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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 06-06-2022

Tumore dell'esofago: l'importanza della diagnosi precoce



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Metà dei casi viene diagnosticato in fase tardiva. La sola chemioterapia non porta a vantaggi significativi sulla sopravvivenza ma se unita all'immunoterapia le cose cambiano. I risultati presentati ad ASCO

Tumore dell'esofago: l'importanza della diagnosi precoce

Il tumore dell'esofago, la malattia degli ultimi. La maggior parte dei casi che ogni anno si registrano, circa 2400 all'anno nella sola Italia, riguarda pazienti fragili con problemi concomitanti di alcol e fumo. Oltre la metà dei casi viene diagnosticato in fase avanzata quando le terapie non possono fare più nulla. Qualcosa però incomincia a muoversi: al congresso dell'American Society of Clinical Oncology di Chicago (ASCO), il più importante appuntamento mondiale dedicato alla ricerca clinica sul cancro, sono stati mostrati i primi dati sul vantaggio dell'utilizzo dell'immunoterapia nel trattamento del tumore all'esofago. Non certo la soluzione alla malattia ma la possibilità di migliorare notevolmente le prospettive di vita.

DIAGNOSI TARDIVA E TERAPIE POCO EFFICACI

Il tumore dell'esofago è una neoplasia causata prevalentemente dal forte consumo di alcol e fumo di sigaretta. Oltre la metà delle diagnosi è in fase avanzata, quando la malattia è più difficile da trattare. Infatti, la sopravvivenza a 5 anni è pari al 12% negli uomini e al 17% nelle donne. Purtroppo anche sul fronte delle terapie fino ad oggi non c'è stato molto. «Il tumore squamoso dell’esofago è una malattia da anni considerata priva di opzioni realmente efficaci –spiega Sara Lonardi, Direttore FF dell'Oncologia 3 all'Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova–. Infatti, la chemioterapia standard di prima linea, costituita da una doppietta di farmaci, non migliora molto la prognosi, che rimane sfavorevole con una sopravvivenza mediana che non supera i 10 mesi».

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L'IMMUNOTERAPIA MIGLIORA IL CONTROLLO DELLA MALATTIA

Complice la diffusione sempre maggiore dell'immunoterapia, negli ultimi anni sono iniziate le sperimentazioni volte a testare l'utilizzo di questi farmaci anche nei pazienti con tumore dell'esofago. Nello studio CheckMate-648 presentato a ASCO sono state coinvolte 970 persone, affette da tumore dell’esofago a cellule squamose avanzato o metastatico e mai trattate in precedenza. L’analisi primaria aveva già evidenziato il beneficio in sopravvivenza globale, che è quasi raddoppiata grazie ai regimi immunoterapici in prima linea rispetto alla sola chemioterapia. In particolare, la sopravvivenza a un anno, nella popolazione di pazienti con espressione tumorale di PD-L1 pari o superiore all’1%, è passata dal 37% con lo standard di cura al 58% con la combinazione di immunoterapia e chemioterapia e al 57% con la duplice immunoterapia.

I VANTAGGI DELLA COMBINAZIONE

«Le nuove analisi –spiega la Lonardi- confermano come nivolumab associato a chemioterapia e la duplice immunoterapia costituita da nivolumab più ipilimumab possano cambiare la pratica clinica nel trattamento della malattia in fase avanzata. Questo tipo di carcinoma è molto aggressivo e, con la progressione della malattia, diventa sempre più sintomatico e difficile da trattare. Per questo ogni miglioramento nel controllo della malattia nelle sue fasi iniziali è di grande valore. Come in tanti studi di immunoterapia in diverse neoplasie, anche nel carcinoma dell'esofago, con lo studio, si dimostra un beneficio di questo approccio prolungato per tutta la storia di malattia, con un gruppo di pazienti che presenta un vantaggio di sopravvivenza a lungo termine, la cosiddetta "coda delle curve". Oltre ciò, la nuova analisi dimostra che il rischio di progressione a linee di terapia successive alla prima (PFS2) si è ridotto del 36% con la combinazione nivolumab chemioterapia e del 26% con nivolumab e ipilimumab, rispetto al braccio di sola chemioterapia standard. Inoltre, si conferma l’ottima tollerabilità di questo approccio».

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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