La chemioterapia intraperitoneale ipertermica (Hipec) consiste nella somministrazione di farmaci direttamente nell'addome. Un’opportunità riconosciuta per i tumori primitivi e per le metastasi del peritoneo
Il nome dice quasi tutto: chemioterapia intraperitoneale ipertermica. Nel gergo, dall'inglese, Hipec. Si tratta di una chemioterapia diversa dal solito. Il mix di farmaci, infatti, non viene iniettato in vena, ma diffuso direttamente nel peritoneo attraverso un «lavaggio» ad alta temperatura (41-42 gradi). In questo modo si permette ai farmaci di penetrare direttamente nel residuo di cellule tumorali non asportate, che quasi sempre rimangono all'interno del peritoneo. Ma in quali casi si può ricorrere all'Hipec? Nei tumori primitivi della membrana che avvolge gli organi addominali: il mesotelioma peritoneale, il carcinoma sieroso papillare primitivo peritoneale. E in tutti quelli che danno metastasi al peritoneo: come i tumori dello stomaco, del colon-retto, dell'ovaio e dell’appendice ciecale (tra i più noti il Pseudomixoma del peritoneo). Quando la malattia raggiunge questo livello - ogni anno la carcinosi peritoneale colpisce in Italia circa 25.000 persone - diventa estremamente difficile da curare, proprio perchè non si riesce ad arrestarne la diffusione nella cavità.
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NUOVI RISCONTRI SULLE METASTASI DEL TUMORE DELL'OVAIO
I riscontri che ribadiscono l'efficacia della chemioterapia intraoperatoria ipertermica sono in aumento. L'ultimo è giunto da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ne ha misurato l'efficacia nelle pazienti colpite da un tumore dell'ovaio al terzo stadio, dunque già esteso agli organi pelvici o con metastasi ai linfonodi della stessa zona e al peritoneo, situazione che si verifica in oltre la metà delle nuove diagnosi. Nelle pazienti operate - tutte erano state comunque sottoposte alla chemioterapia neoadiuvante, per ridurre la massa tumorale prima - e sottoposte alla chemioterapia intraperitoneale ipertermica sono aumentati sia il periodo vissuto senza recidive (14,2 contro 10,7 mesi) sia la sopravvivenza complessiva (45,7 contro 33 mesi). Quest'ultimo dato è particolarmente rilevante, perché equivale a dire che le pazienti trattate con chemioterapia e poi operate e sottoposte all'Hipec, in media, hanno vissuto un anno in più rispetto alle altre donne trattate con la chemioterapia prima e dopo l'intervento chirurgico senza Hipec.
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COME SI SOMMINISTRA L'HIPEC
«Le conclusioni dello studio sono rilevanti, trattandosi del primo trial randomizzato mirato a valutare l'efficacia a chemioterapia intraperitoneale ipertermica nel trattamento di prima linea nelle pazienti colpite da un tumore dell'ovaio - afferma Marcello Deraco, responsabile della struttura semplice dei tumori peritoneali dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Inoculando i chemioterapici direttamente nella cavità peritoneale, si ha l'opportunità di colpire anche quei depositi microscopici di un tumore che spesso rimangono in sede e che un chirurgo non sempre riesce a vedere. Questo studio potrebbe avere lo stesso peso nel modificare la pratica clinica nei confronti del carcinoma ovarico di quello che, nel 2010, dimostrò che che la chemioterapia neoadiuvante seguita dall'asportazione del tumore dell'ovaio mostra gli stessi tassi di risposta dell'approccio che prevede l'intervento chirurgico seguito da sei cicli di chemioterapia». Nello studio il «lavaggio» ad alta temperatura è avvenuto contestualmente all'intervento chirurgico: da qui la maggiore durata delle procedure operatorie nei pazienti trattati anche con l'Hipec. Questa, come spiega Giovanni Scambia, direttore del dipartimento per la tutela della salute della donna e della vita nascente del bambino e dell'adolescente al Policlinico Universitario Gemelli di Roma, «è la procedura standardizzata, che prevede l'asportazione della malattia marcoscopica visibile con la chirurgia e, immediatamente dopo, il trattamento della malattia residua con un bagno intraddominale di chemioterapico. L'Hipec può essere realizzata con una svariata combinazione di farmaci, dosaggi, temperatura e durata. Il trattamento integrato rappresenta oggi lo standard terapeutico per lo pseudomixoma peritonei, il mesotelioma peritoneale e recentemente per la carcinosi da tumore colon-rettale a estensione limitata». Nel tempo è invece divenuta meno frequente il ricorso alla chemioterapia intraperitoneale (senza ipertermia) che consiste nella somministrazione di chemioterapici attraverso un catetere in un momento successivo all'intervento chirurgico. Questo perché «la procedura non è esente dal rischio di infezioni o di ostruzioni del catetere, che spesso hanno portato a non poter completare il trattamento», spiega Deraco.
