Quando la terapia non funziona: limiti e sfide della medicina
Ad oggi, la scienza e la medicina non sono in grado di curare tutte le malattie ma è lo strumento migliore che abbiamo per provarci
La medicina, grazie alla ricerca scientifica portata avanti da scienziati e medici in tutto il mondo, ha fatto passi da gigante nella cura di molte patologie: grazie alle vaccinazioni sono state sconfitte la maggior parte delle malattie infettive, almeno nei paesi industrializzati, e non si muore più di vaiolo o colera. Da moltissimi tumori, come quello alla prostata o al seno, se diagnosticati in tempo si guarisce. Negli anni Settanta del Novecento, chi si ammalava di leucemia sopravviveva solo nel 40% dei casi, oggi questa percentuale è salita al 70%; si tratta di traguardi scientifici di straordinaria portata.
Tuttavia, in molti altri casi ancora non esistono terapie efficaci; ci sono migliaia di persone che vivono drammi personali combattendo con una malattia oncologica, o una patologia genetica rara, e non tutti ahimè vincono la loro battaglia.
Il corpo umano è una macchina estremamente complessa, e molte malattie del nostro tempo, come quelle oncologiche o neurodegenerative, sono a loro volta causate da un gran numero di variabili genetiche e ambientali; una foresta intricata di cause che solo adesso i ricercatori stanno iniziando a esplorare.
Prendiamo il caso di una chemioterapia che funziona, diciamo , nell’80% dei casi di tumore; si tratta di una terapia considerata, a ragione, valida ed efficace, ma un medico sa che quando si troverà davanti al singolo paziente, questo non guarirà all’80%: o guarirà del tutto, o non guarirà.
La statistica e l’epidemiologia, che hanno portato e portano tutt’ora grandi benefici alla medicina e delle quali non si può fare a meno, perdono di senso quando si ha davanti la persona, il paziente. Questo esempio mette in luce forse uno dei più grandi limiti della medicina moderna, e gli scienziati ne sono consapevoli: la ricerca medica del futuro, infatti, sta puntando sempre di più verso le “cure personalizzate”. Non più, quindi, una chemioterapia uguale per tutti, ma terapie studiate su misura per ogni tumore e per ogni paziente. Per trasformare quell’80% di successi in un 100%. Per fare tutto questo, l’unica strada sicura è la ricerca.
E la ricerca purtroppo non è veloce come vorremmo, proprio perché studia fenomeni molto complessi. Ci vuole tempo, studi approfonditi e numerosi esperimenti per riuscire a capire cosa va storto in una malattia e, di conseguenza, capire come poterlo curare. Nonostante la medicina progredisca sempre più velocemente, i tempi della ricerca sono dell’ordine di anni, talvolta di decenni.
Queste considerazioni dovrebbero quindi sempre farci diffidare dai “maghi” di turno che saltano fuori dal nulla con “bacchette magiche” pretendendo di curare malattie anche molto complesse: ne abbiamo purtroppo un esempio fresco nella cronaca, con il caso Stamina.
Io comprendo, dal punto di vista umano, il dramma dei pazienti e delle famiglie che hanno perso fiducia nella “scienza classica” perché non li può ancora guarire. Capisco l’impotenza e la rabbia verso la scienza che gli chiede di aspettare, per una cura, un tempo che non avranno mai. I malati di oggi non possono aspettare. Non si può quindi condannare o criticare moralmente chi non ha più niente da perdere e tenta il tutto per tutto. Ma come Stato, come Istituzioni e come cittadini non dobbiamo mai dimenticare che l’unico modo che abbiamo per avere delle nuove cure davvero efficaci è attraverso la ricerca e l’applicazione di un rigoroso metodo scientifico: per quanto lungo e talvolta tortuoso questo percorso possa essere.