Quando la miglior scelta di cura è rappresentata dall'immunoterapia, non utilizzarla per paura di una infezione da Covid-19 non trova alcun riscontro. Le indicazioni pubblicate dalla rivista Clinical Cancer Research
In tempo di Covid-19, quando il trattamento con l’immunoterapia rappresenta la miglior scelta per un malato di cancro, non sembra ragionevole negarlo ai malati di cancro né interromperne la somministrazione temendo l'infezione Sars-Cov-2. E' questo, in estrema sintesi, il messaggio che emerge da uno studio pubblicato dalla rivista Clinical Cancer Research e coordinato, insieme ai principali centri di immuno-oncologia a livello internazionale, dal Centro di Immuno-Oncologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Senese guidato dal professor Michele Maio.
I DUBBI DEGLI ONCOLOGI
Uno dei dubbi più diffusi tra gli oncologi durante la pandemia Covid-19 è stato quello relativo all'utilizzo dei farmaci immunoterapici. Andando ad agire direttamente sul sistema immunitario -potenziandone l'attività per riconoscere ed eliminare le cellule cancerose- il timore era quello che questi farmaci interferissero negativamente sull'eventuale rischio di infezione da Sars-Cov-2 e sul suo decorso clinico. Dubbi che, alla luce della letteratura scientifica su infezioni virali passate e sulle prime evidenze con Covid-19, non sembrano trovare riscontro.
IL RUOLO DELL'IMMUNOTERAPIA NEI PAZIENTI CON HIV E EPATITE B E C
"In passato -spiega Michele Maio- il mondo della ricerca si è interrogato sull’impatto dell’immunoterapia in quei pazienti che presentavano infezioni virali come HIV, epatite B e C. Il timore era che i nuovi farmaci immunoterapici capaci di interferire con il sistema immunitario potessero portare ad un’esacerbazione della malattia virale aggiungendo, di fatto, un ulteriore problema alla malattia oncologica". Non è un caso che per ragioni di prudenza queste categorie di persone venivano escluse da qualsiasi sperimentazione con gli immunoterapici. Una situazione che nel tempo, accumulando sempre più dati, si è sbloccata dando la possibilità di accedere a questi trattamenti anche agli individui affetti da malattie virali croniche.
"Dalle analisi di oltre 10 anni di esperienza sul campo -prosegue Maio- l’utilizzo degli immunoterapici in concomitanza con la presenza di alcuni virus non ha avuto effetto alcuno nel peggiorare la patologia virale. Non solo, l’accesso al trattamento ha consentito anche a queste persone di poter essere trattate efficacemente per la loro malattia oncologica. Ecco perché, in base a queste esperienze basate su solidi dati di letteratura scientifica, è lecito pensare che l’utilizzo dell’immunoterapia non debba essere escluso per timore di una infezione da coronavirus".
L'EFFETTO DELL'IMMUNOTERAPIA SU COVID-19
Ma c'è di più. Se guardando alla storia delle altre infezioni si può trarre l'indicazione che l'immunoterapia non impatta negativamente, buone notizie giungono sul fronte della ricerca legata a Sars-Cov-2. Gli studi più recenti relativi all’interazione tra sistema immunitario e Sars-Cov-2 indicano che il virus è in grado di stimolare l’espressione di PD-1, la proteina su cui agisce un’ampia gamma di farmaci immunoterapici oggi in sperimentazione e in commercio.
"Questa caratteristica -aggiunge Maio- è molto importante poiché in caso di infezione da coronavirus nelle sua fasi iniziali, l’utilizzo dell’immunoterapia potrebbe avere addirittura un effetto positivo nel contrastare il virus in quanto stimolerebbe la risposta immunitaria contro di esso". Per contro, nelle fasi più avanzate e gravi di Covid-19, l’utilizzo degli immunoterapici potrebbe rappresentare un rischio per il paziente a causa di un’eccessiva infiammazione dovuta all’iper-attivazione del sistema immunitario.
SE E' INDICATA, SCEGLIERE L'IMMUNOTERAPIA
Alla luce di queste evidenze -e aspettando nuovi dati- la linea degli oncologi comincia ad essere sempre più chiara: l’utilizzo dell'immunoterapia -scrivono gli autori dello studio- non deve essere escluso a priori. Tuttavia, in assenza di solidi dati clinici e di laboratorio relativi a Sars-Cov-2, occorrerà prestare attenzione nel trasporre questi concetti “tout court” alla pratica clinica quotidiana. "Da un punto di vista clinico, quando il trattamento con l’immunoterapia rappresenta la miglior scelta per un dato paziente, non sembra ragionevole negarla ai malati di cancro né interromperne la somministrazione temendo l'infezione di Covid-19" spiega l'esperto. Utilizzo che però deve avvenire con una semplice accortezza: "Effettuare il tampone prima dell’inizio di qualsiasi terapia ci darà la possibilità di programmare al meglio le cure, evitando contestualmente il possibile contagio ad altre persone" conclude Maio.
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Fonti
Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.