Diffuse le nuove linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel mirino snack dolci e bevande gassate. Ma l’Italia si schiera contro
Il messaggio arriva dall’alto. È l’Organizzazione Mondiale della Sanità a suggerire una stretta al consumo di zuccheri aggiunti: al di sotto del dieci per cento dell’apporto energetico quotidiano (non più di 50 grammi, pari a circa 12 cucchiaini), se possibile arrivando anche alla metà.
L’input è stato lanciato per frenare la diffusione del sovrappeso e dell’obesità, soprattutto tra i più piccoli.
Nell’attesa della risposta da parte dei singoli Stati, resta fermo un principio: non ci sono alimenti da demonizzare, ciò che conta innanzitutto è la qualità complessiva della dieta.
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L’ORA DELLA STRETTA
Le linee guida rappresentano una delle funzioni normative più importanti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal momento che nessun altro ente ha lo stesso peso. L’ultima raccomandazione è giunta al termine dell’ultimo Consiglio Esecutivo dell’Oms, da poco conclusosi a Ginevra.
La stretta è stata imposta sugli zuccheri semplici, mono e disaccaridi aggiunti agli alimenti per soddisfare il desiderio inconscio di avere energia disponibile a breve termine.
Il limite può sembrare alto, ma così in realtà non è. La difficoltà sta nel misurare il contenuto dei prodotti industriali, tutt’altro che trascurabile. Giusto qualche esempio: una lattina di bibita gassata contiene almeno dieci cucchiaini, un succo di frutta può arrivare a cinque, un gradino più in basso si collocano i cereali da colazione. Così è più facile capire perché raggiungere il valore soglia non è affatto impossibile.
Gli zuccheri semplici sono responsabili dei rapidi aumenti dei livelli di glicemia e insulina nel sangue. Nessun riferimento, invece, a quelli naturalmente presenti in frutta, verdura, ortaggi, latte e prodotti derivati: per cui la letteratura scientifica non certifica alcun effetto dannoso - evitando comunque qualsiasi eccesso - per la salute.
A COSA SERVONO I CARBOIDRATI?
LA LOTTA AI CHILI DI TROPPO
Secondo uno studio pubblicato un anno fa su Jama Internal Medicine il consumo di una lattina al giorno di bevande zuccherate aumenta di oltre un terzo il rischio di andare incontro a un evento cardiovascolare. Il problema è molto sentito anche in Italia. Stando ai più recenti dati Istat, infatti, per queste cause si registrano oltre 224mila decessi all’anno in tutta la Penisola: pari al 38,8% del dato complessivo.
Alla base ci sarebbe l’aumento di peso, ritenuto un fattore di rischio anche per il diabete e per diversi tumori. «Solide evidenze ci dicono che non superando un apporto quotidiano di zuccheri aggiunti del 10% si riduce l’insorgenza del sovrappeso, dell’obesità e della carie dentale», spiega Francesco Branca, direttore del dipartimento nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’Oms.
«Adesso è necessario un impegno diretto da parte degli Stati, se intendono ridurre l’impatto delle malattie croniche».
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COSA FA L’ITALIA?
In realtà a opporsi a questa stretta a Ginevra è stata proprio la delegazione italiana. «Siamo contrari a questa proposta che sta girando nel contesto internazionale: non è con questo tipo di divieti che costruiamo una cultura dell'alimentazione», affermava nei mesi scorsi il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, contestando la solidità delle evidenze scientifiche portate a supporto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Contraria al taglio si è rivelata anche una larga parte dell’industria, come dimostra la posizione assunta da Federalimentare. L’iniziativa ha colto di sorpresa i 33 Paesi membri del consiglio esecutivo, dato che le situazioni più delicate non riguardano l’Italia, che ha tassi di obesità ridotti rispetto ad altre nazioni.
Quanto all’assunzione di zuccheri semplici, presenti soprattutto negli snack che si consumano tra un pasto e l’altro, Gran Bretagna e Spagna raggiungono anche il 17% dell’apporto calorico quotidiano, mentre quasi tutti gli altri Paesi europei si attestano tra il 7 e l’8 per cento. Tra i bambini, invece, il tasso più alto lo fa registrare il Portogallo: 25 per cento. Seguono Danimarca, Svezia e Slovenia (12%).
Il monito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riguarda però tutti, senza distinzioni: «La maggior parte di questi zuccheri è nascosta e un’etichettatura più chiara potrebbe aiutare a ridurne i consumi». È un primo passo deciso nella lotta al cibo spazzatura, in attesa che si regolamenti anche la pubblicità di alimenti poco salutari in fascia protetta e che i Governi avviino un dialogo costruttivo con le industrie.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).