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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 12-04-2016

Quando serve la mastectomia preventiva



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Negli Stati Uniti il ricorso all’asportazione dell’altro seno in donne colpite da tumore mammario è triplicato negli ultimi dieci anni. Ma in assenza di familiarità, mutazioni genetiche (Brca) e diagnosi in giovane età, la procedura non cambia la sopravvivenza

Quando serve la mastectomia preventiva

La mastectomia preventiva controlaterale, ovvero la rimozione del seno sano dopo che l’altro seno è stato colpito da un tumore, è una pratica che risulta triplicata, dall’inizio del nuovo secolo. Ma la sua efficacia, in realtà, non è sempre provata. Una donna già operata per un tumore al seno corre un rischio minimo (tra il due e l’otto per cento) che la stessa malattia colpisca la ghiandola controlaterale. Diverso invece è il discorso della chirurgia profilattica nelle donne portatrici di una mutazione dei geni Brca (1 e 2).

TASSI TRIPLICATI IN DIECI ANNI NEGLI STATI UNITI

Si torna dunque a parlare di chirurgia a scopo preventivo e lo spunto, questa volta, giunge da una ricerca pubblicata sulla rivista Annals of Surgery. Gli specialisti del Brigham and Women’s Hospital di Boston hanno seguito per più di otto anni (tra il 1998 e il 2007) poco meno di cinquecentomila donne già colpite da un tumore al seno. La malattia s’era presentata a diversi stadi e di conseguenza anche i trattamenti a cui le pazienti erano state sottoposte risultavano differenti: quadrantectomia, cioè l’asportazione del tumore che risparmia la mammella, mastectomia unilaterale e mastectomia profilattica controlaterale. A stupire i ricercatori è stato l’incremento di quest’ultima quota: se nel 2002 ammontava al 3,9 per cento, dieci anni dopo risultava triplicata (12,7 per cento). A fronte di questa scelta, nessun miglioramento in termini di sopravvivenza è stato osservato rispetto alle donne operate in maniera conservativa: ovvero con un trattamento chirurgico - quadrantectomia o mastectomia - riguardante soltanto il seno malato.

MUTAZIONE DEI GENI BRCA: SI PUO' EVITARE LA CHIRURGIA PREVENTIVA? 

  

DONNE POCO INFORMATE (DAGLI SPECIALISTI)

L’analisi ha messo in evidenza il costante aumento della popolarità della mastectomia profilattica controlaterale oltreoceano, pur «in assenza di vantaggi in termini di sopravvivenza per le donne che hanno già alle spalle una diagnosi di tumore al seno», afferma Mehra Golshan, direttore dell’unità di chirurgia senologica del celebre ospedale del Massachusetts. Un trend che, seppur non in simili proporzioni, viene segnalato anche dagli specialisti italiani. A spingere le pazienti - poco adeguatamente informate - verso questa scelta «è il desiderio di prolungare la loro vita», come prevedibile risposta alla malattia incrociata lungo il proprio cammino.

Da non trascurare anche la serenità ricercata come antidoto alla depressione, più frequente di quanto si pensi dopo una diagnosi di tumore al seno, e il desiderio di ridurre al minimo l’asimmetria tra il seno operato e quello sano. Non è un caso che, nel periodo dello studio, anche i tassi di ricostruzione siano sensibilmente aumentati: dal 35,3 al 55,4 per cento. Il caso degli Stati Uniti non può però prescindere anche dalla tipologia di assistenza sanitaria (privata), che rimborsa tutte le procedure di ricostruzione della mammella ed è dunque uno «stimolo» a ricorrere alla chirurgia. 


Tumore al seno: la ricostruzione è possibile anche dopo i 70 anni


PROCEDURA UTILE SE SI HA UNA MUTAZIONE GENETICA

La mastectomia profilattica controlaterale nopn va confusa con la mastectomia profilattica in caso di mutazione genetica, effettuata cioè in presenza di una chiara predisposizione genetica alla malattia. Sono un centinaio gli interventi simili effettuati ogni anno in Italia. Si tratta della situazione vissuta tre anni fa da Angelina Jolie, che optò per l’asportazione preventiva dei due seni. La notizia fu accompagnata da opinioni contrastanti, ma in questi casi la chirurgia preventiva può trovare indicazioni. Le mutazioni dei geni Brca risultano responsabili di un aumento dei casi di malattia: più alto del settanta per cento se l’alterazione riguarda il Brca 1, meno per il Brca 2, coinvolto però pure nello sviluppo di alcune forme di melanoma, tumori alle ovaie (anche queste rimosse da Jolie) e alla prostata. L’intervento non porta a zero la probabilità di incrociare in futuro la malattia, perché una piccola parte del tessuto mammario può rimanere sotto la pelle. Ma ne riduce il rischio.  

  

IL COMMENTO DELL’ESPERTO

«C’è una chiara differenza tra questi casi e quelli descritti nello studio americano - commenta Fernando Bozza, responsabile della struttura di chirurgia senologica dell’Istituto Oncologico Veneto di Padova -. Alle donne a cui viene diagnosticato un tumore al seno in giovane età, che presentano una mutazione dei geni Brca o la familiarità nella malattia, si prospettano due strade: la mastectomia profilattica controlaterale o un rigido iter di controlli che permetta di ricorrere all’intervento se la malattia si ripresentasse». Nelle altre situazioni asportare una mammella sana comporta una differenza trascurabile in termini di sopravvivenza, anche a vent’anni di distanza dall’intervento. «Oltre a una serie di complicanze - anestesiologiche, infettive, contratture capsulari - che non riusciamo ancora a ridurre a zero, nonostante i progressi compiuti dalla chirurgia per la cura del tumore al seno», chiosa l’esperto.

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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