Chiudi
Oncologia
Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 27-06-2023

Tempo di maturità, anche per i ragazzi in cura per tumore



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Maturità, esame di terza media: qualcuno a scuola, altri a casa, altri ancora in ospedale. Le storie dei ragazzi in terapia per una malattia oncologica

Tempo di maturità, anche per i ragazzi in cura per tumore

Stefano (nome di fantasia) la sua maturità l’ha fatta a casa e coi piedi a bagno. Una bacinella d’acqua gli ha permesso di attutire il dolore ai piedi, gonfi all’inverosimile a causa di una grave neuropatia, raro effetto della chemioterapia. Nicola (altro nome di fantasia) l’Esame di Stato non è proprio riuscito a sostenerlo. L’intervento chirurgico di asportazione di una parte di polmone richiedeva tempi solerti e non si poteva rimandare per nessuna ragione. Sofia (nome inventato come i precedenti e i successivi) l’esame di terza media lo ha sostenuto in ospedale con una commissione di insegnanti identica a quella dei suoi compagni. Luca era collegato a distanza e Giorgia, dopo numerosi mesi di assenza, è tornata appena in tempo per lo svolgimento del tema in aula, nella sua scuola di appartenenza.

Sono tante le storie di ragazzi che gli esami di fine percorso scolastico li svolgono in situazioni molto più complesse dei loro coetanei. Alcuni stanno ancora affrontando un percorso di cura per un tumore che impone ricoveri, day hospital e momenti di sosta. Altri magari hanno già ultimato le terapie, ma devono comunque fare i conti con le numerose assenze scolastiche e le fatiche psico-fisiche accumulate nel corso del tempo.

 

LA PAROLA “NORMALITÀ”

Quella sana tensione prima degli esami, quell’agitazione che accomuna i ragazzi in vista della conclusione di una fase della propria vita, quella notte fatidica… è ciò che gli adulti ricordano e, talvolta, arricchiscono di racconti mitologici a distanza di anni. È un pezzo di vita comune, è la cosiddetta “normalità”, la parola che più spesso emerge dalla testimonianza di chi con ragazzi affetti da malattie gravi, come i tumori, ha a che fare quotidianamente. «Si cerca di organizzare la scansione delle cure, qualora ci siano gli estremi per farlo, in vista degli esami» spiega Matteo Silva, educatore professionale socio-pedagiocico presso l’istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Permettere al ragazzo, per esempio, di non essere sottoposto alla chemioterapia nei giorni degli scritti o degli orali, o immediatamente a ridosso, costituisce un obiettivo importante. Per raggiungerlo è imprescindibile la collaborazione tra educatori, insegnanti e medici. Del resto lo scopo comune è proprio quello di rendere al bambino e al ragazzo la vita più normale possibile, nonostante la malattia».

Download

REGISTRATI

per scaricare o sfogliare il materiale

Infanzia e adolescenza

CONTENUTO PLUS

Contenuto
Plus

Sei già registrato? ACCEDI

TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

LA SCUOLA IN OSPEDALE

«La scuola in ospedale ha un ruolo decisivo nel garantire la “normalita? di vita”» conferma Momcilo Jankovic, pediatra oncoematologo, responsabile del Day hospital del reparto di Ematologia Pediatrica dell’ospedale San Gerardo di Monza dal 1982 al 2016 e tuttora attivo nella cura della malattie pediatriche e in particolare in quelle del sangue. «La scuola, infatti, costituisce la “seconda casa” del bambino e del ragazzo. Ha un’importanza fondamentale e non solo didattica, ma soprattutto emotivo-affettiva. Nel caso di bambini e adolescenti ospedalizzati, la scuola permette di dare loro una continuita? di vita pari a quella dei loro amici. L’obiettivo ultimo e? quello di mantenere saldo il legame con l’esterno e il favorire il rientro nel contesto scolastico di origine il prima possibile e, soprattutto, con un’accoglienza adeguata da parte dei compagni e degli insegnanti. E, qualora sia possibile, sostenere gli esami insieme ai propri amici è sicuramente una scelta vincente».

