Il SSN spende 16 miliardi l'anno per coprire diagnosi e cure oncologiche. Ma malati e familiari ne sborsano altri 5 di tasca loro. Perché?
Quanto si paga una diagnosi di cancro? Tanto. In termini di ansia e sofferenze fisiche ed emotive, ed è il prezzo più temuto. Ma i malati e le loro famiglie affrontano anche costi materiali, per visite, terapie, assistenza, spostamenti, il tutto per circa 5 miliardi di euro l’anno. A dare la misura su quanto i tumori colpiscano anche il reddito è il nuovo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, l'undicesimo, promosso da FAVO (Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e realizzato da Datamining, in collaborazione con Aimac, INT di Milano e Pascale di Napoli.
L'INDAGINE SU 1.200 MALATI E I LORO CAREGIVER
Il rapporto si interroga sui costi sociali ed economici del cancro oggi, ed è stato pubblicato a sette anni di distanza dalla precedente indagine sugli stessi temi (2012, FAVO-Censis). La ricerca è stata condotta intervistando circa 1.200 malati e altrettanti caregiver e familiari, nei 34 punti informativi Aimac collocati in diversi centri oncologici italiani. In Italia il Sistema sanitario nazionale copre la gran parte delle spese (compresi i nuovi e costosissimi farmaci antitumorali) e consente ai pazienti colpiti da tumore di accedere alle procedure necessarie per diagnosticare e curare la malattia. Si tratta di circa 16 miliardi di euro l’anno, il 14 per cento della spesa sanitaria totale. Eppure gli oltre 3 milioni di malati oncologici, di cui 700.000 in trattamento, sborsano di tasca loro altri 5 miliardi (erano 4,8 nel 2012). Per oltre la metà degli intervistati (64%) i costi sostenuti hanno avuto un impatto sul bilancio familiare e hanno modificato le abitudini di spesa.
CHE COSA FINISCE PER PAGARE DA SÉ IL MALATO
Fra le voci di costo dichiarate dagli intervistati, la principale riguarda le visite specialistiche, seguite dai farmaci e dagli interventi di chirurgia ricostruttiva. Ci sono poi le spese non mediche, ovvero quelle sostenute per pagare colf e badanti, per trasporti, vitto e alloggio in caso di spostamenti, per diete o trattamenti complementari (2,2 miliardi in tutto). Qualcosa è cambiato rispetto al 2012: rispetto alla precedente inchiesta si sono ridotte di molto le spese private per i farmaci (da quasi 1,5 miliardi a 808 milioni), per presidi sanitari come parrucche e protesi (da 143 a 38 milioni), per esami radiologici, di medicina nucleare, di laboratorio e altri prelievi (da 171 a 65 milioni), per l’assistenza domiciliare di infermieri, colf, badanti (da 909 a 321 milioni). Al contrario, sono raddoppiate le spese private per le visite specialistiche (da 561 1.182 milioni) e per gli interventi di ricostruzione (da 25 a 425 milioni). Entrando nei singoli bilanci familiari si vede ad esempio che quasi sei pazienti su dieci hanno pagato privatamente visite e esami diagnostici, spendendo in media 406 euro in un anno; quattro su dieci si sono dovuti spostare, spendendo circa 800 euro, e il 16% ha sostenuto spese alberghiere per quasi 1.200 euro. Un quarto dei malati ha pagato privatamente una media di 457 euro per farmaci non oncologici.
L'IMPATTO SUL LAVORO
Ai costi diretti si aggiungono quelli indiretti dovuti alla perdita di capacità produttiva. Un terzo degli intervistati ha dichiarato che la malattia ha portato a un calo del rendimento sul lavoro e il 45% dichiara di non aver potuto mantenere i precedenti livelli di reddito. Doppiamente svantaggiate, in termini di giornate di lavoro o studio perse, sono le donne rispetto agli uomini; colpiti anche i lavoratori con più di 55 anni e quelli autonomi. Non sorprende infine che a rilevare una penalizzazione in termini di carriera siano più i lavoratori a tempo determinato rispetto agli altri.
LE CONDIZIONI DEI CAREGIVER
Accanto al malato ci sono figli, fratelli, genitori e partner che si dedicano ad assisterlo. Sono i caregiver e nell’indagine FAVO un quarto di loro afferma di avere subito una riduzione di reddito dal momento in cui ha iniziato ad occuparsi del proprio caro, in media pari al 29% del reddito percepito, con punte di oltre il 70% (succede al 18,5% degli intervistati). Solo in un quinto dei casi hanno potuto contare su un aiuto esterno, persone retribuite oppure un'assistenza sostenuta dal servizio sanitario pubblico o da associazioni di volontariato.
NON DIMENTICHIAMO I LAVORATORI AUTONOMI
Il rapporto rappresenta un’opportunità unica per conoscere la realtà quotidiana di chi affronta una diagnosi oncologica. Dai dati si auspica vengano tratti spunti per migliorare le condizioni di malati e familiari. Fra gli aspetti da cui partire, ha rilevato Elisabetta Iannelli, Segretario di FAVO, c’è il lavoro: «I lavoratori malati di cancro non sono tutti uguali nonostante il dettato costituzionale (art. 38, co. 2) che impegna lo Stato a predisporre strumenti di previdenza per soccorrere alle esigenze di vita in caso di malattia e di invalidità di tutti i lavoratori, senza distinguere tra subordinati e autonomi o liberi professionisti! L’indennità di malattia, anche per lunghi periodi di astensione dal lavoro, è un diritto garantito solo ai lavoratori dipendenti, mentre molto poco è stato fatto finora per alcune categorie di lavoratori autonomi ed ancor meno per i liberi professionisti. Anche chi tra loro riesce a guarire dal cancro, rischia la morte sociale e lavorativa. E’ necessario e urgente un intervento legislativo che corregga discriminazioni e ineguaglianze di trattamento tra lavoratori subordinati ed autonomi che affrontano la malattia come anche per i caregiver oncologici».
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.