Linfociti "personalizzati" e vaccini come mRNA-4157/V940 per migliorare la risposta immunitaria. Queste le strategie per migliorare la cura del melanoma
Nel melanoma TILs e vaccini a mRNA rappresentano le terapie sperimentali più all'avanguardia. Due approcci che potrebbero fare da apripista per altri tumori. Per quanto riguarda i TILs, una delle forme di immunoterapia personalizzata, i risultati sono pubblicati dalla rivista New England Journal of Medicine indicano che il loro utilizzo è utile per quei pazienti che non rispondono alle terapie standard. Sui vaccini a mRNA, la stessa tecnologia utilizzata per quelli contro Covid-19, un comunicato congiunto di Moderna e MSD ha annunciato i risultati positivi dell'utilizzo combinato di mRNA-4157/V940 e pembrolizumab nel ridurre il rischio di recidiva o morte. Una prima assoluta che potrebbe rappresentare una possibile nuova era nel trattamento di questo tumore.
MELANOMA E IMMUNOTERAPIA
Nella lotta al cancro l'ultimo decennio è stato segnato dall'avvento dell'immunoterapia. Grazie a questo approccio -che prevede la stimolazione del sistema immunitario affinché riconosca ed elimini il più possibile il tumore- diverse forme tumorali possono essere affrontate con grande successo. E' questo il caso del melanoma metastatico, patologia che prima dell'utilizzo dell'immunoterapia rappresentava una dei tumori più difficili da curare. Se con la sola chemioterapia l'aspettativa di vita media per un melanoma metastatico era di soli 9 mesi dalla diagnosi, oggi il melanoma può essere trasformato in malattia cronica: con l'ultima combinazione di immunoterapici approvati (ipilimumab più nivolumab), il 48% delle persone è viva a 7 anni e mezzo dalla diagnosi.
IL RUOLO DEI TILs
Non tutte le persone però rispondono positivamente alle cure e per questa ragione la ricerca si sta concentrando nel tentativo di trovare nuove strategie per migliorare l'effetto dell'immunoterapia. Una di queste è TILs, acronimo di tumour-infiltrating lymphocyte. Si tratta di una strategia di cura che prevede innanzitutto il prelievo del tessuto tumorale del malato. All'interno di esso non sono presenti solo cellule tumorali ma anche un "infiltrato" di linfociti, cellule del sistema immunitario che tentano di attaccare la malattia ma che per ragioni ancora da chiarire non riescono a farlo efficacemente. L'idea dei ricercatori è dunque quella di prelevare queste cellule per moltiplicarle in laboratorio e poi infonderle nel paziente in modo tale da fornirgli "forze fresche" per combattere la malattia.
I RISULTATI
Uno degli studi più avanzati che ha testato questa strategia è stato effettuato grazie al Netherlands Cancer Institute di Amsterdam. I risultati presentati allo scorso congresso ESMO sono stati confermati nella pubblicazione sul New England Journal of Medicine. Nello studio di fase III è stato confrontato il rischio di progressione della malattia e di morte in persone con melanoma metastatico che precedentemente avevano fallito le terapie con gli anti PD-1. Il primo gruppo ha ricevuto ipilimumab, un immunoterapico che agisce sul bersaglio CTLA-4, il secondo un trattamento a base di TILs. Dalle analisi è emerso che nei pazienti trattati con TILs la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata pari a 7,2 mesi rispetto a 3,1 mesi del gruppo ipilimumab. La sopravvivenza mediana invece è stata pari a 25,8 mesi contro i 18,9 di ipilimumab. Ciò significa che l'utilizzo dei TILs è in grado di ridurre del 50% il rischio di progressione della malattia.
IL RUOLO DEI VACCINI A mRNA
Un'altra importante strategia che potrebbe cambiare lo scenario del trattamento del melanoma è l'utilizzo combinato dell'immunoterapia con i vaccini a mRNA. Da oltre un decennio gli scienziati stanno infatti tentando, attraverso la tecnologia a mRNA, di innescare nel malato una risposta immunitaria contro un bersaglio ben preciso. Un po' come fanno i vaccini anti-Covid contro la proteina spike, i vaccini terapeutici innescano una risposta contro una proteina specifica (antigene tumorale) della cellula cancerosa assente invece nelle cellule sane.
I RISULTATI
Complice l'accelerazione della tecnologia a mRNA dovuta a Covid-19, anche le sperimentazioni cliniche nel cancro hanno subito un'impennata. Uno degli studi più avanzati è KEYNOTE-942 e riguarda il melanoma in fase III/IV ad alto rischio di recivida. Nel trial gli scienziati hanno comparato l'utilizzo del solo pembrolizumab -un immunoterapico già in uso per molti tumori- con la combinazione di pembrolizumab e mRNA-4157/V940, il vaccino creato per stimolare la risposta contro alcune proteine tipiche del melanoma. I pazienti coinvolti erano persone con melanoma in fase III/IV che avevano subito l'asportazione totale del tumore. Dalle analisi dello studio di fase IIb -dunque non ancora esaustivo- è emerso che la combinazione delle due strategie in modalità adiuvante (ovvero per evitare che la malattia si ripresenti, strategia già utilizzata con successo nel melanoma) ha portato ad una riduzione del rischio di recidiva e di morte del 44% rispetto al solo pembrolizumab. Un risultato importante, una prima assoluta nell'utlizzo combinato di vaccini a mRNA e immunoterapia, che dovrà ora necessariamente essere confermato in uno studio di fase III.
IL FUTURO: INTEGRARE
Attenzione però a pensare che i vaccini terapeutici siano la soluzione al problema cancro. Una delle principali caratteristiche di questi "prodotti" è il lento meccanismo d'azione. «Prima che inizino ad avere effetto -spiega il professor Michele Maio, direttore del Centro di Immuno-Oncologia presso l’ospedale Policlinico Le Scotte di Siena e presidente di Fondazione NIBIT- occorrono alcuni mesi. Per questa ragione le persone che possono beneficiare maggiormente dei vaccini terapeutici sono quelle a cui è stato asportato un tumore o chi ha una malattia non in fase avanzata. Per questi ultimi è meglio utilizzare l'immunoterapia classica, più veloce e potente. C'è poi un altro aspetto da non sottovalutare: i tumori crescono in un microambiente in grado di proteggerlo dagli attacchi esterni. Ecco perché occorre utilizzare più strategie per cercare di raggiungerne il cuore attraverso l'utilizzo di combinazioni e sequenze di immunoterapici, chemioterapia e vaccini terapeutici. Non ci sarà mai dunque una strategia unica».
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.