Cronicizzare la malattia. Grazie a questi due approcci il tumore del polmone fa sempre meno paura
Il tumore del polmone è la terza neoplasia più diagnosticata nel nostro Paese. Nel solo 2020 sono state oltre 40 mila le nuove diagnosi. Di queste, più dell'85% è collerata al fumo di sigaretta e la maggior parte dei casi riguarda il tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC). Se sino a dieci anni fa le uniche cure disponibili erano la chirurgia e la chemioterapia, oggi grazie al progresso della ricerca il tumore del polmone sta diventando una neoplasia sempre più curabile. Il merito è dell'immunoterapia e delle terapie target.
PRIMA CAUSA DI MORTE
Come nella maggior parte dei Paesi industrializzati, anche in Italia il tumore del polmone è la prima causa di morte per cancro. Nel nostro Paese il 18,8% delle morti per cancro riguarda pazienti con tumori del polmone: il 23,9% se consideriamo solo gli uomini (prima causa di morte per tumore) e l'12,5% se consideriamo solo le donne (seconda causa, dopo il tumore del seno). La categoria più a rischio è ovviamente quella dei fumatori: otto tumori del polmone su 10 sono infatti riconducibili al fumo di sigaretta. Il rischio aumenta con il numero delle sigarette fumate e con il numero di anni in cui si è fumato.
DIFFICILE LA DIAGNOSI PRECOCE
Se per altri tipi di tumore -come quello al seno- la diagnosi precoce è relativamente più semplice grazie allo screening e agli strumenti diagnositici di facile utilizzo, per il tumore del polmone le cose sono più complicate. Spesso silente i primi sintomi (tosse stizzosa che non passa, un dolore al petto che si ripresenta senza causa apparente, la sensazione di non respirare bene, sputare sangue) si avvertono quando la malattia è già in fase avanzata. Circa il 30% dei pazienti a cui viene diagnosticato un tumore del polmone presenta metastasi, masse tumorali che crescono in organi e tessuti distanti da quello polmonare da cui hanno avuto origine. Le sedi più frequenti di metastatizzazione del tumore polmonare sono ossa, cervello, fegato e ghiandole surrenali. Un problema non di poco conto se si considera che per qualsiasi tumore, prima si arriva alla diagnosi e maggiori sono le probabilità di cura.
IL RUOLO DELL'IMMUNOTERAPIA
Quando la malattia è in fase avanzata e la rimozione chirurgica non è più possibile, l'obbiettivo delle terapie è quello di controllare le metastasi. Sino al 2010 nessun farmaco era in grado di riuscire ad incidere in maniera significativa sull'aspettativa di vita dei malati ma nei casi in cui il tumore era già in fase avanzata, solo il 5,5% dei pazienti trattati con chemioterapia era vivo a 5 anni dalla diagnosi. Una situazione di totale impotenza sbloccata grazie all'avvento dell'immunoterapia, quell'approccio che prevede la somministrazione di farmaci capaci di "risvegliare" il nostro sistema immunitario per riconoscere ed attaccare le cellule cancerose.
A cambiare la storia del trattamento del NSCLC ci ha pensato pembrolizumab, una molecola che in passato si era già dimostrata particolarmente promettente nella cura del melanoma metastatico. Ma pur essendo ancora lontani dai risultati ottenuti nel melanoma, lo storico studio KEYNOTE-001 presentato al congresso ASCO nel 2019 ha mostrato che nei casi in cui i malati esprimevano elevati livelli (50% e più) del marcatore PD-L1 (una proteina su cui agisce pembrolizumab) e non erano mai stati trattati con chemioterapia, nel 29,6% dei casi la persona era in vita a 5 anni dalla diagnosi. Ben un paziente su 3. Ma c'è di più perché se sino al 2017 l'immunoterapia veniva utilizzata in seconda linea dopo la chemioterapia, oggi tutti i dati dicono che l'approccio immunoterapico deve essere la prima scelta per la cura del cancro ai polmoni (eccetto alcuni casi particolari in cui sono presenti mutazioni specifiche).
LE TERAPIE TARGET
Ma l'immunoterapia non è la sola strategia anti cancro dei polmoni. Proprio perchè alcune neoplasie polmonari presentano caratteristiche genetiche peculiari, negli anni sono stati sviluppati farmaci a bersaglio molecolare capaci di agire selettivamente sulle caratteristiche specifiche di questi tumori. Un esempio sono i farmaci capaci di colpire EFGR, Alk e Ros-1. Farmaci che possono essere somministrati solo ed esclusivamente conoscendo le caratteristiche della malattia attraverso appositi test di diagnosi molecolare. L'indicazione a somministrarli esiste per una quota compresa tra il 20 e il 25% dei pazienti colpiti da un tumore del polmone non a piccole cellule. Molecole capaci di rallentare notevolmente la crescita tumorale cronicizzando, di fatto, la malattia esattamente come con l'immunoterapia.
RIDURRE IL RISCHIO DI RECIDIVA
Ma se questi due approcci -immunoterapia e terapie target- sono ormai di routine nell'affrontare il tumore del polmone in fase avanzata, oggi -come sta accadendo anche per il melanoma- queste due strategie sono sperimentate con crescente successo anche come terapia adiuvante, ovvero quelle terapie utili ad evitare che la malattia si ripresenti. Strategie che presto potrebbero entrare a far parte della pratica clinica.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.