HIPEC IN ITALIA
Molte linee guida, comprese quelle dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), suggeriscono il ricorso alla somministrazione della chemioterapia intraperitoneale se la malattia persiste anche dopo l'intervento chirurgico. I risultati dell'ultima ricerca potrebbero nel tempo favorirne la diffusione, raccomandabile anche in ragione del fatto che «il tumore ovarico inizialmente si diffonde soltanto nel peritoneo e non sempre migra fino al fegato, alle ossa e ai polmoni», prosegue Deraco. Di seguito l'elenco dei centri che fanno chemio ipertermia intraperitoneale in Italia, con una casistica sufficiente (fonte Società Italiana di Chirurgia Oncologica, Oncoteam Tumori Peritoneali, aggiornato a dicembre 2020).
Nord Italia
Irccs Istituto di Candiolo (chirurgia oncologica), Torino
Istituto Nazionale dei Tumori (tumori peritoneali), Milano
Asst Papa Giovanni XXIII (chirurgia generale), Bergamo
Azienda ospedaliero-universitaria Spedali Civili (chirurgia generale e oncologica), Brescia
Ospedale Santa Maria della Misericordia (chirurgia oncologica avanzata), Udine
Ospedale Civile Maggiore Borgo Trento (chirurgia generale), Verona
Istituto Oncologico Veneto (chirurgia oncologica), Padova
Udine
Ospedale Gian Battista Morgagni-Luigi Pierantoni (chirurgia e terapie oncologiche avanzate), Forlì
Villalba Hospital, Bologna
Centro Italia
Ospedale Universitario (chirurgia generale e peritoneale), Pisa
Ospedale Santa Maria della Misericordia (chirurgia generale), Perugia
Policlinico Umberto I (chirurgia generale), Roma
Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena (unità operativa neoplasie peritoneali), Roma
Studio la resistenza ai chemioterapici nel carcinoma ovarico: la ricerca di Daniela Catanzaro
PIPAC: LA CHEMIOTERAPIA IN AEROSOL
Un'ulteriore tecnica di trattamento loco regionale peritoneale è rappresentata dalla Pipac: la chemioterapia intraperitoneale a flusso d'Aria pressurizzata. La metodica, di recente introduzione, è stata sviluppata per il trattamento della carcinosi peritoneale nei pazienti sui quali non si può intervenire con la chirurgia. La tecnica permette di somministrare il farmaco tramite aerosol, con un accesso laparoscopico (una o due piccole incisioni della parete addominale), seguito dall'esecuzione di biopsie per uno studio istologico e l'aspirazione del liquido ascitico. L'obiettivo è quello di controllare l'ulteriore diffusione della carcinosi, evitare il riformarsi dell'ascite (dovuta all'accumulo di liquido sieroso nella cavità peritoneale) e, nei casi con migliore risposta, di preparare il paziente a un intervento chirurgico citoriduttivo curativo.
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).