Dopo l'operazione per la rimozione del tumore alla prostata non c'è necessità di radioterapia immediata. Si ricorre nel caso di ritorno della malattia. I risultati presentati ad ESMO
BARCELLONA - Tumore alla prostata e radioterapia. Quando può essere evitata? Uno dei dilemmi degli oncologi nel trattamento di questo tumore è quello relativo a se, in seguito alla rimozione chirurgica della massa, sottoporre o meno il paziente a radioterapia. Secondo un'ampia analisi, presentata al congresso dell'European Society for Medical Oncology, la radioterapia può essere evitata. Il suo utilizzo o meno non impatta sulla sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi.
EVITARE LE RECIDIVE
Una delle strategie più utilizzate per il trattamento del tumore alla prostata è quella che vede la rimozione chirurgica del tumore. Successivamente all'operazione il paziente può essere sottoposto a sedute di radioterapia per eliminare eventuali cellule tumorali rimaste ed abbassare dunque il rischio di ritorno della malattia. Un approccio valido che però, stando ai risultati dello studio presentato ad ESMO, non sempre è necessario.
QUANDO LA RADIOTERAPIA NON SERVE O PUO' ESSERE RITARDATA
Nello studio RADICALS-RT -che ha coinvolto oltre 1300 uomini con tumore alla prostata- un primo gruppo è stato sottoposto a chirurgia e successiva radioterapia. Un secondo gruppo invece è stato sottoposto a sola chirurgia. Dalle analisi è emerso che a 5 anni dalla diagnosi non si sono registrate differenze sulla sopravvivenza e sul ritorno della malattia.
Un risultato che innanzitutto significa migliore qualità di vita. "La buona notizia -spiega Chris Parker del Royal Marsden NHS Foundation Trust and Institute of Cancer Research, uno degli autori dello studio- è che molti uomini potranno evitare in futuro gli effetti collaterali della radioterapia come, ad esempio, perdite urinarie e difficoltà nella minzione che sono molto frequenti quando si associano chirurgia e radioterapia". E aggiunge: "I dati ci dicono che la radioterapia dovrebbe essere utilizzata solo quando la malattia si ripresenta".
CONTROLLI PIU' SERRATI
Una posizione, questa sulla non necessità della radioterapia, confermata anche da una metanalisi, presentata sempre ad ESMO, che ha combinato i risultati dello studio RADICALS-RT con i dati provenienti dagli studi RAVES e GETUG-AFU17. Un vantaggio per i pazienti, quello della radioterapia evitata, e per il sistema sanitario. Ciò che sarà invece necessario è un follow-up più serrato per poter individuare quei pazienti che necessitano di radioterapia in caso la malattia si ripresenti. Risultati che ora apriranno un dibattito all'interno della comunità degli oncologi sulla necessità di aggiornare le linee guida su come intervenire dopo la chirurgia.
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.