Il trapianto «cross-over» può essere attuato se ci sono almeno due coppie (ognuna con un donatore e un paziente in attesa di trapianto di rene) disposte alla donazione, ma incompatibili
Prima da Bari, poi da Pisa. Da queste due città, nelle ultime settimane, sono giunte le ultime notizie relative ad altrettanti trapianti di rene «cross-over». Si tratta di una opportunità utilizzata per rendere possibile un trapianto a quei pazienti che sono in attesa, hanno un donatore, ma non compatibile. In questo modo viene invece data la possibilità a una coppia «donatore-ricevente» di ricevere e donare un rene incrociando le loro compatibilità immunologiche con quelle di altre coppie nella stessa condizione.
Trapianto di rene funziona anche se il donatore ha più di 80 anni
LA CATENA DEI TRAPIANTI
La prima procedura di questo tipo è stata eseguita in Corea del Sud nel 1991, mentre in Europa è stato necessario attendere il 1999 per registrare il trapianto di rene «cross-over». Sul piano scientifico, dunque, la pratica è abbastanza consolidata ed è diventata una modalità di trapianto accettata da molti centri in tutto il mondo. Come mai allora gli ultimi due interventi hanno fatto così notizia? Nel caso di quello effettuato a Bari, la novità è legata a due aspetti. Il primo organo è stato messo a disposizione da una persona deceduta, un passaggio fondamentale per superare l'incompatibilità immunologica che c'era tra i pazienti in lista d'attesa e i rispettivi donatori. Quanto al secondo elemento distintivo, è il numero di trapianti coinvolti nella stessa procedura a fare la differenza. «Alla fine della catena, saranno stati effettuati quattro trapianti», dichiara Paolo Rigotti, direttore dell'unità operativa complessa di chirurgia dei trapianti di rene e pancreas dell'azienda ospedaliero-universitaria di Padova, che a marzo scorso ha effettuato il primo trapianto «cross-over» da donatore cadavere. In questo caso, nella sua struttura, è stato un uomo a beneficiare del rene della persona deceduta a Genova (primo trapianto). Dopodiché, sua moglie ha messo a disposizione il proprio rene per una ricevente pugliese (secondo trapianto). Il marito di quest'ultima, a sua volta, oggi ha donato il suo rene a un’altra coppia incompatibile padovana (terzo trapianto). Infine, il rene della donatrice padovana sarà donato a un ricevente in lista d’attesa da cadavere, che chiuderà la catena (quarto trapianto). In totale sono state coinvolte dunque tre coppie. Quattro i pazienti salvati dalla dialisi.
COME AUMENTARE LE POSSIBILITA'
DI SUCCESSO DI UN TRAPIANTO?
AUMENTANO GLI ORGANI DISPONIBILI
Finora in Italia per i trapianti «cross-over», alla cui base c'è sempre una donazione di tipo samaritano, s'era fatto ricorso ai donatori viventi. Una scelta che ha determinato un aumento del numero degli organi disponibili, ma che comunque spesso non basta a superare l'incompatibilità immunologica che può rendere impossibile il trapianto, a causa dei rischi legati al rigetto dell'organo. Partendo da un organo compatibile messo a disposizione da un cadavere si può dunque incrementare il numero dei trapianti e contribuire alla riduzione delle liste di attesa. Attorno alla pratica rimane però sempre viva la discussione sul piano etico: sopratutto quando si parla di donazione da vivente. Al trapianto da vivente - «garantisce risultati di funzione nel tempo più che doppi rispetto al miglior organo da donatore cadavere», sottolinea Fabio Vistoli, responsabile del coordinamento trapianti di rene e di pancreas dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana - si deve ricorrere se apporta un beneficio superiore rispetto a quello che si potrebbe ottenere con il trapianto da cadavere o nelle situazioni di urgenza e necessità in cui non vi è disponibilità da cadavere.
«Io, il mio donatore e la mia nuova vita da trapiantato»
INCROCIO TRA ITALIA E SPAGNA
Da Pisa è invece giunta la notizia del primo trapianto «cross-over» tra l'Italia e la Spagna. La catena internazionale s'è sviluppata tra la città toscana e Barcellona, con l'«incrocio» di due coppie «donatore-ricevente» non compatibili (tutti viventi). Il risultato è stato raggiunto grazie all'accordo internazionale che vede coinvolte la Spagna, la Francia, l’Italia e il Portogallo - impegnati con programmi nazionali di «cross-over» - per allargare ulteriormente il bacino di potenziali donatori.
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).