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Cardiologia
Roberta Altobelli
pubblicato il 24-06-2024

Una nuova cura per prevenire l'insufficienza renale acuta



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Uno studio internazionale, guidato dai ricercatori dell'Ospedale San Raffaele di Milano, ha individuato un trattamento per una patologia molto comune finora impossibile da prevenire

 Una nuova cura per prevenire l'insufficienza renale acuta

Uno studio internazionale coordinato dell’IRCCS Ospedale San Raffaele ha dimostrato, per la prima volta al mondo, l’efficacia della somministrazione endovenosa di amminoacidi per prevenire la comparsa di insufficienza renale acuta (IRA) in seguito ad intervento chirurgico con bypass cardiopolmonare. Una scoperta, pubblicata sul New England Journal of Medicine, che avrà applicazioni in molti altri ambiti della medicina e che colma un grande bisogno clinico finora insoddisfatto. Infatti, L’IRA riguarda ben il 10-15% di tutti i pazienti ospedalizzati nel mondo (circa mezzo miliardo all’anno) e, nel 50% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, rappresenta una condizione critica con una mortalità più alta di quella dell’infarto del miocardio. Ne abbiamo parlato con il professor Giovanni Landoni, direttore del Centro di Ricerca Anestesia e Rianimazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore Ordinario presso l’Università Vita-Salute San Raffaele (coordinatore dello studio insieme al professor Alberto Zangrillo, primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale, Cardio-Toraco-Vascolare e dell’Area Unica di Terapia Intensiva Cardiologica e Cardiochirurgica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele) e con la Dott.ssa Martina Baiardo Redaelli, tra gli autori dello studio.

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA: CONDIZIONE DIFFICILE DA PREVENIRE

L’insufficienza renale acuta si verifica quando i reni non riescono più a svolgere la loro funzione di regolazione dell'equilibrio idrico e salino, eliminazione di tossine e acidi dall’organismo e produzione di ormoni. La perdita di questa funzionalità si verifica in modo rapido, solitamente in seguito a traumi gravi, malattie, interventi chirurgici o patologia renale progressiva. «L’insufficienza renale acuta è una condizione estremamente diffusa, più dell’infarto del miocardio, ed è anche più pericolosa, in quanto ha una mortalità più alta. Finora non erano presenti soluzioni per prevenirla o trattarla. Quando il rene soffre, il primo intervento riguarda l’idratazione e il miglioramento della funzionalità cardiaca per permettere a questi organi di funzionare meglio. Un’altra possibilità per tentare di prevenire l’IRA è abbreviare i tempi chirurgici. Tuttavia, questi ed altri interventi tentati finora non erano basati su evidenze scientifiche documentate. Il nostro studio rappresenta un’importante novità in quanto è la prima volta nella storia della medicina in cui si dimostra scientificamente l’efficacia di un intervento preventivo per l’IRA» spiega Landoni. Nei pazienti in cui la condizione è grave, la dialisi rappresenta l’unica possibile terapia, con una riduzione della qualità della vita, oltre a rappresentare un costo elevato per il sistema sanitario, a causa dell’ospedalizzazione.

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LO STUDIO

Lo studio internazionale, coordinato dall’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha coinvolto 3511 pazienti provenienti da 22 centri dislocati in Italia, Croazia e Singapore. I ricercatori hanno somministrato per via endovenosa una terapia a base di aminoacidi a un primo gruppo di 1759 pazienti adulti sottoposti ad intervento di chirurgia cardiaca con bypass cardiopolmonare, nei tre giorni successivi l’intervento. In altri 1752 pazienti è stato, invece, somministrato un placebo. È stato possibile constatare che l’IRA si è verificata in 474 pazienti del gruppo che ha ricevuto il farmaco (26,9%) rispetto a 555 pazienti del gruppo che ha ricevuto il placebo (31,7%), registrando una diminuzione della probabilità di comparsa di IRA del 5%. «Utilizziamo una bassa dose di amminoacidi per poco tempo e questo rende il trattamento più sicuro, praticamente privo di effetti collaterali» spiega Landoni «Gli amminoacidi hanno un effetto di vaso-modulazione renale e anche gli studi pregressi non hanno mostrato effetti collaterali di cui preoccuparsi. Inoltre, si tratta di un intervento che permette di abbattere notevolmente i costi». La possibilità di collaborare con altri 3 Paesi e, in fase di ideazione e progettazione dello studio anche con l’Australia, rappresenta un valore aggiunto: «Il fatto di poter condurre uno studio internazionale aumenta la solidità dei risultati perché è possibile validarli su una popolazione più ampia e diversificata» aggiunge Baiardo Redaelli.

