Lettori disorientati da un’informazione a volte approssimativa o sensazionalistica. Giornalisti e oncologi a confronto sui recenti casi della carne rossa e del vaccino antitumorale
Il dibattito è nato da una delle ultime notizie scientifiche che hanno trovato spazio sulle prima pagine dei giornali. Davvero un giorno basterà un solo vaccino per innescare una risposta efficace contro tutti tumori? Prevedere un simile scenario, oggi, non è possibile. Motivo per cui, di fronte agli annunci roboanti, i giornalisti dovrebbero sì fare il loro lavoro: dare le notizie. Ma contestualizzandole, dando la priorità alla qualità dell’informazione, piuttosto che alla tempestività. Questo è quanto serve per operare nel migliore dei modi e mettere a disposizione del lettore un servizio in grado di anticipare gli scenari della ricerca scientifica, senza creare illusioni tra i pazienti.
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IL CASO: IL VACCINO ANTI-TUMORI ARRIVA IN PRIMA PAGINA
Qual è il confine tra la corretta informazione scientifica e il sensazionalismo privo dei dovuti riscontri? Il tema è stato al centro della discussione durante il secondo corso per giornalisti medico-scientifici e oncologi, organizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) all’interno dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Dopo aver passato in rassegna il lavoro svolto in occasione della comunicazione data dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) circa la cancerogenità delle carni trasformate, giornalisti e oncologi si sono confrontati sulla notizia che lo scorso primo giugno ha trovato ampio spazio sui media: giornali, siti internet e tv. «Trovato il vaccino contro i tumori», titolava in prima pagina Il Giornale. «Lotta al cancro, pronto il vaccino universale»: questo il messaggio veicolato attraverso le colonne de Il Mattino. Su La Stampa s’è parlato del possibile «Santo Graal dell’oncologia». Più prudenti, invece, si sono rivelati gli articoli pubblicati sul Corriere della Sera e La Repubblica, con quest’ultimo unico quotidiano nazionale a non aver riservato un richiamo in prima pagina sull’edizione del quotidiano in edicola il due giugno.
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COSA DICONO GLI ONCOLOGI
La trattazione sui media dell’argomento, approfondito da un gruppo di ricercatori tedeschi in uno studio pubblicato su Nature, una delle più autorevoli riviste scientifiche, ha diviso gli oncologi. C’è chi, come Saverio Cinieri, direttore dell’unità di oncologia medica e della breast unit dell’ospedale Perrino di Brindisi, è convinto «che la notizia andasse data e che diversamente la stampa non avrebbe fornito un servizio adeguato ai lettori. In tutto il mondo l’annuncio ha avuto ampio spazio sui media, anche se in alcuni casi la cura nei dettagli dell’informazione è venuta meno e i titoli sono stati troppo sensazionalistici, pure rispetto a quanto poi riportato all’interno degli articoli». Più drastico, invece, il parere di Stefania Gori, direttore dell’unità di oncologia medica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e presidente eletto dell’Aiom.
«Dal giorno dopo alcuni pazienti hanno iniziato a chiedere ragguagli. I risultati ottenuti dai colleghi sono incoraggianti, ma la stampa avrebbe dovuto dare maggiore enfasi ai numeri dello studio, condotto su modello animale e appena tre pazienti, affetti dallo stesso tumore: il melanoma. L’immunoterapia rappresenta un’arma in più per rallentare la progressione dei tumori. Ma dobbiamo distinguere tra percorsi terapeutici validati da studi clinici condotti in centinaia e centinaia di malati e altri i cui risultati derivano da studi sperimentali e da studi iniziali condotti in un piccolo numero di pazienti».
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ONCOLOGI E GIORNALISTI LAVORINO INSIEME
La notizia sul vaccino antitumorale è stata rilanciata dalle agenzie di stampa poco dopo le 17. Nel giro di un paio d’ore ha trovato spazio sui siti internet delle principali testate nazionali, che il giorno successivo l’hanno rilanciata anche sui quotidiani. Il tempo per approfondire la questione, dunque, non c’è stato. «Ma non sarebbe stato più corretto prendersi qualche ora in più per interpellare gli oncologi italiani per presentare la notizia in maniera più esaustiva?», si chiede Gori. «In questo modo non si sarebbero create aspettative poi deluse dalle notizie emerse nei giorni seguenti, quando la portata dei risultati è stata in parte smorzata».
Ma la velocità con cui oggi circolano le informazioni, non soltanto scientifiche, rende a volte difficile aspettare. Di conseguenza è giusto chiedersi se la necessità di non «bucare» la notizia avrebbe potuto viaggiare a braccetto con una trattazione più approfondita. «Sì, anche se una simile scelta richiede una maggiore disponibilità da parte degli specialisti - chiosa Cinieri -. Ci capita troppo spesso di farci trovare su un piedistallo, convinti che i giornali ci aiutino a parlare soltanto ai nostri colleghi. Dovremmo imparare a spiegare in maniera semplice, senza essere superficiali, realtà ben più complesse come quelle che determinano l’insorgenza dei tumori e le relative risposte terapeutiche».
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PRIMO PASSO: SCEGLIERE FONTI QUALIFICATE
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).