Il virus, in rari casi, può portare a complicanze a livello del cervello. Fortunatamente il recupero avviene nella maggior parte delle volte. Fondamentale il monitoraggio a lungo termine
Che legame c'è tra Covid-19 e sintomi neurologici? Se già durante la prima fase della pandemia è risultata evidente la correlazione tra infezione e problemi a livello cerebrale, sempre più numerosi studi di questi ultimi mesi si sono concentrati sul Long-Covid, ossia i sintomi successivi all'infezione e le sequele del virus, sia a medio (settimane) che a lungo termine (mesi e successivamente anni). «In particolare nel corso dell'ultimo anno -spiega in occasione del recente Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurologia, il professor Carlo Ferrarese, Direttore del Centro di Neuroscienze di Milano, Università degli Studi di Milano-Bicocca e della Clinica Neurologica, Ospedale San Gerardo di Monza- sono emerse numerose segnalazioni di possibili ripercussioni a distanza dell'infezione. Dagli studi autoptici (indagini eseguite sui cadaveri) è emersa una possibile invasione da parte del virus nel sistema nervoso centrale. La maggior parte del danno sull’organismo è stata però evidenziata in relazione ai meccanismi che regolano il sistema vascolare e i processi infiammatori. Il virus può infatti innescare l’attivazione di cellule microgliali, cioè una tipologia di cellule abbondantemente presenti in tutte le regioni del sistema nervoso centrale, dando vita così a un meccanismo noto come "neuroinfiammazione"».
LO STUDIO NEUROCOVID
Patrocinato dalla Società Italiana di Neurologia, “An Italian multicenter retrospective-prospective observational study on neurological manifestations of COVID-19 (NEUROCOVID)”, con la partecipazione di 38 Neurologie italiane e presentato in occasione del Congresso, lo studio eseguito su pazienti affetti da complicanze neurologiche post Covid, ha messo in evidenza le complicanze neurologiche più frequenti. «La ricerca ha reclutato 3000 pazienti affetti da complicanze neurologiche -spiega Ferrarese- di cui 2000 erano stati ospedalizzati nel periodo tra il 1 marzo 2020 e il 30 giugno 2021 con un follow up durato fino al 31 dicembre 2021. Il restante migliaio, sempre seguito per il medesimo periodo successivo alla malattia, era stato invece seguito a domicilio durante la fase acuta di Covid. Attualmente lo studio si è concentrato sui pazienti ospedalizzati ed è emerso che le complicanze neurologiche più acute sono state: encefalopatia acuta (25% dei casi analizzati), patologia neurologica, contraddistinta da un'infiammazione a carico di encefalo e midollo spinale che si manifesta con delirium e disturbi di coscienza; disturbi dell’olfatto e del gusto (20% dei casi); ictus ischemico, noto anche come ictus trombotico o trombosi cerebrale, si genera quando, all'interno di una arteria cerebrale, si forma un coagulo di sangue, il trombo, che restringe il vaso sanguigno. A seguire sono stati anche evidenziati casi di disturbi cognitivi (14%)».
Un altro dato che è emerso dallo studio è il cambiamento delle ripercussioni del Covid durante le differenze ondate. I sintomi a distanza si sono cioè, fortunatamente, ridotti, con una prevalenza che dall’8% della prima ondata, è scemata nel corso del tempo al 5% fino al 3% nell’ultima fase della pandemia studiata durante la ricerca. «Dallo studio è infine emerso che, nella maggior parte dei casi c’è stato un recupero funzionale nel corso delle prime settimane/mesi. Anche se non sono mancati i casi in cui i sintomi sono continuati a persistere fino a oltre sei mesi dall’infezione. I problemi neurologici che maggiormente hanno impattato a distanza di tempo riguardano difficoltà di attenzione e un impatto sulla memoria» spiega l'esperto.
STUDI, RICERCHE IN CORSO IN TUTTO IL MONDO
Proprio con la finalità di capire e comprendere la natura profonda dei problemi cognitivi a lungo termine, numerosi sono gli studi in corso in tutto il pianeta e gli ambiti di ricerca che mettono in sinergia il lavoro di gruppi di ricerca estremamente eterogenei. «Fondamentale è, infatti, la collaborazione tra neurologi e specialisti di varia naturaspiega per mettere in luce, anche attraverso tecniche di imaging (risonanza magnetica funzionale e morfologica, cioè due tecniche complementari) e l’utilizzo di biomarcatori presenti nel sangue, i meccanismi biologici sottostanti alle manifestazioni neurologiche del post Covid. E proprio per questa ragione, la Neurologia stessa ha messo in campo grandi risorse economiche e scientifiche nell’ottica di una continua e costante collaborazione interdisciplinare e a livello mondiale» conclude Ferrarese.
Sostieni la ricerca scientifica d'eccellenza e il progresso delle scienze. Dona ora.
Paola Scaccabarozzi
Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.