NON SOLO CHIRURGIA: LE APPLICAZIONI FUTURE

Dopo decenni in cui gli studi sugli aminoacidi si sono basati principalmente sul loro effetto nutrizionale, oppure di innalzamento della temperatura corporea, la ricerca del San Raffaele apre la strada a nuovi utilizzi, promettendo un aggiornamento delle linee guida e una rivoluzione in ambito clinico, come spiega la Dott.ssa Martina Baiardo Redaelli: «Il potenziale del trattamento messo a punto nello studio è estremamente ampio. Al momento, lo abbiamo testato in cardiochirurgia, ma potranno esserci applicazioni nell’ambito dell’insufficienza cardiaca, del supporto meccanico al circolo, nei pazienti con IRA già instauratasi, nei pazienti sottoposti ad altri interventi di chirurgia maggiore, nei pazienti settici e trapiantati di reni e in tutti i pazienti che devono fare ricorso a un mezzo di contrasto, che sono veramente tanti nel mondo. Si tratta di applicazioni che vogliamo approfondire e continuare a studiare. Siamo in attesa di bandi per poter avere fondi e continuare le nostre ricerche». Lo studio, infatti, è stato finanziato con un Grant del Ministero della Salute italiano, confermando l’importanza di stanziare fondi pubblici per la ricerca clinica. «Per fare ricerca di alto profilo sarebbe ideale un abbattimento della burocrazia per portare avanti gli studi, che è molto macchinosa. Questo aiuterebbe milioni di pazienti nel mondo. Il finanziamento del Ministero è stato indispensabile per portare avanti la nostra ricerca. Il sistema funziona ma potrebbe essere migliorato stanziando ancora più fondi e abbreviando i tempi di approvazione degli studi. Inoltre, nel nostro caso, siamo riusciti a dimostrare l’efficacia di un intervento economico che, riducendo le complicanze post-operatorie, è anche in grado di ridurre i costi di gestione dei pazienti, permettendo di allocare le risorse, ad esempio, proprio nella ricerca» spiegano gli autori.

L'IMPATTO NELLA PRATICA CLINICA

I dati raccolti nello studio confermano che la terapia con gli aminoacidi è in grado di prevenire l’insufficienza renale acuta e sono stati presentati dal professor Landoni e dalla dottoressa Baiardo Redaelli il 12-14 giugno a Belfast, in occasione del Critical Care Reviews Meeting 2024, la conferenza scientifica che mette in evidenza i migliori studi clinici in terapia intensiva al mondo. «Si tratta della prima volta che un tentativo di protezione renale ha successo, dopo tanti anni in cui non si era riusciti a capire come agire per prevenire l’IRA e, per raggiungere questo obiettivo, è stato fondamentale il contributo di tanti giovani anestesisti italiani. Abbiamo ricevuto già centinaia di messaggi da colleghi di tutto il mondo, esperti in molte discipline diverse, che inizieranno ad applicare questa metodologia e da altrettanti che chiedono curiosità e chiarimenti, a riprova del fatto che si tratta di un cambiamento epocale per la pratica clinica. Inoltre, un centinaio di ospedali fuori dall’Italia sono interessati a collaborare per ampliare lo studio anche ad altre applicazioni terapeutiche. L’anestesia è una disciplina interessante proprio perché permette di collaborare con tutte le altre aree cliniche e scoprire cose nuove su tutti i nostri organi» concludono gli autori.

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