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Oncologia
Serena Zoli
pubblicato il 17-12-2024

Tumore della prostata: qual è la durata giusta della terapia ormonale?



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La sospensione del testosterone può aver durata molto variabile. Uno studio Usa ha calcolato il tempo ideale in 11 mesi. L’obiettivo è la sopravvivenza senza metastasi

Tumore della prostata: qual è la durata giusta della terapia ormonale?

Fra le opzioni terapeutiche per i tumori della prostata vi è la deprivazione androgenica (Adt), che agisce a livello centrale e induce i testicoli a non produrre testosterone, il classico ormone maschile e principale androgeno.

L’obiettivo di questa terapia ormonale è tenere sotto controllo la malattia tumorale o ridurre il rischio di metastasi e recidive, ma al tempo stesso comporta per i pazienti effetti collaterali che possono essere significativi. Ecco perché è importante rispondere ad una domanda: dopo la fine della terapia ormonale, quanto impiega il testosterone a tornare a livelli normali? Poiché i tempi risultano molto diversi da un paziente all’altro, all’Università della California di Los Angeles (Ucla) hanno dedicato uno studio specifico al tema, pubblicato sulla rivista European Urology.

 

MOLTE LE VARIABILI IN GIOCO

I ricercatori hanno considerato i dati su 1.444 pazienti raccolti attraverso la metanalisi di 5 indagini randomizzate su uomini sottoposti a radioterapia e poi a terapia ormonale per un tumore prostatico. Dallo studio è risultato che il ritorno a valori normali del testosterone può variare parecchio e il tempo della ripresa è segnato da:

  • durata del trattamento
  • età
  • livello del testosterone basale.

A commentare lo studio interviene il dottor Aldo Franco De Rose, urologo e andrologo, presidente dell’Associazione Andrologi italiani: «Alla Ucla hanno esaminato casi di ormonoterapia per 6 mesi, 4 mesi, 18 mesi fino a 36 mesi. Qual è la durata giusta? Per calcolarla vanno presi in considerazione gli effetti collaterali, che sono molti e a volte impegnativi tanto da imporre la sospensione della terapia, ma anche e soprattutto la sopravvivenza libera da metastasi (Mfs)», l’obiettivo della cura.

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IMPORTANTE LA QUALITÀ DELLA VITA

Gli effetti indesiderati da tenere in considerazione possono essere: vampate di calore (simili a quelle sperimentate dalle donne che entrano in menopausa), dolori articolari, riduzione della densità ossea e, dunque, osteoporosi, ingrossamento e dolore delle mammelle (ginecomastia e mastodinia), diminuzione della barba e della peluria, impotenza, più in generale stanchezza, svogliatezza, una nota depressiva. Appare una qualità della vita piuttosto compromessa. «Non è un periodo facile da vivere », annota il dottor De Rose. «Si tratta di una castrazione chimica temporanea con sintomi che possono persistere nel tempo anche dopo la sospensione della terapia (momentanea)». Conoscere i tempi di recupero dei livelli di testosterone nei diversi schemi terapeutici è importante per aiutare i medici a bilanciare i benefici della terapia contro il tumore e il bisogno di tutelare la qualità della vita dei pazienti dagli effetti collaterali delle cure.

 

LO STUDIO DELLE TEMPISTICHE

Per un paziente con un tumore della prostata l’obiettivo della deprivazione androgenica è la sopravvivenza libera da metastasi e in generale da progressione di malattia. «Nelle persone più giovani, considerando anche i 50-65enni nei quali il livello di partenza del testosterone è più alto, il recupero dopo sospensione della terapia è più rapido – nota De Rose. – Comunque, considerati tutti i casi, gli studiosi californiani sono giunti a indicare una deprivazione androgenica di efficacia ottimale in circa 11 mesi mesi di durata». In particolare, per gli uomini che ricevono sei mesi di terapia, mantenere livelli bassi di testosterone per un periodo più lungo sembra migliorare la sopravvivenza libera da metastasi.

 

L’IMPOTENZA UN RISCHIO POSSIBILE

Lo studio Ucla ricorda che le terapie più nuove offrono un più veloce recupero del testosterone e sono sempre più usate, ma ricorda pure che un più lento ritorno dell’ormone maschile, come avviene con le terapie tradizionali, può assicurare un miglior controllo della malattia.

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Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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