 

DIGNITÀ E CONDIVISIONE

«Ma professoressa, questo voto così alto me lo sono proprio meritato? E la domanda che più spesso mi viene posta», testimonia Rossana Auletta, insegnante di inglese per la sezione ospedaliera “Bambin Gesù” del liceo Virgilio di Roma. «I ragazzi che hanno affrontato o stanno affrontando una malattia reclamano dignità e non vogliono pietismo. E se ovviamente si tiene conto del percorso terapeutico e delle difficoltà legate alla caratteristiche intrinseche della patologia e degli effetti collaterali delle terapie, si procede con il programma in modo serio e il più possibile simile a quello dei compagni. Il desiderio dei ragazzi malati è quello di essere trattati esattamente come gli altri e di condividere il più possibile le esperienze scolastiche con i compagni. Per loro riuscire a essere seduti al banco come gli altri per l’Esame di Stato è una vittoria, enorme. Qualora ovviamente non sia possibile per ragioni di salute si può poi optare per una maturità a distanza, in remoto, oppure per una sessione suppletiva (a luglio) o per quella straordinaria, da settembre in poi».

 

UN LAVORO DI SQUADRA PER OGNI ALLIEVO

Discorsi analoghi valgono anche per i più piccoli, cioè i ragazzini che devono sostenere l’esame di terza media. «Anche in questo caso - spiega Flavia Tarquini, insegnante di matematica e scienze dell’Istituto Salvo D’acquisto di Monza in servizio presso il Maria Letizia Verga di Monza - le possibilità sono diverse. Ci sono percorsi misti che contemplano la scuola in ospedale, lezioni online e/o nella classe di origine. Ci sono bambini e ragazzi che dopo numerose assenze sono riusciti a rientrare a scuola proprio in vista degli esami. Se si organizzano gli esami in ospedale la commissione sarà fisicamente presente nella scuola ospedaliera. Fondamentale è sempre il confronto costante con la scuola di appartenenza. Importante è la personalizzazione dei programmi e degli obiettivi, in relazione alla malattia del piccolo paziente. Imprescindibile è il ruolo dell’equipe psico sociale che opera in maniera congiunta con il personale sanitario. Mediamente da noi i ragazzi che svolgono la prova d’esame di terza media in ospedale sono quattro o cinque. Quest’anno una sola ragazza perché per tutti gli altri, fortunatamente, è stato possibile il rientro in classe. E questa per noi è una grande soddisfazione».

I tumori negli adolescenti e il ritardo diagnostico

I tumori negli adolescenti e il ritardo diagnostico

01-02-2023

 

L’ESPERIENZA DELLA MALATTIA SEGNA LE SCELTE SCOLASTICHE

«Chi è affatto da una malattia grave», prosegue Jankovic, «spesso ama raccontare la propria esperienza. È utile e liberatorio. Così come spesso accade che le tesine di maturità o l’argomento scelto in occasione dell’orale gravitino intorno alla propria patologia. È un modo per esorcizzare la malattia, per farla conoscere e farsi conoscere. Non è un atteggiamento di tipo pietistico, ma una maniera per informare, condividere e attingere forza e coraggio. Accade inoltre, piuttosto spesso, che al termine di un percorso di cura, le scelte universitarie siano orientate a professioni sanitarie e di cura in genere». Capita, ovviamente, anche il contrario perché le reazioni individuali a una malattia sono molto variegate e complesse. «E questo il caso di una ragazza seguita all’Istituto nazionale dei Tumori – racconta Matteo Silva -. Prima della malattia aveva pensato di iscriversi a Medicina, poi il suo desiderio è stato quello di allontanarsi dai reparti ospedalieri e dalla sofferenza, difficile da gestire dopo lunghi ricoveri e un faticoso percorso di cura. La volontà di raccontare la propria esperienza è invece tendenzialmente molto forte nei ragazzi guariti. Lo vediamo con i ragazzi che tornano per partecipare alle attività del “Progetto Giovani” e del progetto #Fattivedere (organizzato da Fondazione Umberto Veronesi in collaborazione con il Gruppo di Lavoro Adolescenti dell’AIEOP Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica, ndr)». Forse è proprio il desiderio di mostrare la propria gratitudine e di essere concretamente d’aiuto a chi è ancora in mezzo al guado. Questo è anche l’enorme potere della medicina narrativa che è sì un racconto di diagnosi, esami clinici e interventi chirurgici, ma è soprattutto un susseguirsi di emozioni.

Sostieni la ricerca, sostieni la vita. Dona ora per la ricerca contro i tumori pediatrici

Fai qualcosa di grande

Fai qualcosa di grande

Sostieni la ricerca sui tumori pediatrici


Scegli la tua donazione

Importo che vuoi donare

Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina