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Oncologia
Donatella Barus
pubblicato il 06-07-2023

I ragazzi raccontano: "Così ho scoperto il mio tumore"



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Come si arriva ad una diagnosi di tumore a 15 anni? Quali i sintomi e quanto tempo ci vuole? Le storie e le esperienze del progetto #fattivedere

I ragazzi raccontano: "Così ho scoperto il mio tumore"

Elena ha avuto un osteosarcoma alla gamba, scoperto nel 2020, nel mese di marzo. Faceva la terza media. «Ha iniziato a farmi male la gamba – parecchio - e a gonfiarsi. Per qualche tempo il medico mi disse che era solo un’infiammazione. Poi, visto che non passava, mi ha prescritto un’ecografia e una risonanza, infine una Tac. È stata poi la biopsia all’ospedale oncologico a confermare la presenza di un tumore».

Sofia racconta di essersi accorta subito che qualcosa non andava, ma c’è voluto un po’ di tempo per capirne la causa. «Andavo a scuola – facevo le superiori - e mi allenavo in piscina tutti i giorni. Ad un certo punto mi sono ritrovata ad essere stanca. Dopo la scuola capitava di addormentarmi, non riuscito a studiare, provavo a nuotare ma sopraggiungeva una stanchezza improvvisa, una stanchezza che prima non avevo mai conosciuto. All’inizio ho pensato che potesse essere il troppo allenamento. Ho provato a rallentare, ma iniziò ad arrivare la febbre, ogni notte a 38-39 e scompariva la mattina; diventai gonfia in viso, all’addome, la differenza rispetto alla mia normalità a quel punto era evidente. Questi sono stati i campanelli d’allarme per me».

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IL PROGETTO #FATTIVEDERE

Così i ragazzi colpiti da un cancro raccontano il momento della diagnosi, a volte preceduto da una fase più o meno lunga di preoccupazione, visite, dubbi, paura. I tumori in età adolescenziale sono malattie molto poco frequenti, in Italia si contano oltre 800 nuove diagnosi l’anno fra i 15 e i 19 anni. Nel corso degli ultimi decenni le possibilità di cura e di guarigione sono sensibilmente migliorate, ma questa fascia d’età sconta ancora alcune difficoltà che complicano il percorso terapeutico, rispetto ai pazienti più piccoli e agli adulti. In primo luogo i tempi: dalla comparsa dei primi sintomi per arrivare ad una diagnosi si stima ci vogliano 137 giorni in media, contro i 47 giorni nel caso dei bambini sotto i 14 anni. Per questo Fondazione Veronesi, con il supporto delle sue delegazioni e in collaborazione con il Gruppo di Lavoro Adolescenti di AIEOP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica), organizza da nove anni incontri di sensibilizzazione dedicati al mondo dei giovani, con il progetto nazionale #fattivedere. Nel 2023 sono stati oltre 3.500 gli studenti coinvolti, che hanno potuto dialogare con medici e psicologi specializzati e ascoltare le testimonianze di coetanei che si sono trovati ad affrontare un tumore. Ecco come ragazzi e specialisti hanno affrontato nello specifico il tema della diagnosi e dei sintomi dei tumori in età adolescenziale

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

UN DOLORE STRANO, LA STANCHEZZA CHE NON PASSA

Alberto ormai è un giovane uomo. Ma fa un sospiro, guarda lontano e va indietro nel tempo. «Avevo 15 anni, la diagnosi arrivò alla fine della prima superiore. Prima gita di liceo, dormivamo in un osservatorio in montagna. Ma io avevo male al ginocchio, ed era un dolore strano, troppo forte, non riuscivo a camminare. Io sciavo, giocavo a calcio, facevo di tutto: sapevo che cos’erano i dolori da traumi sportivi e quello era diverso. Ma ero caduto dallo skateboard qualche giorno prima, mi sono detto “ecco, mi sono rotto i legamenti”. Al ritorno dalla gita sono andato in ospedale a fare una radiografia e mi hanno diagnosticato una frattura del piatto tibiale, che sarebbe la parte superiore della tibia, quella attaccata al ginocchio. Mi hanno fatto una “doccia gessata”, un gesso aperto, non pensavo che fosse nulla di che, ma ho preferito andare a chiedere un secondo parere da un ortopedico. Questo medico ha rivisto le lastre e mi ha detto “vedo un’ombra, secondo me ci potrebbe essere qualcosa, una massa”. E la mattina dopo mi ha mandato direttamente in chirurgia oncologica pediatrica».

Luca scoprì di avere una forma piuttosto rara di linfoma perché i suoi genitori lo vedevano sempre stanco, e decisero di portarlo dalla pediatra. Lei lo visitò, disse “mah, mi sembra che stia bene”. Ma decise di non accontentarsi e prescrisse un prelievo e un’ecografia. «Dopo l’ecografia mi dissero ‘vai subito al pronto soccorso’».

