Il papillomavirus è presente quasi nel 20 per cento degli uomini che non riescono a procreare. La vaccinazione può accelerare la risoluzione del problema
BARCELLONA (SPAGNA) - È uno degli agenti virali maggiormente trasmessi per via sessuale. E così come altri, dalla clamidia alla gonorrea, anche il papilloma virus (Hpv) può essere causa dell'infertilità maschile. La presenza dell'Hpv nel liquido seminale, come già scritto su queste colonne, può infatti ridurre la motilità degli spermatozoi fino a renderli inabili a completare la fecondazione di un ovocita. Da qui il consiglio: la ricerca del Dna virale (Hpv-test) dovrebbe essere eseguita anche nell'uomo, in tutti i casi in cui l’infertilità di coppia non può essere attribuita a una causa ben definita e nelle coppie in cui si manifesta una poliabortività (altra possibile conseguenza dell'infezione).
HPV NELLO SPERMA DEGLI UOMINI INFERTILI
Il suggerimento giunge da uno studio italiano pubblicato sulla rivista Human Reproduction. Nella ricerca, i cui risultati sono stati discussi durante il congresso della Società Europea di Urologia tenutosi a Barcellona, sono stati coinvolti 729 uomini (età media: 37 anni), rivoltisi per la prima volta a un centro per la cura dell'infertilità dopo aver escluso che la difficoltà nell'avere un figlio fosse dovuta a un problema della propria compagna o ad altre condizioni personali (criptorchidismo, una precedente vasectomia, differenti infezioni contratte per via sessuale). Analizzando le loro condizioni di salute, i ricercatori hanno rintracciato la presenza del papillomavirus nel liquido seminale del 15,5 per cento degli uomini coinvolti. Un dato in linea con quelli già noti e superiore a quello rilevabile nella popolazione maschile generale (10,5 per cento). Nella maggior parte dei casi è stato rintracciato il Dna di virus cosiddetti ad alto rischio, in grado nel tempo di promuovere anche la formazione di tumori a livello della cervice uterina, della vulva e della vagina (nella donna), del pene (nell'uomo), dell'ano e del cavo orale (in entrambi i sessi).
PERCHE' E' UTILE VACCINARSI
CONTRO IL PAPILLOMAVIRUS?
HPV E INFERTILITA'
Ma è un altro l'aspetto che ha fatto riflettere gli autori dello studio, coordinati da Andrea Salonia (Università San Raffaele, Milano): l'associazione tra la presenza del Dna del virus (soprattutto dei ceppi ad alto rischio) nel liquido seminale, la ridotta mobilità degli spermatozoi e l'eccessiva «frammentazione» del loro Dna. Tutto ciò indipendentemente dalla compresenza di altre condizioni (sovrappeso e obesità) o fattori di rischio (fumo di sigaretta, consumo regolare di bevande alcoliche) noti per l'infertilità maschile. Gli uomini che non riescono ad avere figli - ancora oggi nel 30 per cento dei casi la causa rimane sconosciuta - sono risultati dunque esposti con maggiore frequenza al papillomavirus rispetto al resto della popolazione. Quale ruolo potrebbe avere l'Hpv nell'insorgenza dell'infertilità maschile, responsabile di quasi la metà dei mancati concepimenti? Non vi sono ancora certezze, a riguardo. Ma alcune ricerche hanno ipotizzato che il virus possa essere la causa della riduzione della motilità degli spermatozoi, dell'alterazione della fluidità e del pH del liquido seminale e della comparsa di anticorpi in grado di interferire con la fecondazione dell'oocita. A ciò oggi si aggiunge che la presenza del papillomavirus può alterare la motilità degli spermatozoi e l'integrità del loro Dna, due parametri è in grado di inficiare la salute riproduttiva maschile.
UN AIUTO DALLA VACCINAZIONE?
Quanto osservato riporta l'attenzione anche sull'importanza della vaccinazione contro il papillomavirus (Hpv). Non si può ancora dire che la profilassi possa essere considerata come un'opportunità per preservare la fertilità maschile. «Il nostro studio dimostra una più alta prevalenza dei ceppi di Hpv ad alto rischio nel liquido seminale degli uomini infertili, ma non siamo in grado di dire che la causa del mancato concepimento sia dovuta proprio a questo», chiarisce Salonia, direttore dell'Istituto di Ricerca Urologica dell'ospedale San Raffaele di Milano. Ma secondo uno studio retrospettivo pubblicato lo scorso anno sulla rivista Scientific Reports, la vaccinazione potrebbe essere utile anche per indurre una difesa immunitaria utile a eliminare l’infezione e ripristinare nel tempo la fertilità senza conseguenze abortive. Afferma Carlo Foresta, direttore dell’unità di andrologia e medicina della riproduzione dell’azienda ospedaliero-universitaria di Padova e coordinatore della ricerca: «In genere il corpo umano elimina naturalmente il virus mediante lo sviluppo di anticorpi. Ma questo meccanismo si concretizza in un periodo più lungo di quello richiesto dalle coppie per trovare una soluzione alla loro incapacità di procreare». Serviranno ulteriori riscontri, su campioni più ampi e in studi randomizzati. Ma Foresta non esclude che «accelerando la guarigione dall'infezione, la vaccinazione possa rappresentare una strategia utile per migliorare la fertilità, in modo naturale o ricorrendo comunque alla fecondazione assistita».
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).