Chi consuma sette porzioni al giorno di cereali raffinati sembra correre rischi più elevati per la salute cardiovascolare. Confermato il valore delle fibre alimentari
Il pane bianco, i croissant, che buoni. Ma niente di buono per la nostra salute. Un nuovo studio conferma infatti i dati negativi legati al consumo di cereali raffinati. Cresce il rischio cardiovascolare, di ictus e di morte prematura. La ricerca è stata coordinata dalla canadese Mc Master University (Hamilton) coinvolgendo oltre 148 mila persone di 21 paesi con analisi durate 16 anni. I dati sono stati pubblicati su The British Medical Journal. Lo studio, di nome «Pure», ha esaminato le abitudini alimentari dai Paesi più poveri a quelli più ricchi, constatando che sono molto aumentati negli anni i consumi di cereali raffinati e di zuccheri aggiunti.
Ecco perché è meglio mangiare cereali integrali
UNICO ASSOLTO IL RISO BIANCO
I cereali sono stati divisi in tre gruppi: raffinati, integrali e riso bianco. I cereali raffinati includevano prodotti fatti con farina bianca, come pane bianco, pasta, cereali per la colazione, crackers e prodotti da forno contenenti cereali raffinati. I cereali integrali includevano le farine da cereali integrali (per esempio di grano saraceno) e i prodotti cucinati con queste farine. E ora le cifre dello studio canadese, in cui sono stati presi in esame quanti consumano più di sette porzioni al giorno di cereali raffinati e riferisce che questa dieta si associa a un rischio aumentato di morte prematura (+27 per cento), di disturbi cardiaci (+33 per cento) e ictus (+47 per cento). Non sono stati invece trovati pericoli legati al consumo di cereali integrali e riso bianco. Il riso è dunque l’unico cereale «bianco» assolto.
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UNA PORZIONE: 50 GRAMMI DI PANE
Il consiglio con cui si conclude la ricerca è ovvio: mangiare pochi prodotti del frumento raffinati e dare la preferenza ai grani di cereali interi. Anche per il riso, alla fine, si consiglia quello integrale. A Maria Benedetta Donati, a capo del laboratorio di medicina traslazionale dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia) e vicepresidente del comitato scientifico di Fondazione Umberto Veronesi, domandiamo innanzitutto che cosa si intende, nella ricerca della Mc Master University, per porzione. Espressione che spesso lascia nell’incertezza i consumatori. «L’unità di base è 50 grammi di pane, ecco cosa si intende per una porzione. Quelle considerate nello studio, sette, equivalgono dunque a 350 grammi. Con un consumo a questo livello di cereali bianchi, c’è un importante aumento della mortalità e degli eventi cardiovascolari».
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Aggiunge Donati: «Questo gruppo di studio canadese è di grande valore e molto valida la loro indagine, così vasta. E così lunga: in media tutte le persone sono state seguite per quasi dieci anni. E non è stato facile trovare le equivalenze tra le abitudini alimentari di Paesi diversi e di diverso reddito. E valutare al tempo stesso il consumo di alimenti sani come frutta, verdura, pesce, che rientrano nella dieta mediterranea. Una dieta che si sa salutare e che ha tra i suoi cardini i cereali integrali, consumo ridotto di carne rossa e di formaggi stagionati».
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LA CULTURA È SALUTARE
Ma ci sono altri fattori che pesano sul rapporto alimentazione-rischio: a sfavore la povertà, a favore un alto grado di istruzione. Donati spiega: «C’è un detto tra chi si occupa di questi temi: “Ne ammazza più il basso reddito che il colesterolo”. La prenda come una battuta, ma c’è della verità. Oggi la dieta mediterranea la segue chi può permettersela: costi più elevati dei cibi sempre freschi, tempo per non ricorrere mai ai surgelati, cotture lunghe di pasta e grani integrali…». Ma c’è un’altra domanda essenziale finora non risolta. Dice la ricercatrice: «Ci si chiede: i cibi raffinati sono più pericolosi per quello che è stato tolto nella raffinazione oppure per i processi di preparazione a cui sono sottoposti?».
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I MOLISANI DIVENTANO «MOLI...SANI»
Donati è anche responsabile del Neuromed Biobanking Centre, struttura ad alta tecnologia appositamente realizzata per seguire studi di grandi dimensioni. Parlare con lei è spalancare una sequela di dati sul cibo e la salute con un’indagine aperta da oltre 15 anni. Ed eccoci dentro lo studio sugli abitanti del Molise che, con una lineetta, ha originato un simpatico gioco di parole: Moli-sani. Partito nel marzo 2005, il Progetto Moli-sani ha coinvolto circa 25.000 cittadini, residenti in Molise, per conoscere i fattori ambientali e genetici alla base delle malattie cardiovascolari, dei tumori e delle malattie neurodegenerative. Lo studio è tuttora in corso.
NOI PEGGIO DI ALTRI EUROPEI
D’altra parte un altro progetto dello stesso gruppo, esteso a tutta Italia, lo studio Inhes, ci informa sulle percentuali di consumi sani o poco salutari: nell’indagine sono stati contattati tra il 2010 e il 2013, 9.422 cittadini dai 5 anni in su. Così è risultato che quasi il 30 per cento consuma cereali integrali con un 22 per cento anche tra bambini e adolescenti. Un buon risultato? Per niente, è la risposta dei ricercatori del Neuromed, il dato è basso e oltretutto è molto più basso di altri Paesi europei. E dire che la osannata dieta mediterranea è nata da noi.
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.