Chiudi
Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 01-02-2018

Il vaccino antinfluenzale fa bene al cuore



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Con l'influenza il rischio di infarto può aumentare fino a sei volte, specie negli anziani. Coperture vaccinali più alte limiterebbero i danni per il cuore

Il vaccino antinfluenzale fa bene al cuore

A letto finora sono finiti cinque milioni di italiani: con 381 casi gravi e 64 decessi, questi i dati diffusi dall'Istituto Superiore di Sanità al 25 gennaio. L'influenza, quest'anno, ha fatto il «botto».


Le tre vaccinazioni raccomandate per la gravidanza

PERCHÈ IL VACCINO ANTINFLUENZALE NON PROTEGGE TUTTI

Colpa di un «virus campione di trasformismo e di vaccino altamente imperfetto: quando va bene, vacciniamo cento persone per coprirne sessanta», afferma Giancarlo Icardi, direttore dell'unità operativa complessa di igiene dell'azienda ospedaliero-universitaria San Martino - IST di Genova. Ma pure di una «copertura vaccinale che avrebbe potuto essere migliore, soprattutto negli anziani», gli fa eco Massimo Galli, direttore della clinica universitaria di malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano e presidente della società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit). Eppure, nonostante i suoi limiti, la vaccinazione antinfluenzale è un valido strumento di prevenzione, sopratutto nei confronti dell'infarto del miocardio, considerata la prima causa di morte di origine cardiovascolare. 


L'influenza può provocare la miocardite?


L'INFLUENZA AUMENTA IL RISCHIO DI INFARTO

La conferma emerge da uno studio canadese pubblicato sul New England Journal of Medicine, da cui emerge come il rischio di avere un attacco di cuore aumenti fino a sei volte quando si ha l'influenza. Il rischio, che cessa una settimana dopo la fine dei sintomi, è maggiore per gli anziani, per le persone colpite dal virus B (il più presente nella stagione agli sgoccioli) e per chi non ha mai avuto prima un infarto. I ricercatori dell'Institute for Clinical Evaluative Sciences di Toronto hanno analizzato i dati di oltre ventimila persone. Da qui - ricorrendo alle analisi di laboratorio, per confermare che a causare l'infezione fosse stato uno dei virus influenzali - s'è arrivati a scoprire che in 332 casi i pazienti hanno avuto anche un attacco cardiaco nel periodo che va da un anno prima a un anno dopo la diagnosi. La maggior probabilità di attacco cardiaco è stata vista anche per altre infezioni respiratorie, ma in misura minore rispetto all'influenza. Andando a misurare l'incidenza di infarti durante la prima settimana, i ricercatori hanno dimostrato che l’influenza aumenta di circa sei volte l’incidenza di infarti, in persone che partono da un rischio individuale paragonabile.

CHI DEVE FARE IL VACCINO ANTINFLUENZALE?

IL RUOLO DELL'INFIAMMAZIONE

I risultati confermano l'importanza di effettuare la vaccinazione antinfluenzale: sopratutto se si sono superati i 65 anni o se comunque si convive già con alcuni fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione, fumo di sigaretta, ipercolesterolemia, diabete e sindrome metabolica). da qui l'appello dei ricercatori a «prendere tutte le precauzioni per prevenire le infezioni respiratorie: dal vaccino al lavaggio delle mani». I ricercatori canadesi non hanno spiegato quale potrebbe essere il legame tra l'influenza e l'aumentato rischio di sviluppare un evento cardiovascolare. Ma dal momento che la possibile correlazione era emersa già da precedenti lavori, l'ipotesi più suffragata è quella che conduce al ruolo dell'infiammazione. «Dipende tutto dal rischio di partenza, motivo per cui è più difficile che un giovane influenzato vada incontro a un infarto - afferma Jeff Kwong, epidemiologo e medico di famiglia, primo autore della pubblicazione -. Ma se è in corso un processo infiammatorio, il corpo è sotto stress. I livelli di ossigenazione del sangue e la pressione sanguigna possono abbassarsi drasticamente e portare così alla formazione di coaguli nelle arterie che irrorano il cuore».


Influenza: il decalogo della prevenzione


Gli operatori sanitari devono vaccinarsi?

Gli operatori sanitari devono vaccinarsi?

28-12-2017
CEPPI DI VIRUS DIVERSI DAL PREVISTO

L'epidemia di influenza in Italia ha appena superato il suo picco e ora inizia a diminuire il numero di casi. I contagi, dall'inizio della sorveglianza, hanno superato la quota di cinque milioni. Ma come mai l'impatto dell'influenza quest'anno è stato maggiore rispetto a quelli precedenti? «La vaccinazione è stata meno efficace rispetto ad altre occasioni, perché la composizione dei virus circolanti nelle ultime settimane è stata molto eterogenea - chiosa Icardi -. All'inizio è circolato sopratutto il virus H3N2, poi i due virus di tipo B, che normalmente colpiscono i bambini e i giovani adulti, si sono diffusi assieme. Nelle ultime settimane, invece, è stata la volta dell'H1N1. In Italia risulta vaccinato soltanto il 15 per cento della popolazione e comunque, nella maggior parte delle regioni, si usa il vaccino trivalente, che non protegge dal virus B Yamagata. Questo spiega molto del trend dell'influenza in questa stagione».

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina