti. Nei pazienti vaccinati infatti si è riscontrata la presenza di cellule del sistema immunitario capaci di riconoscere gli antigeni tumorali.
I BENEFICI NEL TUMORE DEL PANCREAS
L'altra grande novità riguarda il vaccino terapeutico contro il tumore del pancreas. BioNTech e Genentech, le aziende produttrici del vaccino, ad AACR hanno presentato i risultati sull'utilizzo del vaccino a mRNA -sempre somministrato in modalità adiuvante dopo chirurgia- in associazione a chemioterapia e immuniterapia. Dalle analisi è emerso che a distanza di un anno e mezzo, 8 pazienti su 16 hanno sviluppato una risposta immunitaria contro il tumore. Di questi solo due hanno avuto una recidiva. Per contro, 7 degli 8 pazienti che non hanno sviluppato alcuna risposta sono andati incontro a recidiva. Un risultato importante, anche in questo caso preliminare, che indica chiaramente la possibilità di ridurre il rischio di tumore se la persona riesce a sviluppare un'adeguata risposta immunitaria. Per capire ancora di più la portata del risultato basti pensare che generalmente le recidive si sviluppano entro un anno. Nello studio la durata dell'osservazione è stata di 18 mesi.
PROSPETTIVE FUTURE
Quanto ottenuto in questi studi non rappresenta di certo la soluzione al problema cancro. Ma rispetto al passato, dove i vaccini a mRNA hanno sempre fallito, siamo di fronte ad uno spartiacque. Anche se c'è ancora molto da dimostrare, i dati cominciano ad indicare chiaramente l'utilità dell'utilizzo di questo approccio specialmente in modalità adiuvante. Secondo gli addetti ai lavori infatti la rimozione del tumore potrebbe ridurre la capacità della malattia di sopprimere la risposta immunitaria. In questo modo si creerebbe un ambiente favorevole per innescare una risposta efficace contro le cellule residue (quelle che possono generare metastasi e recidive) indotta dal vaccino. Allo stato attuale sono molte le sperimentazioni in corso i cui risultati sono attesi di qui ai prossimi anni.
Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.