Per alcune forme di tumore il diritto all'oblio oncologico è riconosciuto prima dei 10 anni previsti dalla legge. In alcuni casi basterà un anno
A pochi mesi dall’approvazione della legge sull’oblio oncologico, arriva il decreto che definisce le diagnosi di tumore per le quali i tempi necessari per considerarsi guariti e accedere ai diritti inclusi nella norma sono ridotti rispetto ai 10 anni previsti (5 per minori di 21 anni).
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il decreto ministeriale era il primo passo necessario per dare attuazione alla attesa legge, entrata in vigore il 2 gennaio 2024, che sancisce il diritto delle persone guarite da un tumore di non fare menzione della malattia per accedere ad esempio a servizi finanziari e assicurativi, a concorsi lavorativi e procedure di selezione professionale, a percorsi di adozione. Si stima che in Italia almeno un milione di persone guarite da un tumore siano potenzialmente esposte a discriminazioni che questa legge potrà evitare.
LE TEMPISTICHE PREVISTE
Il testo approvato all’unanimità lo scorso dicembre prevede che il diritto a “dimenticare” la propria storia di malato di tumore scatti a 10 anni dalla fine dei trattamenti attivi o dall’ultimo intervento, a 5 anni se la diagnosi è stata ricevuta prima dei 21 anni d’età. Questi dovrebbero essere i tempi oltre i quali una persona che ha avuto una diagnosi di tumore e ha potuto curarlo con successo non sconta più un rischio aggiuntivo rispetto alla popolazione generale.
Da subito le associazioni di pazienti avevano sottolineato la necessità di modulare questo confine temporale, per adattarlo alla realtà estremamente variegata e in costante evoluzione delle diverse forme di cancro e delle loro diverse possibilità di cura e guarigione. Dieci anni sono troppi per alcuni ex pazienti che resterebbero così confinati in un limbo non motivato dalle loro condizioni cliniche.
I CASI IN CUI L'OBLIO ONCOLOGICO HA TEMPI ABBREVIATI
Ecco per quali diagnosi il diritto all’oblio viene maturato in tempi ridotti:
- Tumori del colon-retto, stadio I, qualunque età alla diagnosi: 1 anno dalla fine del trattamento
- Tumori del colon-retto, stadio II e III, diagnosi dopo i 21 anni: 7 anni dalla fine del trattamento
- Melanoma, diagnosi dopo i 21 anni: 6 anni dalla fine del trattamento
- Tumori della mammella, stadio I e II, qualunque età: 1 anno dalla fine del trattamento
- Tumori del collo dell’utero, diagnosi dopo i 21 anni: 6 anni dalla fine del trattamento
- Tumori del corpo dell’utero, qualunque età: 5 anni dalla fine del trattamento
- Tumori del testicolo, qualunque età: 1 anno dalla fine del trattamento
- Tumori della tiroide, donne con diagnosi prima dei 55 anni, uomini con diagnosi prima dei 45 anni, esclusi i tumori anaplastici per entrambi i sessi: 1 anno dalla fine del trattamento
- Linfomi di Hodgkin, diagnosi prima dei 45 anni: 5 anni dalla fine del trattamento
- Leucemie acute linfoblastiche e mieloidi, qualunque età: 5 anni dalla fine del trattamento.
La ricerca e la medicina fortunatamente non si fermano, le prospettive di cura cambiano in fretta, così come le conoscenze epidemiologiche. Il decreto infatti stabilisce che questo elenco sia aggiornato, ove necessario, entro il 31 dicembre ogni anno.
UN PASSO NECESSARIO PER EVITARE DISCRIMINAZIONI
Il Comitato etico di Fondazione Veronesi, nel documento "Dignità e giustizia oltre la malattia”, raccomandava la modularità: «Come è noto, i termini “cancro”, “tumore” o “neoplasia” indicano oggi una vastissima famiglia di patologie tra loro diverse che presentano profili molecolari e prognostici estremamente eterogenei. Grazie alla ricerca scientifica, oggi è possibile guarire definitivamente da alcuni tipi di tumori in tempi relativamente brevi; mentre per altri permane la necessità di attendere tempi più lunghi; e, infine, altri ancora presentano profili di inerente cronicità. In tale contesto, è necessario bilanciare in modo adeguato l’esigenza di individuare dei criteri generali per il riconoscimento di un diritto all’oblio oncologico, e cioè validi a prescindere dal tipo di patologia considerata, con dei meccanismi che consentano nel tempo di tenere conto di possibili eterogeneità e, dunque, di identificare intervalli temporali specifici per le diverse patologie. Questo, proprio al fine di rispettare pienamente il principio bioetico fondamentale nonché il principio costituzionale secondo il quale ogni persona ha il diritto di non essere discriminata in base a fattori personali, tra cui la propria storia clinica».
L’iter di approvazione della legge è stato eccezionalmente rapido grazie all’impegno congiunto e trasversale di associazioni di pazienti, società scientifiche, personalità politiche. La nuova norma allinea l’Italia ai paesi europei che per primi si erano mossi in difesa del diritto di milioni di persone a vedere riconosciuta una piena guarigione sociale, dopo quella fisica.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.