Martina oggi ha 24 anni, si è ammalata di sarcoma per due volte, la prima volta nel 2012, al collo dell’utero: «È una situazione anomala, di solito colpisce le ossa. Invece ha preso i tessuti molli. Come l’ho scoperto? È stata una casualità. Ho iniziato ad avere delle perdite a livello vaginale e ho fatto un controllo dalla ginecologa, è venuto fuori che avevo una massa di 9 cm; la seconda malattia si è sviluppata invece tre anni dopo, nell’osso, era lo stesso tipo di sarcoma ma nella zona occipitale del cranio. I sintomi questa volta avevano a che fare con la vista, il tumore comprimeva il nervo ottico e mi impediva di vedere bene, vedevo tutto sdoppiato. Dopo una visita dall’oculista e poi una risonanza, è arrivata la diagnosi».

 

IL RITARDO DIAGNOSTICO

Il dottor Giuseppe Maria Milano, dipartimento di Ematologia e Oncologia pediatrica, Terapia genica e cellulare IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, spiega così il senso (e il nome) dell’iniziativa #fattivedere: «Si tratta di malattie extra rare, ma sono stati fatti molti studi in cui uno dei dati più importanti e preoccupanti è che una percentuale non indifferente di ragazzi e ragazze giungono all’attenzione nostra con ritardi diagnostici. Più tardi arrivi dal medico, più tardi hai una diagnosi, più avanzata può essere la malattia e più basse possono essere le chance di cura. A volte accade anche che non tutti siano preparati a riconoscere queste malattie. Di osteosarcoma ci sono 120 casi l’anno; di artrite ci sono migliaia di casi l’anno: magari l’artrite è la prima cosa a cui pensi, un trauma è la seconda, un affaticamento sportivo è la terza, tutte cause più frequenti e probabili rispetto al cancro. Fortunatamente anche la sensibilizzazione e la preparazione dei medici sono andate migliorando. Quello che, ahimè, è rimasto un problema costante è il fatto che ancora in troppi casi i ragazzi prima di andare dal medico o semplicemente dire ai genitori “ho qualcosa che non va” fanno passare molto tempo».

 

I SEGNALI TRASCURATI

Se è perfettamente normale non pensare di essere malati a quest’età, è utile aiutare i ragazzi a non restare vittime della poca informazione, della sfiducia negli adulti, o di un senso di vergogna. Esempi che nella sua esperienza di medico Giuseppe Maria Milano ha conosciuto bene: «Potrebbe essere per esempio notare un testicolo più grande dell’altro che ingrossa improvvisamente, e nasconderlo; può essere una caviglia che si gonfia più dell’altra e che continua a restare gonfia nonostante fasciature e ghiaccio; può essere una mestruazione che non torna per tanto tempo o, al contrario, una mestruazione che si prolunga nel tempo, senza rivolgersi a un medico per capire come mai; o ancora la comparsa di un neo che prima non avevamo o di un neo che si è trasformato improvvisamente, o ancora che ha iniziato a sanguinare, che può essere il preludio di un melanoma, una patologia oncologica che non è solamente dell’adulto o dell’anziano, ma compare più raramente anche nel bambino e nell’adolescente, ed è anche questa una malattia che se diagnosticata precocemente ha ottime chance di guarigione».

 

SENTIRSI A PROPRIO AGIO, PARLARNE CON UN MEDICO

«Parlarne è molto importante. I tumori rappresentano ancora una delle principali cause di morte in questa fascia d’età» ha spiegato la dottoressa Nicole Santoro, Unità di Oncoematologia Pediatrica Ospedale Civile Spirito Santo di Pescara. «La tempestività nella diagnosi è uno dei fattori più importanti che poi ci permettono di far andare bene le cose. È importante per i ragazzi capire che il tumore è raro, però se c’è un problema va segnalato, non bisogna avere timore di rivolgersi al medico o alla propria famiglia e di parlare anche di questioni intime. Non ci si pensa, è normale: una febbre che non va via, dei lividi, si pensa piuttosto a un virus che gira nelle scuole, alle botte prese in partita. Ma essere consapevoli del proprio corpo è importante. Iniziare sotto la doccia a palpare il seno, per cominciare a conoscersi, per un ragazzo un rigonfiamento o un dolore al testicolo dovrebbe essere portato all’attenzione del medico. Se ci si sente troppo stanchi fare degli approfondimenti, verificare se c’è anemia. È importante non trascinarsi con questi sintomi, che a volte possono essere sfumati e non devono far pensare subito a problemi gravi, però bisogna sentirsi a proprio agio nel dire se qualcosa non va e rivolgersi al medico che sicuramente sarà in grado di valutare se è una situazione che necessita un approfondimento oppure no».

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Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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