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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 27-08-2024

Tumore del polmone: a cosa serve il vaccino a mRNA?



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Aumentano le sperimentazioni di vaccini terapeutici a mRNA contro il cancro. Dopo il melanoma è l'ora del polmone. Il punto della situazione

Tumore del polmone: a cosa serve il vaccino a mRNA?

Entra nel vivo la prima sperimentazione al mondo di un vaccino a mRNA (BNT116) con intento curativo per il tumore del polmone. A darne notizia è stata la University College di Londra con l'annuncio della prima somministrazione in Inghilterra. Non si tratta però della prima persona in assoluto poiché il trial clinico LuCa-MERIT-1 in realtà è partito nel giugno 2022. Nei prossimi mesi arriverà a coinvolgere 130 malati suddivisi in 34 centri di cura tra Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Ungheria, Polonia, Spagna e Turchia. Un annuncio importante che non deve però fare dimenticare i grandi progressi raggiunti proprio negli ultimi anni nel trattamento del tumore del polmone.

COME FUNZIONA UN VACCINO TERAPEUTICO?

I vaccini a mRNA hanno rivoluzionato la storia della pandemia. Un evento quasi "fortuito" perché nella realtà dei fatti sono stati inizialmente studiati, a partire dallo scorso decennio, come arma terapeutica contro il cancro. Da qualche tempo a questa parte però, complice il loro utilizzo per Covid-19, si è rinnovato l'interesse dei vaccini a mRNA contro il cancro. Se per Covid-19 si è trattato di vaccini preventivi, in questo caso -è bene chiarirlo- si parla di vaccini terapeutici. Questi, stimolando il sistema immunitario, vengono utilizzati per innescare una risposta immunitaria diretta contro le cellule tumorali. Se per Covid-19 veniva iniettato l'mRNA utile a far produrre la proteina spike e generare così anticorpi contro di essa, i vaccini terapeutici per il cancro innescano una risposta contro una proteina specifica (antigene tumorale) della cellula cancerosa assente invece nelle cellule sane. In questo modo il sistema immunitario combatte il tumore risparmiando tutto il resto.

I RISULTATI NEL MELANOMA

Il primo tumore che ha visto la sperimentazione di un vaccino a mRNA è stato il melanoma. Come abbiamo raccontato qui in un nostro articolo, lo studio KEYNOTE-942 ha riguardato il melanoma in stadio III/IV ad alto rischio di recivida. La sperimentazione aveva l'obiettivo di comparare l'utilizzo del solo pembrolizumab -un immunoterapico già in uso per molti tumori- con la combinazione di pembrolizumab e mRNA-4157 (V940), il vaccino creato per stimolare la risposta contro alcune proteine tipiche del melanoma. Dalle analisi è emerso che la combinazione è stata in grado di ridurre il rischio di recidiva in maniera più efficace rispetto alla terapia standard con la sola immunoterapia.

LO STUDIO NEL TUMORE DEL POLMONE

Ora è la volta del polmone (ma in realtà sono in sperimentazione anche quelli per i tumori testa-collo e non solo). In questo caso il vaccino consiste di 6 differenti mRNA che porteranno, in chi li riceve, a produrre una risposta immunitario contro 6 proteine normalmente presenti solo nelle cellule tumorali di polmone. Ad alcuni pazienti verrà somministrata una combinazione di cemiplimab (un immunoterapico) e vaccino, ad altri solo il vaccino. La speranza è che la combinazione possa tenere sotto controllo la crescita tumorale nel lungo periodo. L'annuncio fatto nei giorni scorsi dalla University College di Londra non segna però l'avvio della sperimentazione. Il trial clinico LuCa-MERIT-1 è partito in realtà nel giugno 2022 coinvolgendo inizialmente 18 pazienti con tumore del polmone in stadio avanzato non operabile o metastatico. I primi risultati positivi, pubblicati nel novembre 2023, hanno portato ad estendere la sperimentazione a 130 pazienti tra Stati Uniti ed Europa.

LE CURE DISPONIBILI PER IL TUMORE DEL POLMONE

Attenzione però a pensare di riporre tutte le aspettative sui vaccini terapeutici a mRNA per la cura del tumore del polmone. Negli ultimi anni le terapie per questo genere di neoplasia hanno fatto passi avanti da gigante. Se nelle forme più avanzate immunoterapia e terapie a target molecolare stanno consentendo di controllare la malattia sul lungo periodo, in quelle più precoci questi due approcci si sono dimostrati fondamentali nel ridurre drasticamente il rischio di recidiva. Messaggi ribaditi più volte (come abbiamo avuto modo di raccontare in questo nostro approfondimento) durante le ultime edizioni del congresso dell'European Society of Clinical Oncology e dell'American Society of Clinical Oncology.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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